ISTRUZIONI PER L'USO

IL TALLONE D'ACHILLE è pensato per scrivere libri, direttamente su questo blog. Qui comincia l'Eredità di Michele, l'ultimo scritto. Il precedente è stato interrotto, si vede che doveva maturare. Qui trovate IL primo LIBRO, col suo indice ed i post che lo compongono.
I "libri" raccolgono commenti, critiche e suggerimenti di chiunque voglia partecipare con spirito costruttivo. Continuano un percorso iniziato con le Note scritte su Facebook , i cui contenuti sono ora maturati ed elaborati in una visione d'insieme, arricchiti da molti anni di esperienze diverse e confronti con persone diverse.

I Post seguono quindi un percorso logico che è bene conoscere, se si vuole ripercorrere il "discorso" complessivo. Naturalmente è possibile leggere singoli argomenti ai quali si è interessati. Argomenti spot - che spesso possono nascere dall'esigenza di commentare una notizia - saranno trattati in pagine dedicate.

Buona partecipazione!


giovedì 27 settembre 2018

I "CHIARIMENTI" DI CARLO COTTARELLI SULLE ASTE DEI TITOLI DI STATO

Finalmente si inizia a parlare di cose interessanti, e concrete.

Recentemente è venuto alla ribalta il tema dei meccanismi d'asta con i quali il Tesoro italiano colloca i titoli di stato presso i risparmiatori italiani (che ne comprano pochissimi) e presso gli investitori internazionali (che si prendono invece la parte del leone). (Intanto, iniziamo a riflettere: se i professionisti fanno a gara per comprarli, i titoli italiani, perché a noi nessun professionista ce li consiglia?)

A fine agosto un trafiletto su MF viene ripreso e commentato da Maurizio Blondet in questo articolo: "La Bundesbank non ha fatto il divorzio".


In sintesi.  L'art 123 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea vieta alla BCE ed alle banche centrali nazionali di finanziare gli stati, e quindi di comprare i titoli governativi nel momento dell'emissione. 

Detto per inciso: nelle operazioni di Quantitative Easing, BCE e banche centrali nazionali acquistano titoli di stato solo sui mercati secondari, producendo effetti strampalati. Ci fa notare Giovanni Zibordi (lo trovi qui) che gli investitori che vendono titoli alle banche centrali usano metà di quella liquidità per comprare titoli di paesi esterni all'Unione europea. Cioè: la BCE, che ha il divieto di finanziare gli stati europei, finanzia indirettamente il resto del mondo! Complimenti.

Torniamo a noi. Cosa fa la banca centrale tedesca che desidera aiutare il suo governo ma non può? Usa un accorgimento tecnico. Quando il mercato non assorbe tutte le quantità emesse alle condizioni stabilite dal Tesoro tedesco, Buba interviene a "raccogliere" la parte invenduta (non mi è chiaro con quale modalità, se compra o prende in prestito, ma approfondiremo e comunque non cambia la sostanza) e la "rivende" sul mercato secondario nei giorni successivi. Fa da tramite. E'come se prolungasse la durata dell'asta fino al momento in cui il mercato non si arrende all'idea che, se vuole titoli tedeschi, se li prende alle condizioni stabilite dal governo tedesco. Il che , bada bene: è cosa buona e giusta. Anzi, sacrosanta! La cosa sbagliata, sbagliatissima, che sarebbe "stupida" se non fosse in realtà "criminale", è quella di aver previsto nell'art 123 del Trattato europeo il divieto della banca centrale di aiutare lo stato. I tedeschi, pragmaticamente, lo aggirano. Fanno bene. Magari, certe cose, andrebbero fatte alla luce del sole, "coordinandosi" con tutti gli altri. Ma, sai, il "contesto competitivo" previsto dai trattati... (leggi: mors tua, vita mea, che tradotto dal latino all'inglese si legge: spread).

L'argomento è ripreso da F. Dragoni e A. M. Rinaldi con questi articoli apparsi nei giorni seguenti su Scenari economici: il 4 settembre e successivo approfondimento di Rinaldi del 10 settembre che mettono l'accento su aspetti importantissimi ma meno discussi della famosa lettera dell'81 inviata da Andreatta alla Banca d'Italia, che hanno a che fare appunto con i meccanismi del collocamento. 


L'argomento comincia ad avere una certa risonanza. 

