ISTRUZIONI PER L'USO

IL TALLONE D'ACHILLE è pensato per scrivere libri, direttamente su questo blog. Qui comincia l'Eredità di Michele, l'ultimo scritto. Il precedente è stato interrotto, si vede che doveva maturare. Qui trovate IL primo LIBRO, col suo indice ed i post che lo compongono.
I "libri" raccolgono commenti, critiche e suggerimenti di chiunque voglia partecipare con spirito costruttivo. Continuano un percorso iniziato con le Note scritte su Facebook , i cui contenuti sono ora maturati ed elaborati in una visione d'insieme, arricchiti da molti anni di esperienze diverse e confronti con persone diverse.

I Post seguono quindi un percorso logico che è bene conoscere, se si vuole ripercorrere il "discorso" complessivo. Naturalmente è possibile leggere singoli argomenti ai quali si è interessati. Argomenti spot - che spesso possono nascere dall'esigenza di commentare una notizia - saranno trattati in pagine dedicate.

Buona partecipazione!


venerdì 24 gennaio 2014

CAP. II - IL SISTEMA FINANZIARIO - Par. I - Definizioni: Economia reale vs Finanza


E' ora di entrare nel merito. Lasciamo da parte per un attimo (vista anche la lunga pausa..) la questione della moneta. Ci torneremo di sicuro per tirare le fila ma intanto iniziamo ad osservare da vicino e dal di dentro, in questo nuovo capitolo, che cosa sia e come sia fatto, materialmente, il "sistema finanziario". Altrimenti, troppi discorsi risultano campati per aria. 

Iniziamo nel primo paragrafo a chiarire il significato che attribuiamo ai termini usati. Si parla tanto di "mercati finanziari", di "sistema finanziario", ma TV e giornali non perdono tempo a spiegarci chi sono e cosa fanno per noi questi  soggetti misteriosi, limitandosi a ricordarci, quotidianamente, che...dobbiamo stringere la cinta perché "ce lo chiedono i mercati". Almeno, guardiamoli in faccia!

L'economia reale è fatta di cose concrete, la finanza è fatta di soldi

Da una parte i beni reali che usiamo per soddisfare i nostri bisogni : il cibo che mangiamo, i vestiti per coprirci, le abitazioni per ripararci, dall'indispensabile all'utile (purtroppo, con molto superfluo... ma questo è un altro discorso, per ora).

Dall'altra parte ci sono i soldi - che non si possono mangiare - ed il sistema che li crea e li distribuisce

Facciamo un gioco. Tizio e Caio hanno, ognuno, un capitale di 100.000 euro. Tizio apre un'attività che gli fa guadagnare alla fine dell'anno il 10%: 10.000 euro. Caio compra un prodotto finanziario che alla fine dell'anno gli fa  guadagnare la stessa cifra: 10.000 euro. Che differenze vediamo? La prima cosa che viene in mente è che Tizio si è fatto... vabbé, diciamo che si è guadagnato il pane con il sudore della fronte, si è però rovinato il fegato con le tasse e la burocrazia, mentre Caio ha ottenuto lo stesso risultato economico standosene in panciolle. Sembrano Olivella (la sposina perfetta) e Maria Rosa (che non ne combina una giusta perché compra il prodotto sbagliato), Ah.. i bei tempi della pubblicità "innocente"!






Così, il primo giudizio che ci viene in mente è: Tizio è "sfigato" e Caio un "vincente", un furbacchione anche molto fortunato. Ci vengono degli scrupoli di coscienza? Guadagnarsi il pane con il sudore della fronte non può essere uguale a speculare sui mercati finanziari, giusto? Facciamo ricorso ai proverbi: la fortuna aiuta gli audaci. Così abbiamo anche una giustificazione morale: Caio se lo è meritato perché ha saputo rischiare. Mettiamo da parte la filosofia che, in un mondo in cui lo Stato incita al gioco d'azzardo per guadagnarci sopra, ci porterebbe a conclusioni diverse, a seconda delle inclinazioni e della cultura individuale; concentriamoci per ora sui fatti. Qui, invece, sui fatti, dobbiamo essere tutti d'accordo: il dato oggettivo è che hanno, tutti e due, 10.000 euro in più da spendere, alla fine dell'anno. 

