ISTRUZIONI PER L'USO

IL TALLONE D'ACHILLE è pensato per scrivere libri, direttamente su questo blog. Qui comincia l'Eredità di Michele, l'ultimo scritto. Il precedente è stato interrotto, si vede che doveva maturare. Qui trovate IL primo LIBRO, col suo indice ed i post che lo compongono.
I "libri" raccolgono commenti, critiche e suggerimenti di chiunque voglia partecipare con spirito costruttivo. Continuano un percorso iniziato con le Note scritte su Facebook , i cui contenuti sono ora maturati ed elaborati in una visione d'insieme, arricchiti da molti anni di esperienze diverse e confronti con persone diverse.

I Post seguono quindi un percorso logico che è bene conoscere, se si vuole ripercorrere il "discorso" complessivo. Naturalmente è possibile leggere singoli argomenti ai quali si è interessati. Argomenti spot - che spesso possono nascere dall'esigenza di commentare una notizia - saranno trattati in pagine dedicate.

Buona partecipazione!


martedì 9 ottobre 2018

IL SOLE 24 ORE E LE FAKE NEWS

"Fake news" non è una notizia "falsa", ma non è neanche "vera": è presentata in maniera tale da distorcere abbondantemente la realtà.
Le autorità dovrebbero indagare sulle fake news, come potrebbero apparire quelle contenute in questo articolo, apparso sul prestigioso ed "autorevole" quotidiano nazionale il Sole 24 ore.
Certi articoli rischiano di farti odiare l'Europa anche se non vuoi (a me è successo, come primo impatto, leggendolo), ed è davvero un peccato. Sarebbe ora, e lo dico sul serio, che chi ha a cuore rapporti sani, pacifici ed equilibrati con i nostri vicini, se ne renda immediatamente conto.
Avvertimento importante: non voglio "uscire dall'Europa" (la frase, oltretutto, non ha senso). Voglio invece uscire, e da subito, dagli incubi e dalle falsità. E dovremmo desiderarlo proprio tutti anche quando può far male, guardare negli occhi la realtà.
Già il titolo dell'articolo citato, è un programma. Manca totalmente il senso del dubbio! Basterebbe cambiare una parola, e sarebbe diverso : scrivi: "cosa "potrebbe succedere", al posto di "cosa succederebbe", e tutto acquisterebbe un senso di onestà intellettuale, il senso del dubbio. In quella parola aggiunta, sarebbe contenuta l'informazione sul "fatto incontestabile" che si tratta di opinioni, opinabili e personali, e non di certezze. Qui si danno per scontate "certezze" che si pretendono basate solo sulla pretesa di "autorevolezza", perché nulla viene spiegato, manca lo sforzodi far capire. Per fortuna, giorno dopo giorno, le persone pensanti disconoscono questa presunta autorevolezza. Gli esseri umani, hanno bisogno di capire. Un bisogno reale e profondo, che l'attuale sistema mediatico (dovremmo dire propagandistico) ignora totalmente.
Passiamolo allora in controluce, un pezzo dopo l'altro, questo articolo, per aggiungere un'altra opinione. Diversa. Umile, senza pretese di verità, che tanto non ce l'abbiamo,la verità. Ognuno, dal canto suo, potrà valutarla con il proprio semplice buon senso critico.
L'articolo inizia così :
"Cosa accadrebbe se l’Italia uscisse dall’euro? Quale sarebbe il contraccolpo su stipendi, risparmi, pensioni, mutui, inflazione, e spesa al supermercato?"
Certo: da un "contraccolpo" non puoi aspettarti nulla di buono (ma perché dare per scontato che ci sarebbe un contraccolpo)?. Vediamo le risposte alla domanda che ci da Enrico Marro, l'autore. Evidentemente, suffragato dalla Direzione del giornale (che mi permetto di invitare a riflettere).
Dice:"Proviamo per un attimo a mettere da parte i colossali e pressoché insolubili problemi iniziali, dal quadro giuridico all’inevitabile fuga dei capitali (menzionata anche dal famoso “piano B” firmato da Paolo Savona , che ha studiato seriamente gli esempi della dissoluzione dell’Impero Austro-ungarico e dell’Unione Sovietica), fino alla possibilità più che concreta che l’Italia finisca in default."

Vi sembra che stia "mettendo da parte" i problemi? O piuttosto ce li sbatte sul naso instillando in noi una grande "paura pregiudiziale" (paura che viene prima ancora di sapere di cosa dovremmo avere paura)?