Il 7 settembre interviene anche Giovanni Passali su "Economia e Finanza". Bene. Che le cose si sappiano.

l'altro aspetto importante, che emerge con chiarezza, è che in Germania i meccanismi d'asta sono diversi da quelli che usa il Tesoro italiano. In Germania il tasso di rendimento "soglia" (cioè massimo) è stabilito dal governo. Ogni investitore partecipa facendo offerte inferiori a quella soglia, e ognuno riceve i titoli con il rendimento che lui stesso ha indicato (più basso della soglia). L'intervento della Bundesbank serve appunto a garantire il Tesoro dall'eventualità che il mercato non copra tutto il fabbisogno. 

In Italia, invece, succede il contrario: il Tesoro stabilisce le quantità (il fabbisogno, di cui non può fare a meno), ed il mercato stabilisce il prezzo. L'asta si chiama "marginale", perché il rendimento marginalmente più alto è attribuito a tutti i partecipanti (la maggior parte dei quali, nota bene, si sarebbe accontentata di un rendimento più basso), aggravando evidentemente i costi per lo Stato.

Se ti stai indignando, per il "regalo" che il Tesoro italiano sta facendo agli speculatori internazionali, che poi lo dobbiamo pagare noi con le tasse e con i sacrifici, fai proprio bene! 

Eppure qualcuno non si indigna per nulla. Anzi: ci segnala, pacatamente, che tutto è regolare e forse ci siamo semplicemente confusi. L'11 settembre Carlo Cottarelli scrive in questo articolo "alcuni chiarimenti" su facebook

Vediamoli in dettaglio. 

Partiamo dalla prima affermazione dell'articolo che commenta i precedenti, piuttosto decisa: "Questa notizia è falsa". dice C. Cottarelli. E sarebbe falsa, perché "la Bundesbank non compra i titoli di stato". Vedi sopra: se li compra o li prende in prestito, o li parcheggia nel cassetto, la sostanza non cambia, e la cosa è talmente evidente che C. Cottarelli stesso si lascia sfuggire la parolina magica, subito dopo:  "la Bundesbank si occupa soltanto di rivenderli gradualmente sul mercato secondario per conto dello Stato". Mi piacerebbe molto sapere se la Bundesbank, nel frattempo, "anticipa" in qualche modo la liquidità nelle casse dello stato tedesco (che, formalmente, rappresenterebbe una palese violazione della norma). Non credo, ma non lo so, e non è neppure così importante. Non ci deve interessare scoprire colpe tedesche, amici miei italiani, quanto scoprire l'imbecillità tutta nostrana di un paese straricco che si è ridotto a farsi prestare i soldi dagli speculatori di tutto il mondo. Un po' per errori del governo, e un bel po' anche per l'illusione, tutta nostra, di poter "fare soldi con i soldi" comprando con il nostro risparmio dei "prodotti per l'investimento finanziario" (che ci vengono proposti in maniera non del tutto legittima! Maniera sulla quale la Consob non interviene, non sa intervenire, non vuole intervenire, non lo so ma so che non interviene in maniera efficace), anziché comprare titoli della nostra Res Pubblica.

Torniamo alle aste, però, ed ai "chiarimenti".

Cottarelli difende l'asta marginale (quella che regala a tutti gli speculatori internazionali il tasso più alto), con queste parole, che riporto integralmente perché non saprei come sintetizzare:
"Si potrebbe pensare che il sistema dell’asta competitiva sia necessariamente migliore per il venditore perché fa incassare più soldi: se io ero disposto a pagare 100,5 e invece pago il prezzo dell’acquirente marginale (100,1) lo Stato ci perde. In realtà non è necessariamente così. Il motivo è che nel fare le offerte i potenziali compratori tengono in considerazione il sistema d’asta. Se so che l’asta è non competitiva, sarò indotto ad offrire un prezzo più alto nella speranza che, comunque, finirò per pagare un prezzo più basso, quello del compratore marginale. In generale, quindi, l’offerta aumenta con l’asta non competitiva ed è anche per questo che in Italia (al contrario che in Germania dove si usa l’asta competitiva) le aste dei titoli di stato presentano spesso una domanda ben superiore all’offerta, riducendo fra l’altro il rischio che un’asta non riesca a piazzare tutti i titoli in vendita, cosa che per il nostro paese potrebbe essere presa male dai mercati."

Con uno sforzo esegetico, arriviamo però al nocciolo della questione, che è tutto nel concetto finale: se lo Stato italiano non riesce a piazzare tutti i titoli in vendita, la cosa potrebbe essere "presa male dai mercati". Per questo è "consigliabile" l'asta marginale. 

E su questa "filosofia", drammatica, ci soffermiamo un attimino. 