In economia si deve però sempre distinguere fra effetti che le azioni producono a livello individuale, ed effetti che le stesse azioni individuali producono a livello collettivo. E' necessario perché i giudizi possono essere assai diversi, addirittura opposti (uno buono e uno cattivo, uno utile ed uno dannoso). Per questo si studiano separatamente: nella microeconomia le azioni degli individui ed i loro effetti a livello individuale e nella macroeconomia gli effetti a livello dell'intera comunità. Per la stessa ragione, si capisce quanto sia importante che l'economia sia "governata". Lo vogliamo verificare che le azioni individuali siano coerenti con gli interessi della collettività o ci fidiamo a prescindere? Vogliamo porre in essere azioni di governo necessarie a correggere i risultati socialmente dannosi della libera iniziativa privata, quando si verificano, o diamo per scontato che non possano verificarsi? "Cedere le leve di governo dell'economia", prima di aver capito bene a chi, e se qualcuno le usa, e come le usa, è una azione demenziale e criminale. Se oggi abbiamo intorno a noi tanta brava gente disperata e pochi furbi felici, è perché ABBIAMO SMESSO DI GOVERNARE L'ECONOMIA, LASCIANDO FARE.... 

Ma torniamo al nostro gioco. Dobbiamo conoscere e giudicare le conseguenze che la scelta dei nostri amici produce a livello complessivo della nostra comunità. Allora, Tizio con la sua attività ha prodotto dei beni materiali o dei servizi che sono serviti a soddisfare i bisogni di coloro che li hanno acquistati. La collettività ha tratto un vantaggio, certo e tangibile, dall'impresa di Tizio. Per poter valutare il vantaggio che la collettività ha tratto dai centomila euro che Caio ha investito nella finanza, invece, bisogna mettere il naso dentro quel sistema, capire come è fatto, e verificare se, alla fine dei giochi, i diecimila euro che Caio si ritrova nelle tasche corrispondono a nuovi beni reali e nuovi servi utili alla collettività, prodotti proprio grazie a quell'investimento iniziale. Confrontare l'economia reale (l'attività lavorativa ed imprenditoriale di Tizio) con la finanza (l'investimento speculativo di Caio) serve a questo: capire quali sono le conseguenze, a livello della collettività, delle due scelte alternative

Assicuriamoci intanto di avere le idee ben chiare su cosa sia "l'economia reale". Il significato letterale della parola economia che proviene dalla lingua greca, ci riporta ai beni della famiglia. Da Wikipedia l'origine etimologica: dal greco οἴκος (oikos), "casa" inteso anche come "beni di famiglia", e νόμος (nomos), "norma" o "legge". Quindi l'economia è, innanzi tutto, l'insieme delle regole per la gestione dei beni della casa comune. Già questo fatto ci deve rassicurare. Siamo tutti esperti, in materia, nel senso che abbiamo sufficiente esperienza nella gestione dei nostri beni familiari. Quindi, dobbiamo diffidare tutte le volte che i tecnici e i professori ci vogliono imporre soluzioni che non ci convincono, contrarie al buon senso. La competenza è indispensabile, ma la chiarezza, la trasparenza, l'onestà intellettuale, lo sono di più. Mille volte di più. Facciamo un inciso: questo pensiero, per favore, ricordiamocelo la prossima volta che ci propongono un governo di professori che viene a "salvarci" - e ci lascia con una mano davanti ed una di dietro - raccontandoci che per assicurare più lavoro domani si deve licenziare oggi; oppure che per far crescere l'economia bisogna spendere di meno e aumentare le tasse; oppure che dei beni della famiglia dobbiamo farne a meno (svendendo il patrimonio pubblico).. e amenità del genere. Ricordiamocelo, prendiamo appunti, segniamocelo sul calendario, per quando ci proporranno i super tecnici della Troika (Banca Centrale Europea, Fondo Monetario Internazionale e Commissione Europea). Verranno con la scusa di dover rimediare ai disastri che saranno attribuiti ai politici nostrani (i Letta, i Renzi, i Berlusconi immortali). Tenendo presente che i disastri succedono non già perché i politici nostrani sono incapaci. Ma proprio perché, oramai, già eseguono - e lo fanno pedissequamente, vergognosamente, senza responsabilità e senza capire fino in fondo - le ricette imposte dai super tecnici. Ricette recepite colpevolmente nelle leggi che servono ad impedire alle Istituzioni pubbliche di tutelare i cittadini. Che impediscono al governo nazionale di governare l'economia! Ce lo ricorda impietosamente Mario Draghi, dal vertice della BCE quando, a proposito di elezioni politiche, ci ammonisce, ripreso dal Sole 24 ore: "i mercati non le temono, tanto, c'è il pilota automatico" ... (tradotto: i politici fanno quello che vogliamo noi, senza poter più intervenire). Oppure ce lo ricorda una signora lussemburghese gentile e graziosa, ma anche molto determinata e piuttosto brutale: la Vice Presidente della Commissione Europea, Viviane Reding. Ascoltiamola mentre ammonisce ufficialmente gli sbigottiti parlamentari francesi: "dovete capire, magari lentamente ma senza alcuna ombra di dubbio, che non esistono più politiche interne nazionali". Guarda il video: è brevissimo e di una chiarezza... agghiacciante. 

