Cipro e Italia sono più vicine di quanto non vogliamo ammettere.
E’ importantissimo riflettere sulla proposta avanzata al Governo di Cipro dalla Troika (Unione Europea, Fondo Monetario Internazionale e BCE), indipendentemente dall'esito. L'idea di prelevare in maniera forzosa fra il 6 ed il 10% dei saldi dei conti che i clienti hanno presso le banche, in cambio della promessa di aiuti internazionali, è pericolosissima. Potrebbe riguardarci molto da vicino e prima di quanto immaginiamo.
Viviamo rilassati perché lo spread vivacchia ancora in territori “gestibili”. Ma chi ha letto il primo paragrafo del primo capitolo del libro, sa che la minaccia è intatta. Lo scenario può cambiare nell’arco di pochi giorni, seguendo i capricci dei mercati finanziari. L’Italia può avere bisogno di aiuti internazionali da un momento all’altro. E’ sufficiente che lo spread si risvegli e superi quota 500.. e il meccanismo si innesta. Nell’estate del 2011 è successo tutto così in fretta che ancora lo dobbiamo capire.
L’incertezza attuale sul fronte politico è terreno di coltura ideale per il dilagare di certe “influenze”. Dobbiamo saperlo.
Fare attenzione: i 10 miliardi di aiuti NON servono per aiutare il paese, i suoi cittadini: quelli possono crepare, letteralmente, per quanto concerne gli interessi della Troika. UE BCE e FMI sono li, con i loro miliardi di aiuti, per garantire che i creditori delle banche cipriote (e cioè le grosse banche internazionali) abbiano indietro i loro crediti, recuperino i loro investimenti. Finiscano per impossessarsi di quelle banche. Nulla di più. Nulla di meno.
Il Governo è sotto evidente ricatto, e non capisce che si tratta di uno spaventoso bluff. Senza aiuti le banche falliscono. Se falliscono... “crolla l’economia del paese”. Questo è il messaggio falso e tendenzioso venduto alle masse.
Cosa si propone per evitare tutto ciò? Di prelevare dalle tasche dei cittadini - che non possono difendersi - una cifra spaventosa, tale (questa si) da far crollare sicuramente l’economia del paese. Nessuno può onestamente dubitare di ciò: se si toglie dal sistema economico (che già di per se non è florido) una cifra pari a 5,8 miliardi su un’economia complessiva che vale 17 miliardi all’anno... il tracollo avrà dimensioni bibliche. Non ci si crede. Ed infatti sono convinto che la maggior parte dei lettori non ci credono. Preferiscono chiudere gli occhi e negare l’evidenza piuttosto che accettare l’idea che le “Autorità” possano essere tanto folli.
Non mi piace affatto spaventare il prossimo. Non lo farei se non fossi convinto che una via d’uscita c’è, anche se i tempi si vanno esaurendo. Il nostro paese precipita in tutte le graduatorie, la ricchezza pubblica e privata si esaurisce. Non si può restare a guardare, o tirare fuori pannicelli caldi.
Quanto di brutto sta accadendo al tessuto economico italiano non è casuale: risponde ad un disegno che travalica i confini nazionali e che è necessario capire, per evitare che continui a farci del male.
Bisogna partire dal presupposto che non stiamo parlando di stupidità, e neppure di perversione. Certe scelte, esattamente come le proposte avanzate dalla Troika al Governo di Cipro, rispondono ad una logica ferrea ed ineludibile: mors tua, vita mea.
Abbiamo riconosciuto il diritto del capitale di produrre frutti, indipendentemente dal lavoro, come utili finanziari. Tutto il resto è conseguenza. Inevitabile. Basta fermarsi a pensarci per vederlo. In un mondo in cui i rendimenti medi della finanza internazionale sono più alti dell'inflazione, non c'è spazio per la produzione. Se grandi capitali devono essere remunerati per il solo fatto di esistere, diventeranno sempre più grandi, prepotenti, bisognosi di impossessarsi di tutte le ricchezze prodotte da altri.