Se io Stato italiano, che non ho più il potere di "stampare moneta", ho deciso (per scelta non obbligata), di chiedere in prestito i soldi che mi servono solamente agli speculatori internazionali, anziché farmeli prestare dai miei figli, dalle famiglie risparmiatrici italiane, che hanno un risparmio finanziario (cioè: soldi) tale da finanziare due volte il debito pubblico, mi sono messo da solo un cappio al collo. Mentre il risparmio delle famiglie è "distratto" dal sistema finanziario internazionale, che finanzia tutto tranne che le cose che servono, io sono diventato "dipendente" (addicted, drogato) dai finanziamenti dei mercati. E' allora, e solo allora, che diventa vero quanto afferma Cottarelli: di quei mercati, che sono diventati nostri padroni, debbo meritarmi la fiducia. Non posso più nemmeno permettermi il lusso che non soddisfino tempestivamente il mio "fabbisogno" o che "prendano male" una asta competitiva, anziché marginale. 

L'asta marginale, quella dove lo Stato paga di più, è necessaria quando lo Stato ha paura di non trovare finanziamenti a sufficienza.

La domanda da porsi è: perché noi italiani, che siamo ricchissimi, dobbiamo aver paura di non trovare i soldi?

Morale della favola: se l'asta marginale, che "regala" soldi pubblici alla speculazione internazionale di cui abbiamo scelto di essere schiavi non ci piace, e la vogliamo cambiare, dobbiamo cambiare politica di gestione del debito pubblico, cambiando completamente il soggetto a cui rivolgerci. Meno speculazione internazionale, più risparmio italiano.

In attesa, certo, di poter ridiscutere alla radice quelle norme dei Trattai europei che sono dannose per tutti tranne che per gli speculatori mondiali (che, infatti, continuano ad arricchirsi). Non posso farlo oggi che ho un cappio al collo! Chiaro, no?

Come va cambiata la politica di gestione del debito pubblico? Tornando a "favorire" nel collocamento dei titoli di stato le famiglie italiane risparmiatrici, offrendo loro prodotti più adatti alle loro esigenze, e modificando di conseguenza i meccanismi d'asta, con beneficio per tutti.

Qui, in questo video che riprende la conferenza del 21 settembre organizzata da Sovranità Popolare su questo tema, trovi molti suggerimenti pratici, per raggiungere lo scopo, che sono stati anticipati in questo documento dell'Ufficio Studi della Confederazione per la Sovranità Popolare.





mercoledì 5 settembre 2018

NON RESTIAMO A GUARDARE

Le Riforme Strutturali che "i mercati" vogliono imporci portano disoccupazione, povertà, insicurezza crescente per le popolazioni, a fronte di benefici per élite sopra nazionali sempre più ristrette e potenti. 

Il Popolo italiano desidera invece Riforme Solidali, che mettano in sicurezza il paese abbandonato al degrado; che creino buone occasioni di lavoro per coloro che lo desiderano; che offrano sostegno solidale a chi ne ha bisogno. E' così che si favorisce la crescita individuale ed il progresso collettivo, non solo materiale.

Tenendo presenti i vincoli attuali, evitando conflitti inutili, ma con il chiaro fine ultimo di restituire alla dimensione politica la piena responsabilità di modellare il nostro comune destino in linea con il nostro comune sentire, dobbiamo agire in campo finanziario, oggi, in tre direzioni. 

INTERVENTI FINANZIARI URGENTI

1) Smontare i meccanismi di ricatto che agiscono sul debito pubblico. Smontare cioè il "pilota automatico" che attiva la minaccia dello spread e del default governativo ogni volta che il Governo propone qualcosa nell'interesse del popolo e che contrasta con gli interessi degli investitori istituzionali.


2) Dotare il Governo di potere di spesa "aggiuntivo". Si diffonde la consapevolezza che solo un piano di investimenti orientato dalla spesa pubblica è in grado di eliminare la povertà, la disoccupazione, l'insicurezza. La voglia di più Stato nell'economia è quanto emerge nel post di Senso Comune, che richiama questo recentissimo sondaggio governativo (puoi scaricarlo dal sito e vedere il dettaglio).



3) Recuperare il pieno controllo del sistema dei pagamenti. Tema scabroso e importante: consiglio di approfondire le premesse in questo articolo, che è semplice ed illustrato, e qui. Le banche dove sono depositati i risparmi degli italiani sono diventate private, spesso di proprietà estera e, avendo disintermediato il risparmio degli italiani, sono indebitate verso il sistema finanziario internazionale. Sono quindi soggette al rischio di "chiusura dei rubinetti" da parte della BCE e delle banche estere. Rischiamo seriamente di non poter ritirare dai bancomat i nostri soldi, come è già successo in Grecia, in Islanda, a Cipro.

La dipendenza dal debito estero ci toglie la libertà. Quello che si forma nel momento in cui i titoli di stato italiani sono venduti ad investitori stranieri, o nel momento in cui le banche residenti ottengono finanziamenti da banche estere. 

