In questo articolo sul Financial Time serale del 17 gennaio: “Italians need more than the old politics” (il link è valido solo per chi ha accesso al FT online), Lorenzo Bini Smaghi, già membro del comitato esecutivo della Banca Centrale Europea, ripete la mantra del “bisogno di crisi” per risolvere i problemi.
Ci dice : “ ..Solo quando è sotto la pressione dei mercati finanziari o delle istituzioni internazionali, l'Italia ha affrontato le cause piuttosto che i sintomi dei problemi.”
Lo stesso identico concetto del bisogno di crisi è stato espresso da Monti più volte, e registrato nella famosa intervista alla Luiss. Video di 2 minuti e mezzo che vale la pena riascoltare periodicamente.
Decidono consapevolmente di provocare nuove crisi economiche, perfettamente consapevoli che, in conseguenza di queste crisi, le aziende chiuderanno, dovranno licenziare operai ed impiegati, qualche famiglia sprofonderà nella miseria, qualcuno si suiciderà.
Le leve di governo dell’economia servono a questo: a mandare l'economia avanti o indietro, a destra o a sinistra. E’ per questo che chi detiene il potere economico ha fatto in modo che quelle leve venissero sottratte agli organi democraticamente eletti. Le cessioni di sovranità hanno trasferito quelle leve ai mercati.
Continua l'articolo.
“La parola che manca è competitività.” ci ricorda Bini Smaghi. “I costi interni del lavoro sono cresciuti più degli aumenti di produttività, più che nella maggior parte del mondo... Gli unit labour costs sono saliti del 30% in più del resto dell’area Euro, dal 1999 ad oggi”.
Non è che ci dice dove ha preso questo dato. Ma, si sa, le autorità non hanno bisogno di documentare. Non è che ci dice cos’è, un “costo unitario del lavoro”. Colpa nostra se siamo ignoranti (e schiavi).
L'essenza del messaggio che ci resta, però, è che non siamo “competitivi” perché i lavoratori in Italia guadagnano troppo.
Questo si capisce leggendo che “i costi unitari del lavoro” sono troppo alti.
Vediamo allora un confronto, prendendo in prestito una tabella da questo interessante articolo di Stefano Perri, docente dell’Università di Macerata, che puntualizza alcuni importanti concetti.
Che differenza c’è fra sinistra e destra ?
(Se state pensando alla politica... si, avete proprio ragione! E meditate su cosa NON vi vogliono far capire quelli che ci raccontano che destra e sinistra non servono più a capire)
A sinistra, guarda caso, la tabella indica la fetta che spetta ai salari. Ci dice, con la forza dei numeri che gridano vendetta, quale parte della ricchezza prodotta nel paese finisce in tasca ai lavoratori dipendenti. Solo il 41,6 per cento. Ultimi in classifica, in Italia.
I numeri di destra, invece, dietro la sigla “real ULC” (costo reale unitario del lavoro), indicano i soldi che finiscono in tasca a tutti i lavoratori, autonomi compresi. E qui la musica cambia. 67,4 %. Da ultimi diventiamo quasi primi.
Non siete convinti ? Guardatevi quest’altra tabella
Tolte le tasse e i contributi, ecco quanto resta in tasca ad un lavoratore dipendente italiano: 20.400 euro. Meno della media dei 27 paesi dell'Unione che includono i neo arrivati dall'est europa e dai balcani: 21.800 euro.
Con questi numeri ben stampati in testa, prepariamoci a rispondere a quanti gridano che l’Italia non è competitiva perché i nostri giovani non si accontentano, poveri “Choosy” viziati.
Continua l’articolo: “.. la competitività esterna dell’Italia non è migliorata neppure nei confronti di Spagna Irlanda e persino Grecia.. dove è intervenuta una svalutazione interna “
Quindi cara Italia, se ti vuoi salvare, visto che non puoi usare la svalutazione esterna, devi agire sull'interno. Cos’è la svalutazione interna ? Taglio dei salari e dei costi dello stato sociale: elementare, Watson!
L’Istat ci propone, giustamente, quale migliore sintesi della misura di efficienza dei processi produttivi, un modello più ampio per misurare la Competitività di costo delle imprese nazionali. Perché, come è ovvio, ad influire sui processi produttivi sono tante cose diverse, fra le quali il salario è solo una delle componenti.
Ad onor del vero, anche Bini Smaghi accenna, di passaggio, ad “Altri indicatori di produttività” per affermare che l’Italia resta indietro. Vengono banalmente elencati cose come: " il livello della tassazione, il costo di avviamento di un’azienda, la flessibilità di mercato (?), strati di burocrazia, investimenti in ricerca e sviluppo e trasparenza."
