ISTRUZIONI PER L'USO

IL TALLONE D'ACHILLE è pensato per scrivere libri, direttamente su questo blog. Qui comincia l'Eredità di Michele, l'ultimo scritto. Il precedente è stato interrotto, si vede che doveva maturare. Qui trovate IL primo LIBRO, col suo indice ed i post che lo compongono.
I "libri" raccolgono commenti, critiche e suggerimenti di chiunque voglia partecipare con spirito costruttivo. Continuano un percorso iniziato con le Note scritte su Facebook , i cui contenuti sono ora maturati ed elaborati in una visione d'insieme, arricchiti da molti anni di esperienze diverse e confronti con persone diverse.

I Post seguono quindi un percorso logico che è bene conoscere, se si vuole ripercorrere il "discorso" complessivo. Naturalmente è possibile leggere singoli argomenti ai quali si è interessati. Argomenti spot - che spesso possono nascere dall'esigenza di commentare una notizia - saranno trattati in pagine dedicate.

Buona partecipazione!


MONTE DEI PASCHI DI SIENA - SOLUZIONI INFAMI


La ricetta proposta da questo articolo del Financial Time per gestire il problema Monte dei Paschi di Siena è un esempio classico di mentalità liberista: 

1) nazionalizzazione immediata
2) ristrutturazione
3) successiva vendita a privati 

C'è una contraddizione in termini spaventosa, eppure è una soluzione che molti ritengono accettabile, anzi, desiderabile.

E' bene che questi molti riflettano attentamente, prima di sottoscrivere l'ennesima fregatura che ci viene gentilmente proposta dai professori di economia.

Secondo il pensiero liberista lo Stato, per definizione, non è capace di gestire affari economici. Questo perché non segue logiche di mercato e tende necessariamente a sprecare risorse. Ma anche perché la corruzione è un elemento inevitabile della gestione pubblica (quando occorre ricordarlo, ecco lo scandalo di turno). 

Ne consegue che è senz'altro preferibile che tutte le iniziative economiche siano gestite dai privati. Anche quando si tratta di servizi di interesse pubblico. E’ vero, dicono i nostri governanti, tutti ormai liberisti, che i privati perseguono come obiettivo principale il loro profitto privato, ben prima dell'interesse pubblico (in fondo sono sinceri, tanto possono contare sulla capacità dei media di rimbambirci). Se li lasciamo veramente liberi di fare, continuano tranquilli, una mano invisibile farà in modo che anche l’interesse pubblico ne verrà miracolosamente assicurato. Grazie alla maggiore efficienza dei privati, e grazie alle regole connaturate ai mercati che spingono necessariamente verso soluzioni razionali (Quanto sia falso, lo stiamo  approfondendo nel Libro; con quale facilità ci beviamo l'incredibile, invece, non deve finire mai di stupirci). 

Pubblico = corrotto ed inefficiente

Privato = sano ed efficiente

Se fosse vero, ci dovrebbero spiegare questi scienziati perché mai allora sarebbe auspicabile un intervento dello Stato proprio per gestire la fase più difficile, che è quella della ristrutturazione di una azienda in crisi. Nel momento, cioè, in cui i problemi sono talmente ingarbugliati che i privati non sanno più cosa fare per venirne fuori.

Nazionalizzare vuol dire usare risorse pubbliche, raccolte con le tasse o con il taglio dei servizi. In ogni caso, soprattutto in tempi di crisi, sono gocce del nostro sangue. E' l'unica cosa che vogliono: i nostri soldi.

La verità è che i sostenitori del mercato sono profondamente ipocriti e vorrebbero nascondere  ciò che diventa ogni giorno più evidente: i privati reclamano il diritto di guadagnare sempre e comunque, anche dalla gestione di servizi che hanno rilevanza di pubblico interesse. Quando sbagliano, in nome di quell'interesse pubblico, deve intervenire lo Stato a coprire le perdite, e poi togliersi dalle balle il più presto possibile.