Ricordiamolo: questo debito non ha, attualmente, origine commerciale (non è causato da squilibri nell'interscambio commerciale, che è in attivo da anni). E' figlio solo della finanza.

Il sistema informativo ufficiale non ce ne parla, né lo misura, mentre insiste nell'indicare ossessivamente il debito pubblico quale causa di tutti i mali. 

Restituendo i titoli di stato italiani ai risparmiatori italiani, che dispongono di liquidità a sufficienza, svanisce la dipendenza dagli investitori istituzionali, evapora la minaccia dello spread e del default governativo. 

Quando poi il pieno controllo dell'emissione di moneta a corso legale sarà restituito alla responsabilità della politica, come diventa sempre più chiaro quanto sia giusto ed inevitabile, potremo dire a pieno titolo che: "l'ammontare complessivo dei titoli di Stato posseduti dai cittadini risparmiatori rappresenta la ricchezza finanziaria delle famiglie", e più sarà alto, maggiore la misura di questa ricchezza. Come era in Italia, fino al 1981. 

I titoli di stato italiani sono finiti nei portafogli degli investitori istituzionali, uscendo da quelli delle famiglie risparmiatrici, perché le forme del collocamento e la struttura dei titoli è stata modellata sulle specifiche esigenze dei primi, ignorando i bisogni dei secondi.

E' bene riflettere su queste diverse esigenze, partendo proprio dal distinguere un risparmiatore da un investitore. Distinzione, bada bene, tanto nota al legislatore che ha provveduto a differenziare le competenze di supervisione: Banca d'Italia sul risparmio; la Consob sulle attività di investimento.

Un risparmiatore è una persona che ha messo da parte una somma di denaro, destinata a spesa futura. Il motivo di fondo per cui una famiglia "risparmia" è quello della sicurezza. Così è stato educato il popolo italiano sin dal dopoguerra. Se il bisogno fondante del risparmio è quello della sicurezza, diventa chiaro, naturale e sacrosanto, che proteggere il capitale (anche dall'inflazione) è l'obiettivo principale del risparmiatore. Non a caso la Costituzione assegna alla repubblica il compito di tutelare il risparmio.

L'investitore è un soggetto diverso. 
Ha l'obiettivo di ottenere dal proprio risparmio rendimenti superiori ed è (in teoria) consapevole che, in cambio di quella "possibilità", deve essere disposto a correre il rischio di perdere non solo gli interessi, ma anche il capitale. Maggiore è il rischio finanziario, maggiore la possibilità di ottenere rendimenti elevati, ma anche quella di perdere parte del capitale investito. Arriva così un necessario contenuto di alea, di incertezza, di scommessa.

Quadro riassuntivo

Risparmiatore     rendimento basso     rischio basso

Investitore   rendimento forse più alto      rischio alto

I problemi si verificano quando intervengono soggetti che investono professionalmente sui mercati il risparmio di altri. Direttamente, in quanto delegati alla gestione, o indirettamente, attraverso consigli e proposte. 

C'è un conflitto di interesse insanabile in un professionista che guadagna commissioni tanto più elevate quanto più rischioso è l'investimento "fatto in nome e per conto di", o "consigliato a" soggetti diversi. I quali soggetti diversi, mentre sono certamente attratti dalle possibilità di guadagni elevati, tendono irrimediabilmente a sovrastimare le possibilità, e sottostimare i rischi, non potendo essere in grado, proprio in quanto non professionisti, di misurarle e comprenderle correttamente.

Nè più e né meno di quanto avviene nel parallelo mondo dei gratta e vinci e delle slot machine, ove la strutturale incapacità di valutare correttamente le probabilità è dimostrata da impietosi studi scientifici. Finisce per seminare patologie e disperazione, mentre i furbi si arricchiscono (e lo Stato, vergognosamente, incentiva, anziché disciplinare e contenere).

Aggiungiamo il "modello competitivo", che obbliga i professionisti a vivere di risultati, o morire, e si capisce perfettamente come diventi possibile che quasi tutti i "risparmiatori", per natura refrattari al rischio, si ritrovino trasformati, firmando moduli incomprensibili, in "investitori" incalliti. Il tuo "personal banker" è pagato per questo. 