Abbiamo già studiato l'altro sistema per spremere i popoli (che ci riguarda molto da vicino): quello di far lievitare gli interessi sul debito pubblico. Come accade tranquillamente da noi, da quando il potere di decidere quanti interessi dobbiamo pagare sui titoli di Stato lo abbiamo consegnato direttamente ai beneficiari. Stiamo contribuendo a ingrassare le banche private di tutto il mondo, con quegli interessi. Impoverendo l’Italia.
Ci rassicurano un giorno si e l’altro pure: il sistema bancario italiano è solido. Poi scoppia il caso Monte dei Pachi di Siena. Quanti derivati tossici ha l’Unicredit? Banca Intesa? Gli strumenti derivati nascono come off balance sheet: fuori bilancio. Le norme sulla contabilità consentono che siano esclusi dai bilanci. Permettono che non siano portati, se non in maniera molto indiretta e molto molto oscura e incontrollabile, nei documenti che servono per informare i terzi. Infatti, non siamo informati: cosa sapevamo noi dei derivati del MPS? Nel mondo ce ne sono per 600 trilioni di dollari. Quanto valgono lo possono decidere esclusivamente le Grandi Banche di Investimento internazionali.
Sulle teste di tutti noi pende questa spada, minacciosa.
Eppure, mentre l’idea di spremere i cittadini per salvare le banche e la finanza speculativa viene proposta e imposta con tutti i mezzi possibili e immaginabili, il mondo viaggia tranquillo, trastullandosi con sciocchezze televisive.
Parlavamo di “bluff”. Vediamo. Vi prego di concentrare tutta l’attenzione possibile su questo passaggio, è semplicissimo. Talmente semplice che appare incredibile. Infatti, quasi sempre, non viene creduto.
- la banca che fallisce non può restituire i soldi ai clienti che li hanno depositati e quindi il risparmio privato viene distrutto;
- chi ha investito in azioni della banca che fallisce, o in sue obbligazioni, specialmente se subordinate (assimilabili a capitale della banca), perde tutto.
Se i 10 miliardi di euro di prestiti venissero usati per dare credito agevolato a famiglie e aziende, avrebbero un senso. Ma abbiamo visto che il loro utilizzo è ben diverso.
Torniamo al risparmio privato, che rischia la distruzione. E teniamo ben distinte le due forme: da una parte i soldi depositati (una forma che per definizione accetta di non essere remunerata perché non vuole correre rischi); dall’altra i soldi investiti in azioni, obbligazioni e derivati. Questa seconda forma vuole rischiare. Sceglie (più o meno consapevolmente) il rischio, in cambio della possibilità del guadagno: dividendi e interessi, più alti possibili.
Se c’è un fondamento concettuale che può giustificare le pretese al profitto privato del capitalismo (ammesso che lo si voglia proprio giustificare) è questo: il profitto è il compenso meritato per il rischio. Nel mondo moderno, in cui le “Autorità” sono subordinate agli interessi del grande capitale finanziario internazionale ed operano per tutelare i suoi interessi contro le pretese della democrazia, questo concetto è sovvertito. Leggi e regolamenti ed interventi concreti vengono utilizzati per garantire che il rischio sia eliminato, il profitto garantito. Sempre e comunque. Impedire il fallimento di chi sbaglia risponde esclusivamente a questa logica: tutelare le prepotenze dei più forti. La loro pretesa di poter fare soldi con i soldi, non più con la produzione.
Il rischio industriale viene limitato. Usando, in nome della libera concorrenza la competizione selvaggia. Produce inesorabilmente oligopoli e monopoli: il contrario della libera concorrenza. Sono questi che eliminano il rischio, eliminando, di fatto, la concorrenza.
Il rischio finanziario, invece, è eliminato in maniera ancora più sfacciata: dagli interventi per salvare i mercati finanziari.
Può non piacere, ma il diritto che si tutela con i 10 miliardi che la Troika “vuole” (desidera, egoisticamente e ardentemente) prestare a Cipro, è il diritto del capitale di produrre frutti senza fare nulla. Sacrifici agli dei.