Ci hanno stufato.

Riassumiamo la ricetta proposta dalla scuola liberista per risolvere il problema del Monte dei Paschi di Siena:


NAZIONALIZZARE = spendere soldi dei cittadini

RISTRUTTURARE = risolvere i complessi problemi del MPS che i privati hanno creato e non sanno come risolvere

VENDERE AI PRIVATI = restituire ai privati (i prezzi li conosciamo...) il diritto di fare profitti.

Che faccia di bronzo! La loro sfacciataggine non ha limiti e deve essere punita, prima o poi.

Il bello è che l'autrice (Lucrezia Reichlin, professoressa di economia della London Business School con incarichi in Unicredit) lo dice senza mezzi termini: la colpa è dei derivati che sono stati utilizzati due volte

La prima volta, per nascondere le perdite conseguenti all’acquisizione di Antonveneta. 

Derivati suggeriti dalle grandi investment bank internazionali. Quelle che sono diventate talmente grandi e ricche e potenti da riuscire ad avere influenza sulle scelte delle banche centrali, dei ministri dell'economia, della Commissione Europea, dei legislatori e dei controllori (e delle università). Guadagnano grasse commissioni nello strutturare quelle operazioni che hanno, per ammissione della professoressa, l'esplicito scopo di "hiding the losses by deferring or amortising them over many years" : "nascondere le perdite o spalmarle su molti anni". 

Causa negoziale (scopo del contratto) illegittima. Contraria non solo alla legge, ma anche alla decenza. Qui i magistrati non possono avere dubbi. Quei derivati devono essere annullati. Qualcuno deve finire al gabbio. I soldi devono uscire dalle tasche di chi li ha illegittimamente intascati, non da quelle di pantalone (che sta perdendo la pazienza).

Commissioni talmente grasse che, forse, ci scappa la tangente. Su questo (almeno) indaga la magistratura e aspettiamo (fiduciosi?). Intanto l'idea aiuta a capire più facilmente le scelte prese dai singoli individui, e a meglio inquadrare il senso reale della "mano invisibile" che guida le scelte dei "mercati" (che sono fatti e interpretati da persone).

La seconda volta, poi, ancora i derivati sono stati usati per aumentare in maniera indiretta il capitale sociale del MPS che era stato indebolito dalle precedenti operazioni. Aumento di capitale fatto senza far intervenire nuovi soci, e senza bisogno di far cacciare soldi veri ai vecchi proprietari

Ora, se non arrivano nuovi soci e i vecchi non mettono mano al portafoglio, ma non ci viene il sospetto che il capitale sociale, di fatto, non aumenta ? Certe operazioni derivate, fanno miracoli, oppure servono per fregare il prossimo (ci arriveremo, nel capitolo II)?

Quello che fa rabbia, veramente, è che chi dovrebbe sorvegliare non solo non lo fa. Anzi: spinge per rendere quelle operazioni più convenienti.

Il pesce puzza dalla testa. C’è qualcuno che quelle operazioni derivate, che finge di non vedere, le ha rese possibili per legge. Poi, sempre con leggi e regolamenti, le ha rese, per il sistema finanziario, patrimonialmente più convenienti delle operazioni naturali. E ogni tanto cadono dal pero, questi regolatori, in preda allo stupore: 
toh.. gli operatori ne abusano. 

Tutta la crisi economica e sociale, che sta seminando povertà e disperazione nelle popolazioni più ingenue e sprovvedute è figlia di queste logiche. Vedi cosa succede in Grecia. Ma dov'è la solidarietà, cosa è diventata l'Unione Europea? Cosa è successo in Islanda, in Irlanda, in Spagna, Portogallo.. cosa sta per succedere da noi... se non ci svegliamo in fretta.

Vogliono spremere dai nostri sacrifici i soldi necessari a coprire le immense perdite che la gestione dissennata della finanza internazionale ha causato.

Suona sinistro ed esagerato? Andiamo avanti.