http://youtu.be/lbbWZWPgsUo
(non so perché ma da Youtube non me lo carica direttamente... cliccare sul link, dura poco più di un minuto).

Se non blocchiamo in qualche modo il Fiscal Compact (un pezzo importante del "pilota automatico" che ci sta conducendo nel baratro: fatto di norme che obbligano ad una austerità inaudita da attuare in periodo di crisi!), i signori della Troika ce li ritroveremo di sicuro a bussare alla porta a partire dall'autunno 2015. Verranno ad imporre la nota medicina: licenziamenti, svendita del patrimonio pubblico, cessione ai privati dei servizi essenziali, aumenti delle tasse e tagli alla spesa. Insomma: lacrime e sangue necessarie solo a pagare i creditori ed a favorire le multinazionali. E speriamo che all'uscio ci siano persone migliori di quelle che abbiamo ora, che quell'uscio lo spalancherebbero subito, ossequiosi e senza esitazioni. Ricordiamocelo noi cittadini, per finire, visto che il metodo maggioritario, che tanto piace ai "decisionisti", impedisce al Parlamento di opporsi in qualunque maniera alla volontà di pochi membri del governo (che potremmo chiamare, più semplicemente: gli "uscieri"). Ecco, me ne sono passato... dall'economia alla politica, e da qui alla rabbia, il passo è breve. Recuperiamo la calma e torniamo all'economia.

Io sono convinto che il buon senso, unito ad un pallottoliere e all'onestà intellettuale, possa tranquillamente sostituire tanta astrusa analisi matematica, statistica e, soprattutto, contabile, per capire - e capire profondamente - di economia. Soprattutto, per farla capire a chi teme di essere troppo ignorante in materia, rifiutando di impegnarsi, mentre è solo vittima di una voluta  disinformazione. La matematica e la statistica rischiano a volte di creare la pericolosa illusione di una conoscenza "scientifica", e quindi da accettare con fiducia, portandoci però fuoristrada ogni qual volta nel ragionamento  dimentichiamo una delle infinite variabili che influenzano la realtà sociale (magari perché qualcuno in malafede l'ha volutamente dimenticata). La contabilità, poi, dovrebbe solo "rappresentare", far conoscere, le scelte economiche. La contabilità sta all'economia come la foto sta al soggetto fotografato. Eppure... è in base a stupidi principi contabili che lo Stato ritiene doveroso NON pagare i suoi debiti nei confronti di cittadini ed imprese, sebbene accertati per oltre cento miliardi, provocando danni economici gravi e, quelli sì, molto reali. Ci vuole la laurea in economia per capire che è una stupidaggine? Così, ci mandano al manicomio fra un aumento delle tasse ed un taglio ai servizi, invece di creare lavoro, solo per rispettare parametri contabili che non hanno alcun senso logico. Senza dire che, così facendo, mentre rovinano l'economia reale, peggiorano perfino quei parametri contabili che dovrebbero esserci da guida: il debito pubblico continua a salire, e il PIL a scendere, con più disoccupati e meno produzione. Per favore, non stendiamo un velo pietoso: denunciamo.