"Quadro giuridico": l'autore ci passa, senza dirlo, la sensazione che esiste un "colossale e pressoché insolubile problema" giuridico, te ne sei accorto, lettore? Consiglio a chiunque voglia farsi un'idea personale dei fatti, e del diritto, la lettura dell'articolo 48 del Trattato sull'unione europea, che ci racconta per quale strada sia sempre possibile, giuridicamente, cambiare le cose. Se poi ci viene il dubbio che sia impossibile "uscire", allora aggiungiamo l'articolo 50, che ci racconta già dal primo comma, che: "
1.   Ogni Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione." Se infine dovesse rimanere qualche dubbio, consigliamo l'articolo 60 della Convenzione di Vienna, che ci dice, in sostanza, che i Trattati si rispettano se tutti li rispettano, altrimenti non hanno valore vincolante. Articolo quest'ultimo da leggersi alla luce delle violazioni sistematiche di importantissime norme comunitarie che molti paesi dell'Unione hanno effettuato (puoi leggere i blog di Bagnai e di Barra Caracciolo, per i dettagli). Norme che pretendono comportamenti collaborativi e coordinati, violate, nei fatti, da atteggiamenti e azioni decisamente conflittuali, non coordinate, che avvantaggiano un singolo paese a danno di altri. 
La buona fede, nel campo del diritto, conta. Fa la differenza (e, sinceramente, non solo nel campo del diritto). Si potrebbe pensare che in questa Unione europea, così come è stata fatta, non sia mai esistita la voglia reale di fare qualcosa insieme, nell'interesse di tutti: bisognerebbe indagare. Unione, nota bene, che perfino nel nome, almeno dal 1992, ha smesso di essere una "comunità", per diventare luogo di scontro inevitabile, avvelenato com'è da quell' "elevato livello di competizione", inserito fra i principi fondanti dei nuovi trattati. Ancor più, intossicato alla radice dalla folle "pietra angolare" della "stabilità della moneta", obiettivo che certe norme, forse senza saperlo, mettono di fatto al di sopra della vita umana! "Pietra angolare" è parola grossa: serve a capire, senza dover leggere le 500 pagine dei trattati (che tanto sono illeggibili!), quanto l'Unione europea abbia messo quell'obiettivo, che è certamente caro ai mercati finanziari ed ai creditori di tutto il mondo, al di sopra degli obiettivi di solidarietà, del pieno sviluppo della persona umana, della piena occupazione, cari invece agli esseri umani ed ai popoli.

