La storia della riserva di valore che abbiamo affrontato al paragrafo precedente ci deve far riflettere sulle indicazioni piuttosto contrastanti che abbiamo scoperto ragionando sull'inflazione.
Per capire, dobbiamo analizzare meglio l'altra funzione fondamentale che svolge la moneta: quella di strumento che favorisce gli scambi, cercando di rispondere anche ad un'altra domanda importante : come si fa ad assegnare ad un unico strumento due funzioni così diverse.. addirittura contrastanti?
Per conservare il valore, la moneta se ne deve stare ferma, buona buona sotto un materasso o nella cassaforte (nel computer) di una banca. Per favorire gli scambi, invece, deve essere spesa: deve circolare.
Nel momento in cui mettiamo da parte il denaro per risparmiarlo, lo stiamo sottraendo all'uso alternativo: la facilitazione degli scambi. C'è un conflitto di interessi importante, fra il diritto degli individui a risparmiare denaro, e quello della collettività a veder circolare la moneta. Conflitto da capire bene e da gestire in maniera intelligente.
Per conservare il valore, la moneta se ne deve stare ferma, buona buona sotto un materasso o nella cassaforte (nel computer) di una banca. Per favorire gli scambi, invece, deve essere spesa: deve circolare.
Nel momento in cui mettiamo da parte il denaro per risparmiarlo, lo stiamo sottraendo all'uso alternativo: la facilitazione degli scambi. C'è un conflitto di interessi importante, fra il diritto degli individui a risparmiare denaro, e quello della collettività a veder circolare la moneta. Conflitto da capire bene e da gestire in maniera intelligente.
Ripartiamo dal concetto fondamentale: la moneta NON è la ricchezza.
La ricchezza invece è data dai beni materiali e dai servizi che servono a noi cittadini per soddisfare i nostri bisogni. Siccome non abbiamo più a nostra disposizione risorse naturali (cibo, indumenti, riparo) immediatamente fruibili e sufficienti per tutti, dobbiamo produrre beni e servizi necessari a soddisfare i nostri bisogni con il lavoro e la sua organizzazione nell'impresa.
Osserviamo meglio come funziona la produzione della vera ricchezza. Il lavoro è specializzato ed ognuno di noi fa una cosa diversa. Quindi dobbiamo necessariamente scambiarci le cose che sappiamo fare con le numerosissime altre di cui abbiamo bisogno. Quando uno andava a caccia, un'altro raccoglieva noci e bacche, un terzo cuciva pelli per fare vestiti, un quarto tirava su una capanna, un quinto fabbricava lance e frecce ed un sesto ciotole e cesti per cucinare e conservare le poche provviste, era relativamente semplice scambiarsi le cose essenziali. Bastava la parola, l'organizzazione familiare e tribale. Al massimo, quando le cose si sono iniziate a complicare con l'agricoltura ed il commercio, si registravano transazioni, debiti e crediti, su tavolette d'argilla. Il baratto multilaterale ha svolto egregiamente la sua funzione per millenni.
Nella società contemporanea la specializzazione del lavoro ha raggiunto livelli esasperati. Non stiamo qui a valutare se sia cosa buona e giusta, per ora. Intanto prendiamo atto che, ad esempio, per fare una automobile ci vogliono oltre tremila componenti che spesso sono fabbricati da persone diverse, in fabbriche diverse e, grazie alla globalizzazione, in città diverse, in paesi diversi, in continenti diversi. Ora, quell'operaio che fabbrica dalla mattina alla sera uno dei tremila pezzi che serviranno a fare un'automobile, in cambio del suo lavoro avrà una lunga serie di bisogni che potrà soddisfare solo acquistando beni e servizi, usando la moneta ricevuta in cambio del proprio lavoro.
Pur senza addentrarci ulteriormente nel mondo dei servizi (più o meno utili) e nella complessità delle relazioni socio economiche che circondano e affiancano la produzione materiale dei beni, immaginiamo le miriadi di lavori e competenze che si possono fare, e tiriamo le somme.