Detto questo, immagino che sull'idea della semplicità dell'economia ci sarà la sollevazione sdegnata di tanti economisti "titolati" e, magari, dotati di  "master". Prosit. Sono giunto a questa conclusione dopo un percorso abbastanza lungo e complesso, e dopo aver letto d'economia (e riflettuto, e ragionato sull'esperienza) probabilmente più di molti prof universitari.

Ad ogni modo, veniamo alle definizioni. Sono semplici ed intuitive. 
L'economia "reale" in estrema sintesi, coincide con LA PRODUZIONE e LO SCAMBIO dei BENI MATERIALI e dei SERVIZI che usiamo per soddisfare i nostri BISOGNI.  I bisogni li suddividiamo: quelli necessari alla sopravvivenza (cibo, vestiti, riparo); quelli necessari a garantirci un'esistenza tranquilla e dignitosa (la qualità di cibo, vestiti e riparo; poi sicurezza, salute, istruzione, giustizia, vita sociale); perfino quelli destinati allo sciupio (metteteci quello che volete, questione di gusti).  
Il problema, vedremo, sta molto nel concetto di SCAMBIO, perché ha strettamente a che fare con la DISTRIBUZIONE, più o meno giusta e diffusa, dei beni e dei servizi prodotti. Meditiamo sull'immagine: in una stessa azienda, il lavoratore al più basso livello guadagna 7,25 dollari l'ora (5 euro e mezzo.. e c'è di molto peggio, qui da noi); l'impiegato in posizione intermedia guadagna 16 dollari e mezzo; il "top manager" 20.160,00 dollari l'ora...



La Produzione si ottiene con IL LAVORO. Non ci piove. Una volta che abbiamo perso il Paradiso Terrestre, che lì i frutti ci cadevano in bocca, ci è toccato andare quanto meno a raccoglierli faticosamente nel bosco, i frutti. In competizione con tanti altri cacciatori raccoglitori. Diventati agricoltori sedentari, poi, ci siamo dovuti chinare per lavorare la terra, che è bassa (e pensare che ci eravamo appena alzati dalle quattro zampe!). Poi ci siamo messi a faticare nelle fabbriche e infine ci siamo seduti negli uffici, a fare "servizi". Terziario, terziario avanzato. Quelli che possono, gli altri, si arrangiano. Tutto questo su e giù.. si capisce il mal di schiena, abbastanza cronico e diffuso fra gli esemplari del moderno uomo lavoratore. 
Il lavoro, in una società complessa come la nostra, caratterizzata da una specializzazione esasperata, diventa più efficiente se organizzato nell'IMPRESA. E' vero, ma la cosa implica grosse conseguenze e grossissimi rischi. Se diamo troppo peso all'interesse dell'impresa di ottenere profitti, finisce inevitabilmente che il lavoro verrà sfruttato e svilito, sparirà per troppi di noi, mentre diventerà sempre più disumano per i pochi lavoratori. Queste cose, devono essere governate. Fino a qualche decennio fa, infatti, il dibattito economico girava attorno a questo unico tema: il conflitto fra lavoro ed impresa, fra salario e profitto, fra persone e capitale.

Oggi, dopo la caduta del comunismo che si ostinava a difendere i diritti dei lavoratori ma finiva per ridurli in schiavitù, abbiamo deciso che... è meglio rinunciare a difendere quei diritti. Non è una battuta, ma la triste reità: chi difende più i diritti dei lavoratori, in una società caratterizzata da disoccupazione cronica, precarietà diffusa e sensi di colpa che dipingono il lavoratore come causa prima della mancanza di competitività nel mondo globale? Ci siamo concentrati, entusiasti, sui diritti del capitale, la crescita del PIL e tutte quelle menate lì, illudendoci che, lasciandoli fare, saremmo diventati tutti ricchi.  Lasciando fare i politici, da una parte, ed i mercati, dall'altra... quelli si sono alleati, in qualche modo, e ci mandano in rovina. Confesso di essermi illuso. Ce lo meritiamo o no, allora, di diventare nuovamente tutti schiavi? Il guaio è che ci stiamo scivolando dentro abbastanza rapidamente, verso una forma molto più perversa di schiavitù, perché ancora non è apparente. Riprendiamo un attimo il discorso "politico": oggi la lotta di classe non è più fra impresa e lavoratore, ma si è trasferita su di un piano molto più elevato, evanescente, poco visibile. E' la lotta fra economia reale, che mette  lavoratori e imprenditori riuniti dalla stessa parte, contro il mondo della finanza, che sfrutta gli uni e gli altri (discorso a parte per le grandi imprese internazionali, che sono intrinsecamente collegate al grande capitale finanziario internazionale). L'immagine del 99% tenuto sotto scacco dall'1% della popolazione mondiale (idea nata, credo, nel movimento Occupy Wall Street) è estremamente efficace, a riguardo. Per questo l'ho "adottata" su Facebook, cercando di portare l'attenzione delle persone sulla realtà che ci rende sgradevole l'esistenza. Ci dobbiamo arrivare piano piano a "vedere" consapevolmente il quadro complessivo. 