L"inevitabile fuga dei capitali" dai, Enrico: 
addirittura strillata col grassetto! Possibile, sì, questa fuga. Guarda: anche probabile, posso accettarlo. Inevitabile, invece, è solo la morte. Se non re-agisci, se non fai nulla per evitarlo, certo che può succedere. Se ti poni il problema, invece, cominci a cercare soluzioni e... miracolo, le trovi! Il mondo ha convissuto fino a pochissimo tempo fa con stretti controlli amministrativi che hanno rallentato, all'occorrenza, la fuga dei capitali. Puoi sempre accompagnare i divieti con soluzioni "incentivanti". E puoi perfino blindare le scelte amministrative, se serve: è sufficiente affrontare la questione dei "paradisi fiscali" con la giusta responsabilità, ed il problema è risolto alla radice. Volere, è potere. Ed è responsabilità  della politica capire i problemi e trovare soluzioni. Sono ben pagati per farlo. La soluzione delle soluzioni? Fai capire ai cittadini che stai agendo nell'interesse di tutti, che lavori per far funzionare le cose, e quelli ti riportano a casa, gratis, i capitali che hanno esportato nei decenni passati, altro che fuga.
Aggiungiamo un altro elemento di riflessione, importante. Fuori dall'euro, ci dicono, i capitali fuggono dall'Italia. Ebbene, ti invito a rifletterci su: quale sarebbe, in pratica, la spiacevole conseguenza? Facci caso: non viene mai spiegata! Io ti suggerisco questo: di quei capitali, se ne può fare a meno! Ascolta, prima di scandalizzarti. Il capitale, oggi, nel mondo, all'occorrenza, si crea dal nulla. Te lo porti via? Intanto, attento, potrebbe esserti impedito di farlo rientrare. Noi, nel frattempo, ne creiamo tanto quanto ne serve, se ci serve. Nota bene: non abbiamo alcun bisogno di capitali per comprare merci estere! Noi italiani, infatti, storicamente e salvo brevi parentesi, abbiamo saputo e sappiamo ancora vendere all'estero più merci di quelle che compriamo! Siamo bravi, dati Istat alla mano. E quando cominceremo ad investire seriamente nella nostra rinascita, dentro o fuori dall'euro, potremo diventare immensamente più "competitivi", se proprio ci dovesse piacere. Le risorse e le capacità, di certo, non ci mancano! (piccola parentesi: ma perché certa "informazione" insiste a dipingerci come incapaci? Mah!)
Continuiamo l'analisi del  testo:
"Possibilità più che concreta che l’Italia finisca in default". Certo: fino a che "lasciamo fare ai mercati", quella possibilità diventa concreta. Se siamo convinti (cioè: prigionieri delle nostre convinzioni errate) che "abbiamo bisogno di capitali esteri per finanziare le nostre attività", allora è vero: prima o poi andremo in default. SE, invece, ci ricordiamo che siamo uno dei paesi più ricchi al mondo e con una situazione finanziaria complessiva migliore di tanti altri; se scegliamo, responsabilmente, di rivolgerci ai cittadini risparmiatori, anziché alla speculazione internazionale (guarda il video); allora finanziamo quello che ci pare per creare ricchezza(quella vera, non quella di carta, e il default diventa impossibile
Prima di proseguire, faccio un inciso importante, altrimenti ti distrai ed inizi a pensare: "si ma a me che me frega se l'Italia è ricca, mentre io e tanti altri ci moriamo di fame? Giusto! Sacrosanto. Hai perfettamente ragione. Lo penso anch'io! E' per questo che mi sbatto dalla mattina alla sera: do il mio piccolo contributo ad una Repubblica che deve aiutarmi, perché ho bisogno, ma non sa più come fare. Il fatto è che, nelle condizioni attuali di dipendenza dai mercati finanziari, lo Stato ha una enorme difficoltà ad aiutarci, ostacolato com'è da regole e da circostanze che fanno comodo solo ai ricchi creditori di tutto il mondo. Nella nostra Costituzione (ce ne parlano solo quando la vogliono cambiare) c'è scritto che la Repubblica Italiana, cioè tutti noi, non dobbiamo avere pace, fino a quando non abbiamo sfamato, curato, e fatto crescere per bene l'ultimo dei nostri figli (e pure quelli degli altri)! Ai mercati questa cosa non fa affatto comodo (lo scrive chiaramente la JPMorgan che la nostra Costituzione democratica è di ostacolo agli interessi dei mercati finanziari, confusi con l'interesse del mondo).E' per questo che ci raccontano che i soldi sono finiti! Per impedirci di spenderli per i cittadini, quando ce n'è bisogno. Ma è falso: siamo straricchi, e dobbiamo saperlo! E sfido tutti quei giornalisti distratti a contestare questi numeri, che devi valutare con la tua testa. E' mia opinione, opinabile (valuta tu) che chi controlla i mercati finanziari e crea moneta dal nulla ed accumula ricchezze di carta, abbia poi un grande interesse a non permettere agli Stati ed alla politica, in genere, di spendere in maniera redistributiva = quando togli ai ricchi per dare ai poveri. Perché? Perché per redistribuire bisogna togliere a quelli che hanno accumulato troppo (e ce ne sono tanti, nel mondo della finanza!). Non solo: se si fanno politiche a favore dei poveri e dei disoccupati, i signori dei mercati guadagnano di meno: primo, non possono più sfruttare il lavoro; secondo, non possono più comprare le cose a prezzi stracciati, come stanno facendo alla grande, quando c'è crisi economica. E così ci potremmo spiegare perché lo spread sale solo quando lo Stato spende per redistribuire! Prova del nove: è forse salito lo spread quando il governo ha speso 20 miliardi per risanare le banche? Quindi amico mio, è nostro preciso interesse fare sì che la Repubblica, cioè tutti noi, non ci lasciamo mai e poi mai condizionare dai mercati: perché ci rimettiamo tutti: ricchi, poveri e miseri. Più di tutti, i miserie i poveri, condannati a restare tali. Ma anche i ricchi, rischiano grosso: i loro risparmi, i loro terreni, le loro aziende, fanno davvero invidia a tanti, in giro per il mondo.  
Poniti a questo punto, Enrico, una domanda elementare: come può mai "fallire" un soggetto che ha:
- "solo" 2300 miliardi di debito pubblico;
- "solo" un migliaio di miliardi di debito privato;
- "Ben" 5000 mld di patrimonio immobiliare privato;