Se teniamo presente questa complessa specializzazione nel produrre beni e servizi, capiamo meglio perché favorire gli scambi non è una cosa semplicemente importante: è assolutamente vitale.
Se gli scambi di beni e servizi fra imprese e cittadini del mondo non sono fluidi, la nostra società si inceppa. Falliscono imprese, si licenziano dipendenti e i meno protetti (come al solito) rischiano di morire di fame e pagare per tutti.
Cosa consente lo scambio nell'economia contemporanea? La moneta.
Cosa consente la fluidità necessaria al vorticoso scambio di beni che quotidianamente avviene fra miliardi di persone, aziende e intermediari, nel mondo? Il sistema finanziario mondiale, che permette la circolazione e lo scambio di una massa consistente di monete diverse.
E' molto importante capire questo aspetto : il sistema finanziario mondiale non è unico; è composto da tanti tasselli diversi che, però, sono tutti collegati fra loro da canali di scambio disciplinati da regole scritte e pratiche riconosciute.
E qui arriviamo ad un paradosso.
Il sistema finanziario e il sistema degli scambi globali, che oggi sono per certi versi "detestati" e additati come principale causa dei mali delle società contemporanee, in realtà svolgono una funzione di interesse generale irrinunciabile a livello mondiale.
Il guaio, serissimo, che spiega il paradosso, è che queste funzioni così importanti e vitali per il benessere del mondo intero... le abbiamo messe nelle mani sbagliate.
Tutti i servizi strategici ed essenziali devono essere gestiti dalle Istituzioni Pubbliche, se li vogliamo veder funzionare (e poi dobbiamo occhiutamente controllare le Istituzioni).
E' un'idea semplice semplice, che tutti sono in grado di capire (e capiscono), ma viene calpestata sistematicamente, negata, stravolta da una propaganda volta a confonderci le idee. Andrebbe scolpita nella roccia ed esposta ad ogni angolo di strada: quando un servizio strategico ed essenziale viene fatto gestire dai privati, il bene pubblico viene, prima o poi, certamente sacrificato. Il privato persegue il proprio interesse: che, appunto, è il profitto privato. Per natura, per definizione, per cultura, oramai per condizionamento imposto dalla competizione: il privato, se vuole perseguire un profitto (ed è l'unica molla che lo spinge ad assumere la gestione), trovandosi in un contesto competitivo, deve tagliare i costi (o ricorrere a pratiche poco lecite). Siccome un servizio strategico ed essenziale deve essere garantito a tutti, anche a quelli che non possono pagare, è inevitabile che, prima o poi, il privato è spinto ad abbassare la qualità del servizio, per potersi garantire l'economicità della gestione. A scapito, naturalmente, del servizio erogato (della soddisfazione dei cittadini).
L'equivoco è tutto qui : si confonde la gestione efficiente (senza sprechi) con la gestione economica (che deve produrre un profitto).
Nel nostro caso, il sistema finanziario, che è privato ed internazionale, si è ritagliato lo spazio necessario ad assicurarsi un enorme quota di profitti, mandando però letteralmente a rotoli la funzione che gli è stata assegnata (per meglio dire: che ci ha scippato, complici politici corrotti o incoscienti). Che il denaro in circolazione nel mondo sia abbondante, ma concentrato nelle mani di pochi e, soprattutto, indirizzato nei canali sbagliati (troppo sui mercati finanziari e troppo poco nell'economia reale, fatta di imprese e famiglie, produzione e scambi), è oramai una evidenza incontestabile.
Oddio, per meglio dire: è una cosa "evidente" per chiunque abbia un po' di buon senso e sufficiente onestà intellettuale. E' sistematicamente negata, invece, dai nostri politici (e dai loro mandanti), che continuano a raccontarci che i soldi sono "finiti"... che bisogna ripagare i debiti e bisogna ricapitalizzare il sistema bancario (privato ed internazionale), continuando a garantire l'indipendenza delle banche centrali, anche se hanno oggettivamente smesso di svolgere la loro funzione.
La moneta, in questo sistema finanziario privato, non riesce a far fluire gli scambi come dovrebbe nel sistema delle imprese e delle famiglie.