Altro aspetto importante. La perdita che il MPS subisce per aver acquistato titoli di stato italiani. Ma siamo pazzi ?

Quando lo Stato faceva il suo dovere di governare l'economia, il Tesoro aveva il potere di imporre l'acquisto di Bot, Cct e Btp alla Banca d'Italia (bei tempi...). Ma anche agli Istituti di credito di diritto pubblico, obbligati a mantenere in portafoglio un certo plafond di titoli di stato. Lo Stato, giustamente, si preoccupava anche di fare in modo che quegli acquisti non potessero in nessun caso rappresentare un problema serio per il sistema bancario. Anzi, erano fonte di guadagno sicuro, per tutti.

Il metodo era semplice semplice. La banca che acquistava il titolo poteva ignorare le continue variazioni del prezzo di mercato: non era obbligata ad usare in contabilità il metodo del mark to market e usava il prezzo d'acquisto (che è sempre lo stesso). Semplicemente dando per scontato che, alla scadenza del titolo, il capitale rimborsato sarà comunque di 100, anche se nell'arco della sua vita sarà passato da 100 a 150, e poi a 70 o cose del genere.

In pratica, pagato 100 il BTP a 10 anni, anche se il prezzo di mercato scendeva dopo un mese a 80, nel conto economico della banca questa differenza non procurava nessun problema. Nel conto economico, a far crescere o diminuire il patrimonio della banca, ci andavano sempre e solo gli interessi pagati dal titolo.

Interessi, badiamo bene, che difficilmente potevano essere inferiori al costo di rifinanziamento sopportato dalla banca: visto che è deciso sempre dalla banca centrale. Lo è tutt'oggi. Ad esempio, se la cedola per sei mesi è fissa al 5% e il tasso di mercato a sei mesi sale al 7%, durante quel periodo la banca subisce la perdita massima di 2% solo se la BCE alza anche il tasso ufficiale di rifinanziamento al 7% e lo mantiene così alto per tutti e sei mesi.

Ce lo vedete voi il tasso BCE al 7% ? Mai visto da quando è nato l'euro a questa parte. I tassi di mercato si, e le cedole pure. Ma quello è lo specchietto per le allodole.

Vediamo come (e quando..) sono cambiate le regole che, oggi, sono molto diverse. C'è stato il divorzio, la privatizzazione del sistema bancario, la liberalizzazione, la finanziarizzazione. 

Lo Stato ha ceduto le leve di governo dell'economia, quindi non ha il diritto di imporre più nulla alle banche private. Però, come è normale attendersi e come avviene dappertutto, gli Stati spingono ancora (come possono) le banche del paese a comprare titoli del debito pubblico. Sacrosanto. Quello che è cambiato, invece, è che è venuto meno quel riguardo che veniva garantito nelle regole contabili.

Oggi, se salgono i tassi di mercato, oltre alla eventuale perdita (piccola, eventuale e transitoria) causata dal costo di rifinanziamento della cedola in corso, la banca è obbligata a portare a conto economico tutto il risultato del "mark to market" : cioè le perdite (teoriche) che derivano dalla valutazione del titolo al prezzo di mercato. 

Perdita che diventerebbe effettiva solo se la banca decidesse di vendere il titolo in quel momento a quel prezzo. Che, come sappiamo, può oscillare in continuazione.

Per fare il paragone: ipotizziamo un portafoglio di 100 milioni di BTP e i tassi che salgono uniformemente dell'2%. Semplificando molto i calcoli, tanto per dare l'idea dell'ordine di grandezza:

- sulla cedola la banca perde al massimo il 2% per 100 milioni per sei mesi : 1 milione di euro (sappiamo che, grazie al rifinanziamento presso la banca centrale, perde in realtà molto meno; ma vogliamo esagerare);

- sul prezzo di mercato, invece, si spalma la previsione (scommessa) che quella perdita del 2% durerà fino alla scadenza, e quindi diventa: 2% per 10 anni = 20%. La perdita non è più di 1 milione, ma di 20 milioni. Confrontiamola in figura 1

Fig 1



La regola contabile del Mark to Market (sempre ossequiosa della infallibilità dei mercati), ci dice che nel bilancio ci va portata la colonna arancione, e non quella blu.