- "l'enorme" patrimonio pubblico (che continuano a "svendere" e non so dove e come quantificare; si accettano suggerimenti, grazie!);
- "Addirittura, la bellezza" di 4200 miliardi di risparmio privato;
- "Produce" la strabiliante cifra" di 1700 miliardi all'anno;
- "si permette il lusso" di lasciare enormi risorse sotto utilizzate (a partire dai 10 milioni di persone in età lavorativa che la politica ed i mercati hanno "scelto", perché gli fa comodo, di lasciare a casa, nonostante le infinite cose urgenti da fare).
Nota, per cortesia, come pochi aggettivi possano produrre una informazione totalmente diversa.
I numeri, cantano! Tu, allora, ascoltali. Cancella tutte quelle parole in neretto (che a volte servono solo a portare all'attenzione le cose più importanti, e va bene, ma altre volte servono a indirizzare, impropriamente, il pensiero del lettore, e allora non va più bene). Guarda solo i numeri, e fatti una opinione tutta tua, mettendo a confronto le tue idee, con quelle che poi trovi in giro. 
Debiti totali = 2300 + 1000 = 3100 mld
Crediti totali = 5000+ 4200 = 9200 mld
"Reddito" (ogni anno che passa) = + 1700 mld.

Ma fallito a chi? Default de che? De tu nonno, dicono a Roma.
Bisognerebbe spiegarlo, ma proprio con queste parole, a Fitch, a S&Poor, a Moody's. Le tre grazie (agenzie di rating) che danno i giudizi sulla solidità di aziende e di stati, seguendo misteriosi calcoli alchimistici. Ma tanto strani, quei calcoli, che sono riuscite a premiare, sistematicamente, con giudizi sbagliati (lo dicono i fatti) 
di "eccellenza", tutti quei titoli inzeppati di mutui subprime e derivati che la finanza criminale, (criminale = che commette crimini, azioni punibili dalle leggi penali) ha distribuito in giro, scatenando l'inferno nei bilanci delle banche di mezzo mondo. Attenzione: è quell'inferno che vorrebbero far pagare a noi!  
Comunque, attenzione: il default può davvero succedere, nonostante quei numeri, se ci fidiamo delle perone sbagliate, che ci raccontano che dobbiamo "meritarci la fiducia dei mercati e dobbiamo adeguarci al giudizio delle agenzie di rating". Inverti il pensiero, ed il mondo cambia: la mattina, quando ti svegli, raccontalo a tutti: "i mercati finanziari, e le agenzie di rating, non si meritano la mia fiducia!". Vedrai, il mondo cambia. E sappi che non sei il solo a pensarlo!


Andiamo avanti nella lettura: 
"Senza contare gli almeno 350-400 miliardi di euro che il nostro Paese dovrebbe pagare immediatamente perché in enorme deficit nel Target 2, il sistema di pagamenti delle banche centrali dell’eurozona. Fino alla prospettiva della stessa disgregazione dell’Unione monetaria."
1) "dovrebbe pagare", dove sta scritto? In base a quale legge, articolo, comma, interpretazione. Oppure a quale regolamento, accordo? Citiamo le fonti, per favore, parliamone.  2) "immediatamente", ma dove sta scritto? Ma perché mai! 3) "enorme", guarda le cifre, là sopra (e, poi, quelle più sotto).
Nei due anni di negoziazione previsti per l'uscita dall'Ue, tutto si discute, nulla è definito. Così ci dice l'articolo 50. 
Inoltre, Enrico (a proposito: ti dispiace se ti do del tu? Lo faccio perché ti voglio bene, e rispetto la scintilla divina che è in te) voglio rassicurarti, condividendo un'informazione importante (un fatto, non un opinione): a fronte di 350-400 mld di passivo che Banca d'Italia ha su Target 2, nel bilancio di Banca d'Italia  ci sono ATTIVI più che sufficienti a coprire ogni passivo, per un totale di oltre 900 mld! Controlla i fatti di persona, non ti fidare di me: ecco il link al bilancio. Di cosa davvero dovremmo avere paura, se non di informazioni parziali, che finiscono poi per "coltivare", la paura?

Avanti! (dicevano, una volta, i socialisti.. che fine hanno fatto?); avanti col testo.
"Scogli insuperabili, prospettive sudamericane che nessuno vorrebbe vivere sulla sua pelle. Ma facciamo un piccolo esercizio d’accademia per capire come sarebbe l’Italia nella fantascientifica ipotesi di un ritorno alla lira, pianificata e composta anche se organizzata all’improvviso per non creare crisi di liquidità (come prevedeva il “piano B”).
Facciamo un gioco: cercale tu, amico lettore, le parole che mettono paura, senza essere documentate. Sono sicuro che dopo un po' d'esercizio (o d'accademia), ti saltano agli occhi (puoi segnalarle nei commenti, se ti va). 
Io mi concentro sulle risposte.
Dice Enrico:
Uscire dall’euro: cosa succede all’inflazione
Libera dai vincoli comunitari, Bankitalia inizierebbe a stampare selvaggiamente moneta per sostenere il debito pubblico. Con un primo importante risultato: ritorneremmo all’inflazione a doppia cifra, quella che chi ha i capelli grigi ha già toccato con mano negli anni Settanta e Ottanta (quando sorpassò il 21%). Il caro vita farebbe volare i prezzi dei generi di consumo, schiacciando a terra il potere d’acquisto degli italiani, come potrebbero agevolmente raccontare i poveri venezuelani che pagano una sigaretta circa il 12% del loro stipendio minimo mensile . I prezzi di generi alimentari e materie prime importate andrebbero infatti alle stelle.