Nessuno ci fa caso, a queste follie, fino a quando tutti i mercati, mediamente, salgono. E tutti i mercati finanziari continueranno a salire, fino a quando saranno alimentati dalla creazione di moneta da parte delle banche centrali svincolate dalla politica, e finché il sistema finanziario privato avrà interesse (incentivato dai regolamenti "prudenziali") ad incanalare sia quelle risorse che quelle dei risparmiatori, verso titoli e derivati, piuttosto che nell'economia reale. Non è sostenibile! E che la bolla sia destinata a svanire nel nulla è evidente a chiunque mantenga un granello di capacità di osservazione sul divario crescente fra l'economia che ristagna ed i mercati finanziari che salgono; fra pochi che diventano sempre più ricchi, e troppi sempre più poveri. 

E' tempo, dunque, di attivare il buon senso, e di responsabilità condivise. 

Obiettivo nr.1 : riportare i titoli di stato italiani nei portafogli delle famiglie risparmiatrici italiane.

Quando si impiega il risparmio in una qualunque forma che non sia il salvadanaio privato, succede questo (è importante capirlo):

- al risparmiatore resta un potere di spesa, sebbene rimandato nel tempo; 

- a chi fornisce lo strumento di impiego, resta la disponibilità di quelle somme liquide.

Facci caso. Quasi nessuno si pone mai la domanda, che invece è importante: dove finisce la disponibilità delle mie somme liquide, quando compro un "prodotto per l'investimento" o quando semplicemente la lascio in banca?

Domanda importantissima in un paese in cui ben 4200 miliardi di risparmio delle famiglie italiane sono orientati nelle scelte dal sistema finanziario sopra nazionale, che porta quella liquidità dove vuole, traendone beneficio, senza mai consigliare titoli di stato italiani, quando poi è lo stesso sistema finanziario che fa arrivare col contagocce la propria liquidità allo Stato italiano, pretendendo condizioni esagerate e ricattandolo nelle scelte politiche.

Salta agli occhi che indirizzando anche una piccola parte del risparmio delle famiglie verso i titoli di stato, resi naturalmente sicuri e convenienti, lo Stato spenderebbe molto meno, le famiglie otterrebbero condizioni migliori e meno rischiose di quelle che la finanza privata offre, e l'Italia si libera dalla minaccia/ricatto dello spread e del default, ampiamente illustrata nel precedente articolo Venti di Guerra.  


Due soli strumenti permettono al risparmiatore privato di impiegare la liquidità in attività non rischiose: 

- un deposito presso una banca pubblica, garantito dallo Stato. 

- un titolo di Stato con le seguenti caratteristiche: scadenza a breve termine a tasso fisso, oppure scadenza più lunga ma a tasso variabile.

In questo momento, in cui è urgente sostituire i titoli di stato che arrivano a scadenza ma rischiano di non essere rinnovati da parte degli investitori istituzionali, è bene concentrare l'attenzione sul secondo strumento, facendo incontrare l'interesse del risparmiatore privato con l'interesse pubblico.

Vanno quindi offerti ai risparmiatori italiani, e adeguatamente pubblicizzati, titoli a breve termine o a tasso variabile che abbiano rendimenti attraenti, in grado di spostare, nell'immediato, le somme parcheggiate sui conti correnti, ma anche in grado di sostituire, nel tempo, i "prodotti per l'investimento" indebitamente proposti ai risparmiatori.

Sono adeguati i Buoni Ordinari del Tesoro (BOT), che hanno scadenza a tre, sei mesi ed un anno, che devono avere però un rendimento minimo positivo. Anche adatti i Certificati di Credito del Tesoro (CCT), che hanno scadenze da tre a sette anni ma rendimento variabile, indicizzato al BOT semestrale. Il rendimento variabile assicura che, in caso di vendita prima della scadenza, non si corrono rischi apprezzabili sul capitale.

Oggi i rendimenti dei BOT sono negativi (sotto lo zero) e quelli dei CCT prossimi allo zero. E' chiaro che nessun privato ha interesse a comprarli.

Per raggiungere lo scopo, si possono ipotizzare emissioni differenziate: 
- emissioni dedicate alle banche, che seguono canali e modalità ordinarie, i cui rendimenti continueranno ad essere legati alle politiche di gestione della liquidità e del tasso di interesse della banca centrale;
-  emissioni dedicate alle famiglie risparmiatrici, con rendimenti superiori, da collocare esclusivamente attraverso banche pubbliche, in grado di trasferire ai privati sottoscrittori tutti i benefici specificamente previsti dal Tesoro e dedicati al prenditore finale (il risparmiatore). 

Per i risparmiatori il beneficio può arrivare attraverso: un trattamento fiscale dedicato; un premio legato alla sottoscrizione; un premio legato al mantenimento fino alla scadenza e perfino, eventualmente, all'opzione di rinnovo. I tecnici del ministero sono senz'altro in grado di scegliere un ventaglio di soluzioni adeguate alle diverse preferenze dei risparmiatori, una volta che la politica abbia dato il chiaro indirizzo di privilegiarle.