Scusate la deviazione, i pensieri corrono... Torniamo al lavoro e all'impresa. 

Lavoro e impresa, comunque sia, sono i cardini della produzione nell'economia reale.  Rappresentano l'unico modo per procurarci (a livello collettivo), la ricchezza: i beni reali ed i servizi necessari a sopravvivere, a vivere dignitosamente, a sfiziarci un po'.

Tutte le nostre energie, pubbliche e private, dovrebbero essere concentrate verso questo obiettivo, che è giusto e raggiungibile: fare in modo che tutti possano avere un lavoro (piena occupazione); garantire che nell'organizzazione dell'impresa questo lavoro sia a misura d'uomo. E pensare che la moderna tecnologia permetterebbe di realizzare entrambi gli obiettivi, in tutta la terra.  Perché non ci riusciamo?

Perché, ATTENZIONE ATTENZIONE: a livello individuale non è necessario lavorare per procurarsi da vivere. Basta  impossessarsi dei beni prodotti da altri, ma senza violenza...: usando il denaro (e l'organizzazione impropria dell'impresa finanziaria privata).   E' qui la risposta.

Abbiamo visto, infatti, che il denaro serve per scambiarsi i beni prodotti, ma rappresenta anche una riserva di potere d'acquisto che può essere accumulata. In genere tende ad accumularsi nelle mani dei furbi. Furbi che la televisione si affretta a presentarci come modello di successo: i migliori, i più capaci. Magari abbiamo difficoltà a riconoscerci in questa frase, ma vorrei dire che la nostra società non è più fondata sul diritto al lavoro ed alla dignità della persona. La società contemporanea è fondata sul diritto ad accumulare denaro. Guardiamoci intorno... l'economia capitalista ha le sue istituzioni ben codificate e scritte nelle leggi, chiare e tonde. Il diritto viene riconosciuto al capitale e, sempre più spesso, viene negato alle persone. La società di capitali, disciplinata dalla legge, è l'inizio di tutto.

E qui arriviamo alla FINANZA. Tutto ciò che ha a che fare con il denaro. Con la sua creazione, il suo uso, la sua circolazione, la sua accumulazione, e le Istituzioni che "lo governano". Si, perché il denaro, al contrario dell'economia che è abbandonata a se stessa, continua ad essere governato. Peccato che le leve del suo governo siano accuratamente sottratte ad ogni controllo democratico. Un po' in tutto il mondo, ma da noi, in Eurolandia, in maniera scandalosamente accentuata.

"Sistema finanziario" è quello che si dovrebbe occupare della creazione e della circolazione del denaro ma, come vedremo, contribuisce non poco, attraverso una serie di elementi distorsivi, alla sua accumulazione.

L'accumulazione crea il capitale: Capitale = Denaro Accumulato. Capitale a cui la legge attribuisce diritti. Da noi: il Titolo V del libro V del Codice Civile disciplina le società di capitali e, udite udite, codifica l'irresponsabilità delle persone. Quindi:  1) attribuiamo al capitale gli stessi diritti previsti per le persone, inserendolo dentro scatole giuridicamente autonome; 2) togliamo alle persone la responsabilità di ciò che combina il capitale; 3) permettiamo al capitale di accumularsi e perpetuarsi, attraverso monopoli, oligopoli, tassi di interesse esagerati e "profitti finanziari". Ebbene, ci vogliamo poi davvero stupire se il mondo diventa ... disumano? 