Prima informazione: quando l'inflazione, in Italia, era al 21%, io mi sono comprato casa con lo stipendio di un neoassunto. Mio figlio, oggi, se lo scorda di potersi pagarsi pagare un mutuo con lo stipendio. Seconda informazione: il 21% è su base annua (100, dopo un anno, valgono il 21% di meno, quindi 79). L'inflazione di certi stati, come il Venezuela o lo Zimbawe, si misura su base mensile, settimanale. Nella Germania di Weimar, addirittura su base giornaliera. Il che vuol dire che 100, dopo un anno, valgono zero! La vedi la differenza? Non sono situazioni confrontabili. Perché allora ci spaventiamo inutilmente con questi paragoni fuori luogo, che non stanno né in cielo e né in terra? Terza informazione. C'è troppa moneta, in giro (l'avresti mai detto?): ma circola male. Oggi questa moneta in eccesso, alimentata dal "Quantitative easing" delle banche centrali, produce "inflazione degli investimenti finanziari" (che, in parole povere, sarebbe la bolla speculativa). Chiedete agli amici del Sole 24 ore, se ne sanno qualcosa, ma chiedeteglielo in inglese, che sono più a loro agio: chiedetegli dell'asset inflation; cos'è, dove se ne parla, cosa si fa per contrastarla, chi se ne occupa? A chi fa comodo? Quarta informazione: Troppa moneta, vuol dire che oggi non è necessario stampare nessuna singola moneta in più: bisogna invece far circolare quella che c'è, dove serve disperatamente: nel mondo dell'economia reale (Imprese che investono e producono, lavoratori che producono e guadagnano, famiglie e Stati che investono e spendono). Il mondo della finanza speculativa non riesce a farlo (forse, perché non vuole farlo? Non so, ma ti invito a porti la domanda). Quinta informazione, importante, definitiva: l'inflazione è figlia di due elementi: 
1) è figlia dei soldi in tasca a chi vuole spendere, ed oggi ce ne sono talmente pochi, che in Italia non si riesce neppure a far salire l'inflazione al consumo verso la meta che pure è stata ufficialmente programmata dalla BCE. Si sono impegnati a farla salire verso il 2%, e pare che, dopo anni e anni di tentativi, proprio non gliela fanno a raggiungerla!  Lo sapevi che oggi, con una inflazione all'1,5%, siamo al di sotto del 25% rispetto all'obiettivo programmato? Lo vedi quanto sono incapaci questi signori dei mercati, che poi ci giudicano? Quindi sì, hai capito bene: l'inflazione in Italia è TROPPO BASSA; scusa se lo "strillo", ma il silenzio, a riguardo, è assordante. E' dovere delle autorità farla salire. Perché l'inflazione, amico mio, può essere indice di vitalità economica, si accompagna alla piena occupazione, permette ai debiti (altrimenti ingestibili) di essere gestiti. Le insegnano queste cose, alla Bocconi?
2) l'inflazione è anche figlia del potere che hanno alcuni soggetti di alzare i prezzi.Questi soggetti sono: chi produce, e chi commercia. Se l'inflazione dovesse salire oltre una soglia accettabile, si interviene nelle inefficienze del sistema produttivo e distributivo, e si stronca. Se non basta, si interviene direttamente sui prezzi (si, hai capito bene: se le cose non vanno, lo Stato interviene nell'economia. Ha il dovere costituzionale di farlo). Ripeti con me: " i mercati, non meritano la nostra fiducia: lo Stato deve intervenire".
Ancora dal testo
Uscire dall’euro: cosa succede a stipendi e pensioni 
Il carovita rappresenterebbe insomma una colossale tassa patrimoniale sul collo degli italiani, soprattutto quelli con entrate fisse, facendo a pezzi il potere d’acquisto di stipendi e pensioni. Sempre che gli stipendi esistano ancora, poiché l’impennata dei costi di finanziamento delle aziende manderebbe al tappeto investimenti e imprese stesse, con il risultato di far impennare la disoccupazione . Della nuova lira ipersvalutata, infatti, incasserebbero qualche misero vantaggio solo le imprese che esportano prodotti a basso valore aggiunto , le quali comunque dovrebbero fare i conti con la perdita del potere d’acquisto delle famiglie italiane e la crisi dei consumi (ma anche con la necessità di adeguare gli stipendi alla corsa dell’inflazione, problema attuale del presidente argentino Macri ). Chiunque desideri raccogliere capitali sui mercati internazionali a tassi accettabili, probabilmente sposterà l’azienda all’estero.
Aridaje: te lo dico così, un po' forte, Enrico, così ti rimane impresso: "non ce ne frega un tubo, dei capitali esteri, perché abbiamo i nostri, e li useremo per creare lavoro e pagare buoni stipendi. Non è forse con il lavoro che si crea la vera ricchezza?"