Il bene comune, l’interesse della collettività, avrebbe invece un bisogno grande, irrinunciabile, a che l’investimento, quando è sbagliato, produca perdite. Anche totali. Il Fallimento è l’unico strumento che consente alla struttura di una economia capitalistica di conservare una forma di umanità, ammesso che sia comunque possibile. Operare per evitarlo - con qualsiasi scusa - è la premessa per la disumanità del sistema che abbiamo sotto gli occhi, e che ci rifiutiamo di vedere.
Discorso opposto, invece, per il risparmio depositato dai clienti che non vogliono rischiare. Hanno la pretesa legittima, meritevole di tutela, coincidente con l’interesse pubblico, alla difesa del risparmio (l’abbiamo scritto nella Costituzione). Questa, invece, viene tranquillamente disattesa.
Normalmente, i depositi dei clienti sono garantiti da appositi fondi, che variano da Stato a Stato, in Italia fino a circa 100.000 euro di controvalore. Bisognerebbe fare di più: garantirli sempre e comunque, lasciando fallire le banche che sbagliano gestione.
Dove prendere i soldi?
Che cosa è il risparmio privato depositato nelle banche? Soldi. Carta. Numeri su un computer. Nulla di più.
Cosa succede se le banche centrali stampano banconote o immettono moneta elettronica sufficiente a coprire esattamente la quantità di risparmio privato eventualmente distrutto dal fallimento di una banca, consegnandolo esattamente ai legittimi proprietari?
Nulla di male. Viene salvaguardato il risparmio privato (come chiede la Costituzione); viene garantita la stabilità dei prezzi (come impone la legge alla banca centrale).
Questo aspetto è fondamentale. La stabilità dei prezzi sarebbe infatti certamente compromessa dal fallimento della banca solo se i risparmi non venissero restituiti ai legittimi proprietari. Deflazione, crollo dell’economia.
Nulla di più semplice: basta volerlo.
Troppo semplicistico? La superficialità di questa obiezione è l'unico vero ostacolo alla sua realizzazione. L'unico, oltre il potere che gli si scaglierà contro.
Perché non viene proposta da chi detiene il potere? Perché, passatemi l’espressione, non gliene frega nulla di salvare l’economia, e neppure il risparmio dei cittadini. E’ la loro ricchezza di carta che deve essere salvaguardata. Quella investita sui mercati finanziari di tutto il mondo. Il valore delle azioni, delle obbligazioni, dei derivati, quelli che avvelenano l’economia reale e i bilanci delle banche periferiche, è l’unica cosa che vogliono salvare. A tutti i costi. A costo di mandare in malora il risparmio privato, l’economia di una intera nazione.
Attenzione. Molti pensano che non possono essere autolesionisti: se crollano le economie anche i potenti ci rimetteranno. Errore. Grave errore di valutazione. Delle nostre economie reali, del nostro lavoro, dei beni reali e dei servizi utili che servono a farci vivere più o meno bene e che si producono con il sudore della fronte, NON NE HANNO BISOGNO. Delle nostre vite, non ne hanno bisogno. Anzi. Rappresentano un fastidioso intralcio al loro desiderio di accumulare ricchezze.
Non sarà mai ripetuto abbastanza: economia reale e finanza sono scelte alternative. L'investimento produttivo nell'economia reale produce - attraverso il sudore della fronte dei lavoratori e l'organizzazione del lavoro degli imprenditori - beni reali e servizi utili. Ricchezza e benessere reali che possono essere distribuiti. L'investimento sui mercati finanziari, per poter essere remunerato, deve togliere benessere a chi l'ha prodotto.
Questo aspetto è importante, e molto sottovalutato. le recessioni sono funzionali a questo bisogno di parassitismo. A coloro i quali campano di ricchezza finanziaria, facendo soldi con i soldi, le recessioni economiche, anche gravi, fanno molto bene. E più sono ricchi ed ingenui i paesi dove queste recessioni arrivano, e migliori sono gli affari che chi detiene ricchezza finanziaria può fare. Veri sciacalli.