I Buoni Poliennali del Tesoro (BTP) che hanno scadenza pluriennale (fino a trent'anni) ed il tasso fisso, rappresentano uno strumento che risponde esclusivamente agli interessi degli investitori professionisti, ma che rappresentano per lo Stato un costo necessariamente più elevato. Ricordi? Più rischio, più rendimento. Non sono adatti ad un risparmiatore, in quanto la possibilità di perdere il capitale, se venduti prima della scadenza, è elevata. 

Le quantità di BTP devono essere diminuite, a favore di nuove emissioni in titoli pensati per le famiglie. In questa maniera, oltretutto, si rende più attraente, per gli investitori, l'opportunità di acquistare sul mercato secondario quelli che restano, facendo così scendere lo spread. 

E' bene, soprattutto nei prossimi mesi caratterizzati da turbolenze sui mercati, pianificare una integrale sostituzione dei BTP in scadenza con nuove emissioni di BOT e CCT dedicate alle famiglie, adeguatamente pubblicizzate dal Governo. 

In ogni caso, è necessario modificare strutturalmente i meccanismi del collocamento di ogni nuova futura emissione dei titoli di stato, in quanto procedure e modalità attualmente in vigore sono pensate per privilegiare gli investitori istituzionali. 

In particolare: 

- modificare l'elenco degli operatori specialisti in titoli di stato, che oggi include quasi esclusivamente banche d'affari estere, sostituendolo con banche pubbliche: Cassa Depositi e Prestiti, Banco Poste, Monte Paschi Siena, e con le poche banche locali rimaste indipendenti; 

- eliminare dai meccanismi d'asta le scelte che regalano agli investitori istituzionali la possibilità di ottenere condizioni inutilmente vantaggiose (che altri paesi non si sognano di utilizzare, come ricordato in questo articolo), per evitare il grave danno ed i costi che paghiamo tutti noi;  

- invertire nelle aste dedicate alle famiglie il rapporto fra prezzo e quantità: oggi le quantità sono fisse, ed oscilla invece il prezzo, per garantire l'equilibrio. Questa scelta determina una condizione di perenne dipendenza dai capricci dei mercati. Considerato che le quantità di risparmio privato italiano sono decisamente eccedenti, rispetto alle necessità, è utile pianificare l'inversione, nel momento in cui si decide di spostarsi verso quella fonte. Il Tesoro fissa un prezzo, che rappresenta per il risparmiatore un rendimento conveniente, e raccoglie tutte le quantità offerte, che saranno tendenzialmente maggiori dei bisogni, mettendo al sicuro le future scadenze. 


Obiettivo nr. 2 : dotare il Governo di potere di spesa aggiuntivo. 

La politica italiana, anche se liberata dalle minacce dello spread e del default, resta ostacolata nel suo desiderio di investire di più, dagli scogli che i Trattati europei hanno messo sul cammino di qualsiasi Governo. L'emissione di moneta a corso legale è riservata alla BCE, che ha però il divieto di prestare soldi alla politica. Le manovre di bilancio non possono prevedere disavanzi superiori al 3%. Anzi, in ottica di fiscal compact, si dovrebbe arrivare ad avanzi obbligatori (n.b.: avanzi totali, non primari: gli interessi sono inclusi). 

Se vogliamo rilanciare lavoro e produzione, dobbiamo necessariamente capire un aspetto fondamentale della situazione presente che è fondata sulla libertà di circolazione di capitali e merci. 

Concentriamo l'attenzione. Oggi, dato il contesto competitivo, è necessario rinunciare a qualcosa. Se vogliamo tutelare la qualità dell'occupazione, rinunceremo alla quantità. Puntando esclusivamente alla ripresa economica, dobbiamo capire che questa potrebbe avvenire senza alcun aumento dell'occupazione. Come? Rendendo il lavoro sempre meno tutelato, si attraggono capitali esteri che vengono, appunto, se il costo del lavoro è sufficientemente basso ed elastico da consentire profitti, conseguibili vendendo la produzione in paesi esteri (all'interno, nessuno ha più soldi per comprare, con i salari in discesa libera). Questa cosa fa gridare al successo i neoliberisti, perché fa salire il PIL, il dannatissimo PIL che se la smettessimo di misurare saremmo immediatamente più felici e liberi di concentrarci sulle cose importanti. Mentre sale il PIL, può aumentare la disoccupazione e perfino la povertà. In questo articolo è dettagliato cosa sia il PIL ed è dimostrato quanto spesso possa andare in direzione opposta alla misura della povertà o del benessere. 