"Uscire dall’euro: cosa succede a immobili, mutui e bollette
Anche i mutui immobiliari, dovuti a banche che probabilmente sarebbero state in buona parte nazionalizzate per garantirne la sopravvivenza, esploderebbero per l’effetto inflazione, per l’effetto tassi ma anche per l’effetto cambio:essendo stati stipulati in euro, diventerebbero sempre più cari perché la nuova lira difficilmente riuscirebbe a mantenere il passo con la vecchia moneta unica, resa forte dalla presenza della Germania nell’unione monetaria.
Stendiamo un velo pietoso sul capitolo bollette, visto che non siamo autosufficienti dal punto di vista energetico e che comprare elettricità e gas sui mercati esteri, con una lira svalutata, costerebbe un capitale (che poi finirebbe nelle bollette)."
Studiare il principio internazionale della lex monetae, è utile: ci dice che in caso di uscita dall'euro, i contratti (mutui compresi) vengono denominati da subito nella nuova moneta (in lire, ad esempio) e non possono risentire quindi di un problema di svalutazione. Fra l'altro, considerando i differenziali di inflazione, che sono favorevoli all'Italia, nel confronto con i partner europei (lo sapevamo tutti?), e considerati i surplus commerciali (sono in attivo, lo ricordiamo?), il rischio è opposto: la lira rischia di rivalutarsi, per mettersi in linea con i buoni fondamentali. Sempre ammesso, naturalmente, che in caso di uscita l'Italia dovesse scegliere di "lasciar fare ai mercati" pure sul cambio. Informazione: il paese al mondo che ha il più clamoroso successo economico e commerciale, la Cina, se ne guarda bene dal lasciar fluttuare il suo cambio. Quindi, tu, ripeti con me: "noi non ci fidiamo più dei mercati finanziari, e vogliamo che lo Stato, quando serve, intervenga con decisione nell'economia".
Ultimo sforzo, sul testo.
"Uscire dall’euro: cosa succede a risparmio e investimenti
Anche i titoli di Stato perderebbero rapidamente valore, divorati dall’inflazione, mentre ovviamente il debito pubblico italiano diventerebbe sempre più difficile da collocare, con i mercati in grado di imporre tassi d’interesse enormi per prestare soldi all’Italia della nuova lira. Una valuta a livelli di fragilità simili a quelli del peso argentino e della lira turca , in caduta libera proprio nelle ultime settimane. Diventeremmo insomma un Paese emergente, in un triste tango a braccetto con Buenos Aires."
Ancora co 'sti mercati ???
Allora sei de coccio, Errì! 

Oppure, per caso, qualcuno ti ha suggerito forse di mettere un po' di inutile paura ai risparmiatori italiani, che stanno pensando seriamente di comprare titoli di Stato italiani?
Ma no, dai, facciamo sul serio: ripetilo anche tu, Enrico Marro. Strillalo e scrivilo con me e con tutti noi, a voce alta: "io non mi fido più dei mercati finanziari". Raccontacelo, che quei mercati, in fondo, anche a te, stanno straziando il cuore, quando ti spingono a scrivere contro il tuo desiderio, contro la tua coscienza, cose che non ci posso credere, che rappresentano davvero il tuo pensiero. Ti sentirai meglio, te lo giuro, e non ti sentirai più solo. Non ti sentirai più così "prigioniero" di questi maledetti mercati speculativi che ci sono entrati con prepotenza dentro la vita, dentro il pensiero, e ci fanno stare male.

Liberiamocene. 


Insieme.


Sarà bello! 

mercoledì 3 ottobre 2018

LO SPREAD A 300

Ci risiamo: spread in tensione.