Mentre il cibo ed altri beni reali vengono prodotti in paesi dove è più facile e lecito sfruttare lavoro ed ambiente, in paesi come quelli europei, dove sfruttare il lavoro e l’ambiente è ancora un po’ più complicato, una sana e profonda recessione aiuta moltissimo: obbliga le popolazioni a svendere le proprie ricchezze reali. Aziende, case, terreni, gioielli. Ci risulta?
Mettiamo in fila tre concetti.
1) Le leve di governo dell’economia servono per governarla: farla crescere oppure farla fermare. La spesa pubblica fa crescere l’economia. Le risorse necessarie si prendono da:
- stampa di nuova moneta;
- prestiti (debito pubblico);
- tasse.
3) Chi controlla moneta e debito (i mercati finanziari) NON ha interesse a far crescere l’economia. Anzi, in paesi ricchi e ingenui, hanno l’interesse contrario: provocando la recessione e la deflazione possono fare ottimi affari, acquistando beni reali in svendita forzata.
Gli strumenti sono stati messi a punto e rodati in posti meno vistosi. La trappola è pronta a scattare.
Capisco che faccia un po’ male ammetterlo, ma questa Unione Europea NON è dalla nostra parte. Commissione e Consiglio, assieme alla BCE ed al FMI (che con l’Unione Europea non centra nulla, ma è sempre lì..) sono dalla parte dei prepotenti che pretendono il diritto di sacrificare intere economie nazionali al loro bisogno disperato di trasformare la loro ricchezza di carta, insostenibile, nei nostri beni reali.
Possiamo fingere di non vedere, e lasciarci spogliare, come stanno già facendo.
Oppure ribellarci. Pretendere un cambiamento immediato. Cominciando a chiedere ai nostri politici che - nel caso ci dovesse essere bisogno di salvare le banche - vengano usati i soldi della BCE per salvare il risparmio privato, quello sano e senza pretese, che chiede solo una legittima tutela. Che vengano lasciate fallire le banche che hanno sbagliato. Pretendere che la speculazione faccia la fine che meriti. Svanisca nel nulla, assieme allo strapotere dei prepotenti che vogliono vivere di rendita finanziaria, uccidendo l’economia reale e la nostra pretesa ad una vita sana e serena. Per fare questo non è neppure necessario cambiare le leggi: solo volontà politica.
Cambiando le leggi, dobbiamo pretendere che le leve di governo dell’economia vengano immediatamente recuperate. Messe al servizio del benessere collettivo per creare lavoro, servizi e beni reali: quelli di cui abbiamo bisogno.
Dobbiamo scegliere: se salvare il nostro benessere collettivo e privato, oppure la finanza internazionale. Il risparmio, o la speculazione. La finanza e le banche, o il lavoro e l’economia reale.
Riconoscere il diritto del capitale di produrre frutti per il fatto di esistere, è la nostra condanna.
Tacendo, abbiamo già scelto.
Tragicamente qui, terribilmente "vero": come fare a farlo comprendere a chi paga la crisi? La gente onesta e poco preparata capisce solo ciò che conosce già, è disposta a comprendere il nuovo solo se viene prodotto attraverso fatti che "si toccano".
RispondiEliminaDobbiamo produrre questi fatti, e produrli in fretta: la politica non li vuole, non ne è capace,ha altri interessi (la propria sopravvivenza, come la finanza. I nuovi soggetti politici, come il M5S, non hanno compreso fino in fondo, per essere teneri, in quale situazione ci troviamo.
Continuo pervicacemente a pensare che una via sia quella giudiziaria, percorsa ora dal Portogallo. Non è risolutiva, ma serve per "produrre fatti" che aprono gli occhi e le orecchie alla gente onesta e poco preparata.
Io sono pronta.
Avanza una proposta, Lidia, e la sottoponiamo a tutti i legali che conosciamo. Da avanzare a livello nazionale e internazionale, dinanzi a a tutte le Corti accessibili.
EliminaProvare ad elaborarla, iniziare, è in fondo l'unico modo per capire se questa strada ha una sua validità.