La conferma arriva come al solito dai fatti. Quando si passa ad elencare le cose da fare, nelle riforme strutturali, ci si concentra solo sul tagliare salari e numero dei dipendenti, rendendo più facili i licenziamenti; tagliare e privatizzare i servizi pubblici, limitare la democrazia cedendo sovranità. Lavoro, stato sociale e democrazia sono i veri nemici della competitività e degli interessi dei mercati.
Spicciamoci a farlo capire a tutti: ciò che vogliono i mercati è contrario al nostro interesse. Vediamo una ad una le cose buttate li con nonchalance da Bini Smaghi e chiediamoci cosa ci propone la politica per risolvere i problemi indicati.
Il livello della tassazione . A chiacchiere si dice che devono scendere le tasse, nei fatti si impone di alzarle, con la scusa che "ce lo chiedono i mercati" e c'è la crisi da superare. Ma la crisi non serviva per salvarci ?
Il costo di avviamento di un’azienda. Cosa deve fare lo Stato ? Cosa ci suggerisce la BCE al riguardo? Ci ha scritto, a chiare lettere, che un bel po’ di licenziamenti nella pubblica amministrazione siano la soluzione. Coerente, l’agenda Monti: privatizzare i servizi pubblici e chissenefrega della volontà popolare; vendere aziende e patrimonio pubblico. Lasciamo fare ai privati, lo stato non funziona. Ma gli altri stati fanno qualcosa o no per abbattere i costi di avviamento di una azienda, oppure si limitano a sparire ? La Germania, ad esempio, non aiuta forse le nuove (e vecchie) imprese che esportano ?
La flessibilità di mercato. Chiaro, no: la flessibilità dei lavoratori e delle aziende. Flessibilità in uscita. Le aziende possono andare a produrre fuori e gli operai ... si flettono... e possono andare ...
L’unica riforma strutturale che piace ai mercati: meno stato, più mercato (qualcuno soffre? si consoli pensando che si immola per la Patria).
Ricerca e sviluppo Cosa suggerisce la BCE ? Nulla. Lasciamo fare ai mercati. Ed alla ricerca privata. Quella che approva i prodotti che le multinazionali ci vendono. Ok.
Trasparenza. Mah ! L’unica cosa che mi viene in mente è Glasnost. E il muro di Berlino. E il capitalismo selvaggio che ne ha approfittato, usando la manipolazione delle informazioni, cioè il contrario della trasparenza.
Andiamo avanti nella lettura.
Ci dice ancora l’articolo, veramente osceno: “il più grande ostacolo.. è la tendenza italiana a decidere le cose per consenso.. l’uso di prendere decisioni di concerto con qualsiasi genere di sindacati, rappresentanti delle imprese, dei commercianti, delle banche, con lo scopo di raggiungere coesione sociale”
E già.. crediamo alle nostre orecchie: la concertazione che ha lo scopo di assicurare la coesione sociale è nemica della “flessibilità” e quindi della competitività. Ma cos’è la flessibilità lo abbiamo capito. Quindi possiamo bene interpretare il messaggio: la coesione sociale, favorita dalla concertazione, è nemica della possibilità di tagliare lavoro e servizi sociali; la coesione sociale è difesa della democrazia. Grazie Bini Smaghi per avercelo ricordato, lo avevamo capito, da un po’, ma fa bene sentirselo ripetere da persone autorevoli.
Intanto si continua affermando che “il costo della mancanza di flessibilità negli anni 70 ed 80 è stato scaricato sul cambio e sul debito pubblico..” “.. arrivato l’euro..non è stato più possibile.. e l’Italia ha smesso di crescere”.
Ri - apriamo bene le orecchie. E gli occhi. E accendiamo l’attenzione:
Una volta che l’Italia ha rinunciato alle leve di governo dell’economia (moneta e politiche di bilancio), l’Italia ha smesso di crescere. Guarda guarda, se non puoi più governare l’economia, quella si ferma. Ma come.. non ci dovevano pensare i mercati, con la loro graziosa mano invisibile a risolvere tutto ?
CE LO DICONO A CHIARE LETTERE: EURO E PARAMETRI DI MAASTRICHT SONO STATI USATI ESCLUSIVAMENTE PER FARCI ACCETTARE SCELTE DI POLITICA SOCIALE INDIGESTE. BUONE PER I MERCATI E PER LE MULTINAZIONALI ESTERE, CATTIVE PER L'ITALIA E PER I LAVORATORI.