L'idea alla quale lavora il Governo, di offrire ai cittadini italiani i CIR (Conti Individuali di Risparmio) ed altri titoli di stato "pensati per i risparmiatori", è buona, va nella direzione giusta: contrasta lo spread fino ad eliminarlo una volta per tutte; difende il risparmio delle famiglie italiane; abbatte il costo del debito; favorisce l'uso dei crediti fiscali.

Ma, attenzione: va a regime nei primi mesi del 2019, mentre lo spread sale ORA, minaccioso, e bisogna fare qualcosa da subito.
La storia, molto recente, ci insegna che qualcuno interessato a fare "shopping" a buon mercato in un Paese "in fallimento", si trova sempre. C'è qualcuno che dispone (perché lo abbiamo "lasciato fare") di strumenti "derivati" adatti a sollecitare anche impropriamente i prezzi dei mercati finanziari (come è già accaduto in Grecia, come è già accaduto in Italia) e può quindi soffiare sul fuoco dello spread. C'è qualcuno, infine, ed è bene chiarirlo, che è ben consapevole del fatto che le soluzioni alle quali sta pensando il Governo sono efficaci. Quegli interventi distruggono una volta per tutte l'arma impropria dello spread, annientano i benefici economici ingiustificabili di cui i mercati internazionali hanno goduto finora: non potranno più comprare titoli italiani dai rendimenti eccessivi, non potranno più comprare pezzi di Italia a prezzi stracciati.
Ricordiamoci, per favore, che siamo in bilico su un crinale molto pericoloso, con le agenzie di rating (soggetti privati che la storia ci insegna essere propense a clamorosi errori di giudizio) pronte a premere il grilletto del declassamento dei nostri titoli di stato a "titoli spazzatura".

Come intervenire.
Il 15 ottobre scadono 12 miliardi di BTP che devono essere rinnovati. Il 1 dicembre altri 18 mld. Totale 30.
Il costo per rinnovarli, alle attuali condizioni di mercato sale oltre il 2-2,50% anche se sono titoli a durata breve: 3 e 5 anni. Controlla qui, in tempo reale, i rendimenti netti dei BTP sulle diverse scadenze. Guarda che poi quel costo resta fisso per lo Stato per tutti gli anni della durata del titolo. 
N.b.: 2% è un tasso più alto dell'inflazione, che è attualmente in Italia intorno all'1,5% (controlla qui, su Istat). E' quindi un TASSO REALE POSITIVO, che fa salire nel tempo in maniera meccanica il peso complessivo del debito pubblico! Il "peso" del debito sale per il solo passare del tempo, quando i tassi nominali sono più alti dell'inflazione.
Pagare sul debito pubblico tassi reali che sono diventati strutturalmente positivi è una scelta suicida: rende la cosa matematicamente ingestibile. Ci avvita in un genere di percorso che ogni strozzino conosce bene: tu non ce la fai a ripagare, quindi mi dai le tue cose. 
Fra il 12 ottobre ed il 30 novembre scadono 24 mld di BOT e 10 mld di CCT, che attualmente comprano le banche ed hanno rendimenti (cioè un costo per lo Stato) prossimi a zero-leggermente negativi.
Se il Tesoro si pone l'obiettivo di dimezzare l'offerta di BTP, da 30 mld in scadenza a soli 15 di nuove emissioni, sostituendoli con maggiori emissioni di BOT e CCT, ottiene questi possibili risultati:

1) lo Spread scende, meccanicamente, per la banale legge della domanda e dell'offerta: se offriamo agli investitori meno titoli di quanti non sarebbero interessati a comprarne, si dovranno accontentare di un tasso più basso. Il che comporta un minor costo su 15 miliardi da emettere e, soprattutto, spezza le gambe a coloro che vogliono agitare lo spettro dello spread per condizionare le scelte politiche (quanto vale? Quanti trilioni di fantastiliardi vale, la libertà?).
2) Se scendono i rendimenti, vuol dire che salgono i prezzi, e ci guadagnano le banche che hanno 1500 miliardi in portafoglio di vecchie emissioni di BTP. Fra queste, le banche italiane, che ne hanno acquistati negli ultimi anni, quasi 400 mld. Anche le banche ci guadagnano, quindi, mentre scendono i costi per lo stato (i miracoli della finanza!). Nota bene: è importante che le banche italiane non siano affogate dalla svalutazione dei BTP in portafoglio, perché le grandi banche d'affari nel mondo sarebbero stra felici di venirsele a comprare a due soldi, nel momento di difficoltà, soprattutto se riescono (come è successo in passato) a convincere lo Stato a "sanarle", prima di svenderle. Mi sa che con questo Governo il giochino, per loro, non funziona più.
3) Alzando di soli 0,05 - 0,15% il rendimento dei BOT rispetto agli attuali, si aumenta il costo per lo Stato su 24 miliardi, è vero, ma di poco e solo per il breve termine.
Ad ogni modo, è un tasso nominale che resta abbondantemente al di sotto dell'inflazione: è un tasso reale negativo, che con il solo passare del tempo alleggerisce il peso del debito. Quindi, per sua natura, sostenibile. Tanto sostenibile, che si potrebbe pensare a re introdurre il BOT a tre mesi, come c'era una volta. Sia per far fronte a queste esigenze immediate, sia in prospettiva: per andare incontro ai desideri delle famiglie risparmiatrici, che non amano vincolare il risparmio per durate lunghe, ed adorano il BOT a tre mesi. Fatto ora, consentirebbe di attirare rapidamente la liquidità interbancaria, che è alla disperata ricerca di rendimenti accettabili, e quindi di sostituire i 15 miliardi di BTP non messi in rinnovo. 
N.B. Le aste dei BOT avvengono prima di quelle dei BTP, il che consente di adattare gli importi delle aste dei BTP, che vengono dopo pochi giorni, al risultato conseguito sulle aste dei BOT, senza dover fare salti nel buio.
Inoltre, con l'occasione, si possono sperimentare i primi "trattamenti privilegiati" a favore dell'operatore famiglia, con emissioni dedicate, da veicolare sulle banche pubbliche, volti a saggiare il terreno e predisporlo per gli interventi più strutturali del prossimo anno.

Il 1 novembre scadono e devono essere rinnovati 10 mld di CCTeu. Un CCT è un Certificato di Credito del Tesoro che ha una durata lunga (5-7 anni) ed un tasso che varia ogni sei mesi. Nati per le esigenzee delle famiglie risparmiatrici, offrono un rendimento un tantino più alto del BOT, in cambio di una scadenza più lunga. La circostanza che il tasso segue nel tempo l'andamento dell'economia e dell'inflazione, fa sì che il loro prezzo non varia nel tempo, se non minimamente: non sono rischiosi come i BTP.

Cosa vuol dire quel suffisso "eu", che appare da qualche tempo sui CCTeu? Vuol dire che sono stati trasformati e resi adatti alle esigenze degli investitori istituzionali di tutto il mondo, stranamente ritenuti più meritevoli delle famiglie italiane. Perché sia stato scelto proprio il suffisso "eu" per spiegare che sono ora adatti ai desideri degli speculatori internazionali è forse un lapsus freudiano, ma la realtà resta questa: i vecchi CCT erano indicizzati ai rendimenti dei BOT, quelli dei CCTeu sono indicizzati al tasso dei depositi interbancari, che per gli investitori sono più comprensibili e gestibili. Peccato, per noi, che quei tassi siano anche "manovrabili" dalle banche private che lo determinano, come la storia, e più di un procedimento giudiziario, dimostrano. Se il tasso interbancario "sale" giusto quel giorno in cui si stabilisce il costo della cedola per tutti i prossimi sei mesi, qualcuno guadagna per sei mesi, noi paghiamo, più del necessario.

Veniamo a noi, e a cosa fare per il 1 novembre.
Proviamo ad emettere CCT (senza eu), indicizzati ai rendimenti dei BOT, cui si aggiunge il piccolo premio per la maggiore durata, e proviamo ad invertire i meccanismi dell'asta per il loro collocamento: si offre un rendimento allettante (senza esagerare, allettante il giusto) e si vede quanti mld arrivano. Si accettano scommesse: molti di più dei 10 mld in scadenza. Perché tanta fiducia? Il motivo è semplice: se l'intenzione è quella di riportare i BOT nei portafogli delle famiglie italiane, facendo salire i rendimenti nominali al di sopra dello zero (oggi sono sotto zero), ed i CCT sono indicizzati ai BOT, i rendimenti futuri dei CCT sono destinati a salire, pur rimanendo sotto l'inflazione. Bisogna affrettarsi a comprarli ora.

Se poi il Governo ci fa una buona pubblicità, e trova il modo di "indirizzarli" alle famiglie, fa cosa buona e giusta. Io me li compro subito, e li consiglio agli amici.
La liquidità che dovesse arrivare in eccesso viene usata, al bisogno, per comprare sul mercato quei BTP che qualcuno potrebbe avere la voglia di "svendere", in questi giorni. Si scelgono quelli con cedole alte e scadenze lunghe, in maniera da abbattere più rapidamente i costi per lo Stato.

Poi, nel 2019, soluzioni strutturali.

E addio spread.