C'è un aspetto poco noto al grande pubblico, che vale la pena evidenziare. Accumulazione e circolazione, ricordiamolo, sono movimenti antagonisti, in conflitto. Se il denaro si accumula non circola. Se non circola, va in tilt  l'economia, perché è fondata sullo scambio (ha un bisogno vitale di denaro circolante). Quando l'economia va in tilt (in crisi, in recessione), tante persone soffrono (e sono il 99%), ma pochissimi soggetti riescono a trarre dalle sofferenze altrui enormi benefici, al punto da desiderare le crisi e, se gli lasciamo la possibilità di farlo, da provocare le crisi.

Senza demonizzare il risparmio (reale), distinguiamolo attentamente dall'accumulazione di capitale (finanziario). Aveva ragione chi sosteneva che certe cose... vanno ammazzate da piccole... o ci scappano di mano.

"Mercati finanziari" sono quelli dove si negoziano i capitali. Come si negoziano i capitali? Scambiando monete diverse nel mercato dei Cambi (ricordiamo i mercanti di denari, quelli scacciati dal Tempio a frustate? Ecco, quelli, ma molto più efficienti, oggi, scambiano miliardi come noccioline. Io c'ero... sic!). Oppure mettendo i capitali dentro un pezzo di carta che scambiamo nel mercato dei Titoli, Azioni e Obbligazioni. I Titoli sono stati "dematerializzati". Termine simpatico per dire che non sono più di carta, ma solo registrati su computer. Se compri un Titolo non lo puoi neanche più vedere. Ma, in fondo, abituiamoci all'idea: ben presto non vedremo più neppure il denaro. Banconote e monete sono sempre più insignificanti e circoleranno sempre di meno, sostituite dai computer delle banche. Ve la ricordate la banconota da diecimila lire, quella che si vede nel film di Totò "La banda degli onesti"? 



 chi sono oggi i veri falsari?

Grande come un lenzuolo. Ad indicare il valore tangibile di un denaro che veniva creato solo dietro riserve in oro. Successivamente all'abbandono dell'oro, veniva stampato comunque con dei vincoli, una certa trasparenza e, soprattutto, il controllo delle istituzioni democratiche. Fino a che non è arrivata l'indipendenza delle banche centrali, etc etc... Iniziamo ad abituarci all'idea che il denaro non lo vedremo più. Starà, sempre di più, tutto nei computer del sistema finanziario (che, fa bene ricordarlo, è privato ed internazionale). Non poter vedere e toccare materialmente il denaro, aiuta a non farci pensare al gioco di prestigio con cui viene creato, e da chi. Infine, il mercato dei Derivati, grandioso: gli strumenti derivati rappresentano (derivano da) i titoli, che rappresentano il capitale che rappresenta il denaro accumulato che dovrebbe garantire che qualcuno, in qualche parte del mondo globale, sta producendo beni reali... e il gioco di prestigio si fa davvero spettacolare (e drammatico, per le conseguenze che crea), ma ci arriveremo. Ora diciamo solo che i volumi trattati ammontano a parecchie volte la produzione mondiale e che, quindi, in questo gioco di rappresentazione qualche inganno c'è di sicuro. I conti non tornano, fra finanza ed economia reale.

Fermiamoci a confrontare i due termini di paragone : Economia reale, Finanza. Ricordando quello che abbiamo detto e sottolineato nei paragrafi sulla moneta: il denaro NON è la ricchezza, ma solo strumento di scambio e potere d'acquisto accumulato. La vera ricchezza la produciamo noi con il sudore della fronte, il lavoro, e la sua organizzazione nell'impresa.

L'economia reale, dunque, è l'unica che può crerae, attraverso il lavoro e l'impresa, la vera ricchezza: i beni reali ed i servizi che usiamo per soddisfare i bisogni.

La finanza, invece, giocando con i capitali, "sposta" da una tasca all'altra il potere d'acquisto e, con esso, la ricchezza prodotta da altri.

Non mi stancherò mai di ripeterlo: sono scelte alternative. O investiamo nell'economia reale (creando lavoro ed impresa); oppure nei mercati finanziari (spostando il potere d'acquisto).

L'equivoco, è tutto sul concetto di finanza come servizio all'economia. Ma, per poter chiarire questo equivoco, è necessario capire meglio come è fatto il sistema finanziario ed i suoi mercati. Lo vedremo nei prossimi paragrafi.