Semplicemente perché è stata "mercificata", e viene usata impropriamente per altri fini. Di conseguenza, l'economia si inceppa : troppe persone rimangono emarginate (disoccupate); in alcuni settori si producono beni che non si riesce a vendere; in altri settori non si produce quanto sarebbe necessario.
Con la finanziarizzazione dell'economia si è esacerbata la funzione di "riserva di valore" che, piano piano, è stata trasformata in "generazione di plusvalore", attraverso il duplice meccanismo del tasso d'interesse reale positivo (ed esagerato) e del profitto "finanziario".
Torniamo al risparmio e analizziamo la funzione di assicurazione contro le incertezze del futuro. In realtà, quello di cui avremmo bisogno per stare tranquilli, non è una somma di denaro (che non si mangia, non ci veste e non ci ripara). Quando qualcosa minaccia immediatamente la nostra sicurezza futura, infatti, come esseri umani ci rivolgiamo all'essenziale: facciamo scorte di cibo e di beni di prima necessità. Il che, peraltro, è abbastanza scomodo, e ce lo possiamo permettere per periodi di tempo limitati. Risparmiare denaro è molto più semplice e praticabile, in tempi normali. Il pericolo, naturalmente, è che quel denaro perda il suo valore nel tempo. Quindi dobbiamo fare in modo, per assicurare un buon svolgimento della funzione di riserva di valore, che il potere d'acquisto non sia consumato dall'inflazione. Siccome almeno un livello minimo di inflazione è quasi inevitabile, quando si lavora e si produce a sufficienza, (un'inflazione pari a zero si verifica solo in periodi di crisi prolungata), bisogna ricorrere a qualche forma di compensazione della "perdita di valore" del capitale. La più semplice è il tasso di interesse.
Punto cruciale: il tasso d'interesse è giusto ed utile, o è uno strumento del diavolo?
Come tutte le cose, è questione di equilibrio.
Se non ci fosse l'inflazione, il tasso d'interesse non servirebbe a nulla. Anzi, diventerebbe sicuramente "strumento del diavolo" : un invito a fare i soldi con i soldi. Favorirebbe l'accumulazione e la concentrazione di ricchezza, mentre toglierebbe la voglia di impegnarsi nell'economia reale. Possedendo una cifra di denaro risparmiato nel tempo, se ci venisse concessa la possibilità di "vivere di rendita" (consumando gli interessi e lasciando intatto il capitale, grazie ad un tasso di interesse reale positivo), perché mai dovremmo scegliere di rischiare il capitale in un'impresa di produzione?
La rendita finanziaria scoraggia la produzione reale. E' nemica della vera ricchezza. Impedisce il progresso. Fa prevalere i più bassi istinti ed egoismi.
Per mettere insieme le due cose, in fondo, è sufficiente usare un po' di buon senso, e perseguire due obiettivi:
1) mantenere il più possibile inalterato nel tempo il potere d'acquisto della moneta, quindi mantenere bassa l'inflazione, di qualsiasi tipo : al consumo, alla produzione, dei patrimoni finanziari;
2) legare il più possibile il tasso d'interesse all'inflazione. A quale tipo di inflazione? Sicuramente quella al consumo. Quella alla produzione ci preoccupa solo se produce effetti sui prezzi al consumo. Quanto all'inflazione degli investimenti finanziari... neanche a parlarne: si innescherebbe un circolo perverso. La realtà è che l'inflazione degli investimenti finanziari, che coincide con le bolle speculative, è l'unica che fa sempre e comunque male alla collettività, e quindi dovrebbe essere sempre combattuta con tutte le forze disponibili.
In conclusione: potremmo dire che se non ci fosse l'inflazione il tasso "giusto" dovrebbe essere ZERO. Chi possiede un capitale monetario ha diritto a vederne conservato il valore, ma NON ha diritto a ottenere un guadagno.
E' questa la discriminante che permette di conciliare il diritto degli individui a risparmiare, senza che la brama di accumulazione finisca per distorcere l'uso principale della moneta.