L'assunto discende da questo ragionamento: se i mercati valutano il tasso a dieci anni al 7%, vuol dire che il tasso di mercato a breve termine (a sei mesi) per tutti i prossimi 10 anni sarà mediamente del 7%. Se fosse vero, potrebbe avrebbe un minimo senso registrare quella perdita, ignorando comunque che il costo del rifinanziamento è per definizione più basso del tasso a sei mesi. Tutti se e ma... e li mettiamo in contabilità (sarà per questo che il falso in bilancio è stato abolito: non c'è più bisogno di ingannare nessuno, l'abbaglio è legale).

Peccato che la storia smentisca categoricamente e sistematicamente le previsioni (scommesse). Mai la media dei tassi a breve termine per un periodo x è risultata esattamente eguale alla aspettativa che i tassi di lungo termine scontavano all'inizio del periodo x. Mai, come è assai logico aspettarsi: che cazzo ne possono mai sapere, quelli, di ciò che veramente ci riserva il futuro? 

Portare a conto economico una perdita (stimata) vuol dire però ridurre il capitale della banca: effettivamente e subito. 

Ragioniamo attentamente sulla perversione della mossa: 

Per prudenza, per stimare il rischio che la banca potrebbe incorrere in perdite se dovesse vendere quei titoli nel momento sbagliato, si obbligano le banche a registrare, ora, perdite teoriche, facendo di fatto scendere il loro patrimonio. 
Attenzione, attenzione: aggiungiamo che un'altra regola sull'adeguatezza del capitale (l'aggiornamento del link è al 18 marzo 2011) impone alle banche di non tenere in portafoglio investimenti di qualsiasi genere (inclusi titoli di stato) in proporzione superiore ad x volte il patrimonio.

E si capisce che, volendo, la regola innesca un circolo vizioso: 

- scende il prezzo di mercato del titolo di stato (come accade sempre, quando vende qualcuno grande, tipo Deutsche Bank o Goldman Sachs);
- si verifica una perdita teorica da mark to market di tutti i portafogli bancari (e istituzioni finanziarie);
- diminuisce il patrimonio; 
- scatta automaticamente il conseguente obbligo a ridurre quantitativamente gli investimenti, che sono diventati troppo grandi per il patrimonio decurtato dalle perdite (scatta, cioè, l'obbligo a vendere parte del portafoglio);
- per effetto delle vendite, scendono ancora di più i prezzi;
- nuova perdita teorica da mark to market... e si ricomincia.

La prudenza... causa il danno.

Si, si potrebbe pensare che sono pazzi. Quante coincidenze, però, nei tempi di certe decisioni.

Consideriamo, per esempio, la tempistica della decisione presa dall'EBA (European Banking Authority) di obbligare le banche del sistema ad applicare sempre il mark to market ai titoli di Stato, anche se l'acquisto è stato fatto non per speculare ma con l'intenzione (dichiarata) di portare l'investimento fino alla scadenza naturale. Decisione presa in un momento di crisi: subito dopo la vendita da parte della Deutsche Bank di 7 miliardi di BTP  e in presenza degli effetti sullo spread che abbiamo qui visto. Ecco riportata sul suo sito l'attività di studio e proposte svolta fra il 26 ottobre e l'8 dicembre 2011

Banca d'Italia si affretta a sostenere l'iniziativa, con un pronto comunicato stampa dell'8 dicembre 2011 (guarda guarda... la quantificazione del problema MPS.. autunno 2011.. si sapeva... però esplode ora, sotto elezioni..).

Perfino la Consob esprime perplessità sul senso di quella misura, nella audizione che può essere trovata sul suo sito in formato pdf (audizione vegas 20120202).