L'unico modo per rilanciare la produzione tutelando i lavoratori ed aumentando l'occupazione, è quello di puntare fortemente ad un programma di investimenti sostenuti, direttamente o indirettamente, dalla spesa pubblica.  

Detto questo, ci domandiamo: dove trovare le risorse per finanziare questi investimenti pubblici, sapendo che queste risorse non possono essere Euro ottenibili con le tasse (con una mano dai, con una togli, non vai lontano), e neppure con i prestiti (vietati dai trattati)?

Mettiti l'anima in pace: devi studiare i certificati di credito fiscale, o le monete complementari a circolazione volontaria.

N.b.: perfino se stai pensando: "meglio buttare tutto all'aria ed uscire dall'Euro e dall'Ue". Anche per raggiungere quel risultato, infatti, ammesso che sia desiderio condiviso, è necessario (ripeto: necessario, indispensabile, oltre che opportuno), aver predisposto, prima, le soluzioni alternative. E' davvero ingenuo ipotizzare di modificare la struttura finanziaria di un intero paese dal giorno alla notte, senza subire traumi che pagherebbero, naturalmente, le fasce di popolazione meno tutelate. 

N.b. 2: perfino se stai pensando: "dei conti e della finanza non ce ne importa nulla, perché sono ben altre le cose che contano nella vita". Qualsiasi cosa tu desideri fare, infatti, presuppone la libertà di fare. La responsabilità di fare (divenire responsabili = divenire abili a dare risposte). Quella libertà, va conquistata.

Se quindi ti predisponi all'ascolto non pregiudiziale, puoi scoprire cose importanti, ed arricchire il bagaglio delle tue conoscenze. 

Qui ti accenno la sostanza, poi approfondisci presso chi è più esperto di me, in materia.

Un credito fiscale ti da la certezza che se devi pagare tasse o imposte allo stato o ad enti locali, in una data futura, pagherai meno. 

Pagherai: la tassa dovuta (esempio 100), meno il credito fiscale (esempio 60), totale da versare: 40. Se hai credito fiscale 160 e devi pagare 100, non paghi nulla e avanzi 60. Semplice, no?

Un certificato è un pezzo di carta, oppure (meglio) un dato elettronico registrato appositamente in luoghi particolari, che ti permette, prima della scadenza fiscale, di "cedere" il tuo credito, in cambio di euro. Chi se li compra? Chi ha tasse da pagare (sono tanti, ti assicuro). 

Se è lo Stato che te li "regala", nel senso che ti può dare, ad esempio, un aumento di stipendio che altrimenti ti scordi, perché mai non dovresti accettarli? 

Un credito fiscale che, se trasformato in certificato, può circolare, svolge egregiamente la funzione di "moneta", che circola su base volontaria.

Bada bene: non è a corso legale. Nessuno è obbligato dalla legge ad accettarlo in estinzione dei propri crediti. Ma se io Stato, volontariamente, mi dichiaro disposto ad accettarlo, in date future, trasformo quell'intenzione in vincolo giuridico: insomma, tu sei certo che quando li presenti allo Stato per pagare i tuoi debiti, non saranno rifiutati. 

In questo articolo trovi tutto quello che c'è da sapere, studiato da esperti seri.

Una moneta complementare a corso volontario, che lo Stato si impegna (per libera scelta) ad accettare in pagamento di tasse e imposte, svolge esattamente la stessa funzione. Se la chiami Lira, lo capisci immediatamente che la usi come una moneta. Chiamala come ti pare. L'importante è che ti renda conto di due cose. 

1) Funziona (e cioè circola e si diffonde producendo effetti apprezzabili) solo se è lo Stato a dichiarare di  accettarla in pagamento delle somme dovute dai cittadini. Una moneta a circolazione solo locale (Comune, Regione) avrà infatti sempre un limite fisiologico anche se l'ente locale si dichiara disposto ad accettarla: le somme raccolte dagli enti locali a titolo d'imposta, vanno girate in buona parte all'amministrazione centrale, che chiede Euro (e non può accettare altro).

2) C'è un limite importante alle quantità che si possono emettere, che opera sia nel caso della moneta fiscale che della moneta complementare. Limite da capire molto bene. Se lo Stato concede, nella sostanza, sconti fiscali, rischiamo di non far quadrare i conti. Per farli quadrare, è necessario che la moneta immessa faccia aumentare la crescita economica almeno fino al punto da generare gettito fiscale aggiuntivo per compensare quegli sconti.
Se vuoi far aumentare la crescita economica ed il gettito fiscale, non puoi spendere quella moneta come ti pare: rischia di aggiungersi inutilmente al mare della speculazione finanziaria. Deve arrivare nelle imprese, e nelle tasche di chi ha bisogno di spendere. Deve circolare nell'economia reale. Lo capisci, se pensi alle montagne di denaro che le banche centrali creano e che non finiscono nell'economia reale. 