Cosa succede invece nel mondo reale, dominato dal sistema finanziario privato ed internazionale? Abbiamo concesso a questo sistema il diritto di decidere, per tutti noi, quale deve essere il tasso d'interesse applicato ai diversi possibili usi del denaro. Il sistema ha scelto (a suo esclusivo vantaggio) tassi di interesse superiori allo zero. Anzi: superiori all'inflazione. Anzi: spropositatamente e pericolosamente alti.
Abbiamo visto, nei post precedenti, come sia riuscito ad imporre agli stati un tasso d'interesse reale (al netto dell'inflazione) positivo ed esagerato. Figuriamoci nei confronti dei privati. Basta guardare il vergognoso tasso legale d'usura, che può "legalmente" raggiungere il 23%, in certi casi, a fronte di un'inflazione che vivacchia attorno all'1-2 per cento.
Che senso ha?
Se si accetta l'idea che la moneta possa diventare oggetto di scambio, merce, con tanto di "prezzo" (il tasso d'interesse) al quale si può decidere di prenderla o cederla... come possiamo più sperare che riesca a svolgere la sua funzione originale? Funzione, quella di favorire scambi fluenti di beni reali e servizi che è di vitale importanza per la nostra società, basata com'è su una accentuata specializzazione del lavoro.
Accettare il tasso d'interesse reale positivo, vuol dire accettare la mercificazione della moneta.
Una volta fatto, non possiamo stupirci o lamentarci del fatto che la moneta venga "acquistata e venduta" per scopi completamente diversi da quelli per cui è nata. Oppure prestata agli Stati a condizioni vergognose ed ingiustificate.
Ma, a fianco al "tasso d'interesse" reale positivo, c'è un altro aspetto legato all'uso della moneta che la distoglie dal suo uso socialmente utile: il "profitto finanziario".
Siamo oramai abituati a dare totalmente per scontato, ritenere giusto ed ineluttabile, il fatto che il denaro possa (ed anzi debba...) essere investito sui mercati finanziari per ottenere un profitto. Ragioniamoci su.
Cosa è e come si genera il profitto finanziario?
Abbiamo detto che la moneta, distolta dalla sua funzione principale, è stata trasformata in merce. Quindi viene prestata, in cambio di un tasso d'interesse, oppure... viene comprata e venduta per generare un profitto, dato dalla differenza fra prezzo di acquisto e prezzo di vendita.
Quando compriamo un titolo (azione o obbligazione) stiamo negoziando qualcosa che rappresenta "capitale". Se lo compriamo ad un prezzo basso e lo rivendiamo ad un prezzo alto (dopo una frazione di secondo o dopo dieci anni) generiamo un profitto finanziario.
Il mercato finanziario è il mercato dei capitali. "Ascoltiamoci" mentre parliamo. Mercato dei capitali. Usiamo denaro, che è lo strumento che si usa per favorire gli scambi delle cose reali, per scambiarci.. denaro. Pensiero incestuoso. Circolo vizioso. Comprare e vendere capitali. Che senso ha?
Ce lo siamo scordato, forse, che il denaro non ha valore? Sono numeri su computer. E' la risorsa più a buon mercato e più abbondante che potremmo avere a disposizione, se solo aprissimo gli occhi sulla follia di aver "ceduto" al sistema finanziario privato ed internazionale la "sovranità monetaria" : il potere di generare (dal nulla) e distribuire la moneta, stabilendone il prezzo per il suo utilizzo.
Il risparmio è una azione importantissima. Per migliorare la nostra capacità di produrre beni reali dobbiamo fare investimenti in infrastrutture e macchinari. Ma per fare questi investimenti NON serve accumulare denaro. Bensì è necessario che siano disponibili i materiali e la forza lavoro e la capacità organizzativa necessari a realizzarli. Questo dobbiamo accumulare: capacità teorica e materiale di fare impresa. Il denaro, invece, si inventa, creandolo dal nulla, esattamente come fa la BCE quando decide di "donarlo" al sistema finanziario privato ed internazionale sottocosto (a tassi di interesse reali negativi), dopo averlo "prodotto" (senza costi) scrivendolo sul computer.