Riporto un brano che è interessante leggere anche a proposito del coordinamento delle politiche europee e della "solidarietà" nell'Unione:

"Un secondo aspetto di natura metodologica riguarda l’applicazione del mark-to-market all’intero portafoglio dei titoli di Stato, anche quindi a quei titoli detenuti sino alla scadenza, approccio che appare troppo rigido rispetto all’obiettivo di proteggere le banche da eventuali perdite sulle esposizioni verso il debito sovrano. Altrettante perplessità suscita la decisione dell’EBA di applicare il mark-to-market all’esposizione in titoli di Stato di tutti i paesi dell’area euro, e non solo a quella verso i titoli di Stato dei paesi più esposti alla crisi del debito sovrano. Ciò ha infatti determinato un forte vantaggio per le banche tedesche e francesi, le cui plusvalenze sulle rilevanti esposizioni verso i titoli di Stato del proprio paese di residenza hanno generato risparmi rilevanti in termini di assorbimento patrimoniale (stimabili per i primi 2 gruppi bancari tedeschi in circa 6 miliardi di euro, a fronte di una richiesta finale di ricapitalizzazione di 8,5 miliardi di euro, e per i primi 3 gruppi bancari francesi in circa 10 miliardi di euro, a fronte di una richiesta di ricapitalizzazione di 3,6 miliardi di euro). Qualora i calcoli dell’EBA si fossero limitati a valutare le esposizioni verso i soli paesi realmente esposti alla crisi del debito sovrano, le richieste di patrimonializzazione per le banche francesi e tedesche sarebbero state quindi notevolmente più elevate.

È poi importante sottolineare che l’EBA ha ritenuto di non estendere lo stesso approccio rigoroso previsto per i titoli di Stato anche alle attività finanziarie illiquide, quali ad esempio titoli strutturati e cartolarizzazioni. Anche questo aspetto ha finito per penalizzare le banche italiane, che hanno un’esposizione in titoli illiquidi pari solo al 6,8% del patrimonio di vigilanza, contro una media del 65,3% dei principali gruppi bancari europei." 
 
Si parla di "prudenza", scordandosi che i latini sapevano bene che la prudentia aveva a che fare molto con la saggezza, e poco con la furbitia.

Non c'è nulla di saggio nell'obbligare per legge a guardare la colonna arancione che non ha senso, è fatta di se e di ma e, sostanzialmente, rappresenta la sintesi delle scommesse di tutti gli speculatori del mondo.

Eppure quella decisione - di fatto - finisce per creare o aggravare un problema che potrebbe essere meglio gestito. Anzi, evitato. Mentre c'è molto di furbo, poi, nel chiedere a noi cittadini i capitali per rimediare a quel problema. Perché ?  Ma dai.. lo sanno che il problema non è quello ma, purtroppo, un problema vero c'è: è quello nascosto dai derivati (quei titoli illiquidi che NON si ritiene, invece, di dover valutare al mercato!). 

Non è che non vedono: per legge scelgono dove dover guardare (caso mai ci fosse rimasto qualche funzionario onesto e zelante... sai, quei rompiballe che ogni tanto capitano nel posto sbagliato, nel momento sbagliato).

E mica ce lo possono dire così, no? Altrimenti col cavolo che accetteremmo di fare sacrifici per salvare quella cricca. O no?

Quanto alle perdite (piccole eventuali e transitorie) che le banche registrano sul margine di interesse, ricordiamo ancora una volta che la banca centrale ha sempre strumenti a sufficienza per consentire alle banche di finanziare il proprio portafoglio titoli a tassi ben più bassi rispetto ai tassi di mercato. Perché la BCE ha il divieto di dare soldi agli Stati (sic!), ma li può dare (e li da, anche molto generosamente) al sistema bancario privato.