Il piano di investimenti, deve essere "mirato"! Se la moneta complementare è usata per fare investimenti produttivi mirati, infatti, questi avranno facilmente un effetto sull'occupazione e sulla crescita economica, che a sua volta produrrà un aumento delle entrate fiscali.

Inoltre, importante: c'è un tempo che passa necessariamente fra l'investimento e l'aumento del gettito. 
Se lo Stato distribuisce moneta complementare e la accetta da subito in pagamento delle tasse, diminuiscono subito le entrate fiscali in Euro. Se tu Stato non hai urgente bisogno di Euro, perché ti sei preoccupato - prima - di non essere schiavo di debito estero, è sufficiente che i cittadini accettino spontaneamente la nuova moneta, e questa dilazione temporale non rappresenta un problema. 
Ma se hai bisogno di Euro, per far quadrare i conti con i parametri europei oppure, molto peggio, perché hai debiti esteri, non è detto che ti possa permettere il lusso della riduzione di quelle entrate fiscali.

Dobbiamo tutti riflettere sulla urgenza di eliminare ogni forma di debito estro. E' ingenuo pensare di liberarsene uscendo dall'Unione europea: il vincolo del debito estero, non solo resta anche se hai la piena sovranità monetaria, ma rischia di aggravarsi se i rapporti con gli altri paesi non sono stati impostati in maniera non conflittuale.

Obiettivo nr. 3 : Isolare il sistema dei pagamenti interno dal rischio di blocco esterno 

I cittadini greci l'hanno sperimentato sulla pelle. Tu vai in banca a prelevare il tuoi soldi (il tuo stipendio, il tuo risparmio, quello che sia) e trovi il bancomat chiuso, da un giorno all'altro. Poi, esce una legge che ti dice che ne potrai prendere, in futuro, solo un po' per volta. Come è possibile? Se la banca dove tieni i tuoi soldi è indebitata con banche estere, quei canali che fanno arrivare la liquidità possono essere chiusi. Ed una banca che non ha liquidità non può dissetare i suoi clienti. 

Oggi molte banche ottengono la liquidità nei momenti di bisogno dando in cambio titoli, che abbiano però determinate caratteristiche. L'eventuale downgrading dei titoli italiani riduce anche questa possibilità. Un eccessivo aumento dello spread obbliga inoltre le banche estere a diminuire o chiudere le linee di credito aperte nei confronti di banche residenti. La liquidità, oggi talmente abbondante da trovar conveniente comprare BOT a rendimenti sotto lo zero, sparisce da un momento all'altro. 

Fino a quando i risparmi delle famiglie italiane sono indirizzati sui mercati finanziari, e su prodotti per l'investimento che portano la liquidità altrove (è il fenomeno della disintermediazione) le banche residenti continueranno a correre questo rischio. 

Per questo è necessario che venga creata una banca pubblica, che può essere Banco Poste, che interrompa questo fenomeno, smetta di proporre prodotti finanziari e si concentri sulla intermediazione creditizia. Una banca del genere offre ai risparmiatori  ciò di cui hanno bisogno: un posto sicuro per collocare i propri risparmi. D'altra parte, il paese avrebbe una banca che non ha alcun bisogno di prestiti esteri, e quindi i suoi clienti non correranno il rischio di trovare il bancomat chiuso. 
Si può aprire su Banco Poste, che ha un comodo sportello in tutti i comuni d'Italia, un conto corrente "fiscale" (cioè utilizzabile per il regolamento delle posizioni fiscali, che oggi è obbligatorio per le sole partite iva), a tutti i codici fiscali, cioè a tutti i cittadini, anche gratuitamente (le banche non devono fare profitti, ma erogare un servizio di vitale importanza per la comunità). 

In questa maniera si è creato un sistema di pagamenti interno, che dialoga con l'esterno, ma non è influenzato dai rischi sistemici, e dalle procedure del bail-in.

Su questo sistema, fra l'altro, puoi far circolare agevolmente e senza rischi le monete fiscali o complementari. 

Concludo così: è tempo di metterle insieme, le varie idee, per capire quanto sia sbagliato pensare che "non c'è alternativa". Abbiamo invece possibilità in abbondanza, che non conosciamo solo perché non trovano spazio a sufficienza nei canali mediatici ufficiali. E abbiamo risorse, in grande abbondanza che, per lo stesso motivo, sono solo impiegate male, dai soggetti sbagliati.

Le buone idee, camminano.