NON E' VERO CHE CI VOGLIONO MIGLIORI, CI VOGLIONO SCHIAVI.
Traduciamo "politicamente costoso": potrebbe sembrare che chi lo propone rischia di perdere voti. Ma no. Con la manipolazione del consenso i voti si ottengono egualmente.
La gente non ha ancora capito che le conseguenze delle riforme strutturali, quando si riducono a tagliare salari, servizi e democrazia, sono queste: qualche azienda chiude, e licenzia, qualche bambino viene sciolto nell’acido, qualcuno si suicida. Ma il "costo sociale" non interessa ai mercati.
Non ci credete?
Per punizione, altra tabellina. Ci fa vedere di quanto si è ridotta la quota dei salari (compenso del lavoro dipendente) nei trent’anni che vanno dal 1980 al 2010.
La quota di PIL spettante al lavoro dipendente è scesa in Italia in quel periodo dell’11,8%. Più di tutti i paesi nel confronto.
In Francia, paese un po’ più di sinistra, solo del 6,8.
In Giappone (quello che ha il debito/pil al 230% e che dovrebbe essere fallito da sempre, usando i parametri che ci suggeriscono certi signori), nonostante la grave crisi pluridecennale causata dallo scoppio della bolla immobiliare, e che continua ad essere una delle economie più forti al mondo, grazie alla sua coesione sociale, i salari hanno perso solo il 4,2 per cento.
E per quelli che dicono che è tutta colpa degli oneri sociali, che in Italia sono alti e ammazzano le imprese, leggere attentamente la didascalia: “comprensivo degli oneri sociali pagati dai datori di lavoro”.
Se però confondiamo i piccoli e medi imprenditori con il nemico di destra, non abbiamo capito proprio nulla di quale sia il nemico di classe, oggi, e di come operi.
I mercati finanziari sono nemici tanto del lavoro subordinato, quanto del lavoro autonomo. E fino a quando lavoratori dipendenti e piccole e medie imprese - che, insieme, costituiscono il tessuto produttivo del paese - non capiscono quanto sia importante unirsi per combattere il comune nemico che se ne frega degli interessi dell'economia reale, del paese e dei suoi abitanti, non se ne uscirà. I lavoratori autonomi possono scegliere: mantenere quella distribuzione del reddito che indica la prima figura, e mandare al diavolo la coesione sociale, o accettare qualcosa di diverso, se vogliono condividere con i lavoratori dipendenti il salvataggio dei destini dell'Italia.
La mancanza di questa consapevolezza è nella tragedia delle prossime elezioni. Sceglieremo, per mancanza di proposta politica, di mandare al governo ancora l'agenda Monti, sostenuta nei fatti dai partiti che si dichiarano di sinistra, ma anche - al di la del teatrino da campagna elettorale - dai partiti che si dichiarano di destra. Agenda che è la fedele esecutrice di quegli interessi.
Il Tallone d'Achille è la.. ma lunga è la strada per tendere l'arco.
Caro Guido,il mio pensiero non so quanto possa aiutare alla causa in oggetto, ma dopo cinquanta anni di democrazia vissuta credo che la verita' che ai espresso non possiamo aiutarla con relazioni e teorie arrivera' il momento di passare alle maniere forti d'altronde e' quello che vogliono i mercati manovrati da pochi potenti detentori delle industrie belliche,(e' l'ultimo atto dell'apocalisse di Giovanni)il drago di fuoco.comunque per chi agisce per altruismo non ha da temere,si va avanti con pensieri ,parole e' azioni,per quanto ogni piccolo uomo possa offrire nel desiderio comune.LA GRAZIA E' LA PROVVIDENZA DIVINA CI SORREGGERA'
RispondiEliminaintanto facciamo quanto possibile per sorreggerci da soli
Eliminail potere non usa la spada, ma ci confonde le idee. Ha il suo tallone d'Achille. Se le balle che racconta verranno sistematicamente smentite, si scioglierà come neve al sole
non dobbiamo averne paura
grazie Valentino
RispondiEliminaaspetto di pubblicare anche qui un link al tuo lavoro sulle Monete Complementari :))
la rete, per diffondere le buone idee..
Ottima esposizione. Chiara ed esaustiva. La parte relativa dall'ISTAT fino a Bini smaghi è forse quella un po più "prolissa", ma veramente un bel lavoro che chiarisce alla perfezione con chi abbiamo a che fare.
RispondiEliminagrazie:) devo sforzarmi di diventare più sintetico, vero
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