Ci ricordano qualcosa le operazioni di rifinanziamento a lungo termine che la BCE ha recentemente fatto a tre anni al tasso dell'1% mentre sul mercato i BOT pagavano tassi anche dell'8% ? Non bruscolini: mille miliardi di euro. Qualche imbecille ha avuto la sfacciataggine di dire che sarebbero serviti a finanziare imprese e famiglie. Fino all'ultimo centesimo, hanno finanziato acquisti di titoli di stato, come era scontatissimo attendersi.

Mille miliardi di euro che non mi stancherò mai di ripetere sono una cifra sufficiente a far sparire la disoccupazione da tutta Europa. 

Si è preferito, per scelta politica mascherata da tecnica, di far crepare i disoccupati, e coprire le perdite (mascherate) delle banche.

In conclusione: 

I politici sono consapevoli, e conniventi. Ci guadagnano personalmente. L'intreccio di interessi fra politica e finanza internazionale è sempre più fitto, pericoloso ed evidente. Va spezzato: con la scelta politica di mandarli tutti via (e qualcuno in galera); con il ripristino della giustizia e della legalità che questi signori hanno sacrificato per meglio occuparsi dei loro squallidi affari. Con una riforma complessiva del sistema che lo riporti al servizio del lavoro e del benessere dei cittadini (ci arriveremo).

Rivalutiamo la proposta di lasciar fallire una grande banca, usando i fondi della BCE per coprire le perdite che subirebbero i depositanti. C'è molto più etica di quanto non appaia a prima vista. Perché l'etica, ricordiamolo, è l'insieme delle regole che permettono ad una collettività di risolvere i suoi inevitabili conflitti senza ricorrere all'omicidio. In mancanza, potremmo non esserci così lontani.

Vogliamo porre fine una volta per tutte allo sconcio della finanza derivata che ha superato ogni limite di decenza? Annullare tutti i contratti derivati la cui causa sia quella illegale di nascondere la realtà ed ingannare il prossimo? Punire i colpevoli?

Vogliamo smetterla di proteggere i delinquenti ed iniziare ad usare le risorse pubbliche per creare lavoro, servizi pubblici efficienti e soddisfare gli interessi dei cittadini?

Vogliamo spezzare i meccanismi di evidentissimo conflitto di interesse che permettono alle stesse persone di passare con disinvoltura dai tavoli in cui si fanno le regole a quelli in cui si applicano a quelli in cui si stabilisce cosa fare quando non se ne può più?

Parliamone.


2 commenti:

  1. Guido, leggo con sommo interesse, comprendo il senso ma mi sfuggono i "tecnicismi" chiamiamoli così (forse come a te sfuggirebbero i miei di fonetista storica). La cosa che comprendo meglio è che abbiamo bisogno di una vera e propria rivoluzione.
    E questa si fa: 1)mandando " a casa" (io li manderei in altro posto) politici corrotti e compagnia; 2) mettendo al loro posto persone oneste e preparate; 3)governando con saggezza e democrazia, mentre ci si impegna pure a costruire la nuova giovane classe dirigente (e non dominante, come purtroppo sempre è accaduto in questo nostro disgraziato Paese).

    RispondiElimina
  2. Grazie Lidia, sono vere tutte e due le cose:

    - devo trovare il modo di trasformare i tecnicismi in immagini, capaci di portare il messaggio in maniera più efficace.
    Sono noiosi, gli strumenti del potere, proprio affinché la gente comune eviti di metterci il naso..

    - tutti e tre i punti che indichi per rivoluzionare il mondo sono indispensabili. I tempi per demolire il vecchio stanno maturando in fretta mentre quelli per costruire il nuovo sono più incerti. Guidare la nuova giovane classe dirigente, formandola in modo che non desideri mai di diventare dominante, dev'essere cosa assai bella. Questo paese se lo merita, dopo tante brutture !

    RispondiElimina

Ho bisogno di critiche costruttive.

Educazione, pazienza, capacità di ascolto e impegno ad evitare polemiche sono armi potenti che possono rendere prezioso il contributo di tutti. Usiamole.