Non ha senso risparmiare denaro, come collettività. Facciamo attenzione a questo passaggio, per evitare di impantanarci in un paradosso. Un individuo risparmia accumulando moneta, per comodità. Mette da parte potere d'acquisto rimandato nel tempo. Ed è cosa buona e giusta (stabilito che NON ha alcun diritto ad ottenere dei "frutti" da questo risparmio, ma solo il diritto a vederne tutelato il mantenimento nel tempo del potere d'acquisto).
Una collettività, invece, lo Stato, non deve risparmiare denaro. Non avrebbe alcun senso. Uno Stato il denaro lo deve creare dal nulla, quando serve, in quantità tale da consentire il fluire continuo e sicuro degli scambi, salvaguardando la stabilità dei prezzi (tutti).
La perversione del profitto finanziario si manifesta in pieno alla luce delle considerazioni che abbiamo fatto sul livello dei prezzi: per chi investe sul mercato dei capitali alla ricerca di un profitto, non interessa assolutamente il "mantenimento" del livello dei prezzi. Anzi: desidera vedere più "inflazione" possibile sui prezzi dei beni che sta negoziando. L'asset inflation è l'obiettivo desiderato (e perseguito) da chi manovra sui mercati finanziari.
Peccato, poi, che lo scoppio inevitabile delle bolle speculative lo paga la società intera. Con povertà, disoccupazione, a volte con guerre.
Quando si stravolge l'uso naturale delle cose, distogliendole dalla funzione per la quale sono nate, non ci possiamo aspettare risultati entusiasmanti: solo risultati disastrosi. E' solo questione di tempo, ma i nodi vengono sempre al pettine.
Torniamo alla domanda iniziale: come conciliamo il diritto dell'individuo a risparmiare (e per comodità a risparmiare denaro) con l'esigenza della collettività a veder il denaro circolare in maniera sufficiente a garantire che beni e servizi possano essere costantemente scambiati, per soddisfare i bisogni di tutti? Lo possiamo fare solo assicurando due cose: che non esista nessun "incentivo" a sottrarre la moneta alla sua funzione : e quindi tassi di interesse reali pari a zero e limitando la possibilità di perseguire profitti finanziari.
Quale è il valore sociale del profitto finanziario? Dove "valore sociale" è il beneficio (o il danno) che la collettività trae dal comportamento individuale. Dando per scontato che su un aspetto siamo tutti d'accordo, parlando di civiltà: l'individuo ha diritto a fare il cavolo che gli pare fino a quando il suo comportamento non lede diritti e interessi di altri. In particolare quelli collettivi.
Siccome il perseguimento del profitto finanziario spinge inevitabilmente a comportamenti contrari all'interesse pubblico, rendendo "desiderabili" salite dei prezzi di cui beneficiano pochi e da cui traggono dolore e sofferenze popolazioni intere, sembra evidente che il diritto al profitto finanziario debba essere negato.
Questa non è una valutazione morale. Solo buon senso economico.
Ricordiamo il significato di "Economia", attingendo all'origine etimologica del termine. Oikos e Nomos. Casa, beni di famiglia. Norme di utilizzo dei beni di famiglia. Richiama la saggezza, la parsimonia, la conservazione, l'uso efficiente e razionale e giusto (a disposizione di tutti i membri della famiglia).
La finanza è la negazione di tutto questo. E' la negazione dell'economia. Il "diritto" ormai riconosciuto a tutti di perseguire l'arricchimento individuale facendo "profitti finanziari", come il diritto riconosciuto al sistema finanziario di applicare tassi d'interesse reali positivi a Stati, aziende e famiglie, sono la negazione dell'economia: danneggiano i "beni di famiglia".
Se capiamo questi aspetti, ci risulta anche più chiaro il motivo per cui abbiamo spesso la sensazione che di economia "ci capiamo poco"; non ne sappiamo nulla; materia riservata a "tecnici", "esperti", "professionisti": economisti.
Semplice: nessuno di quei "professionisti" gradisce che le persone normali si rendano conto delle follie da loro perpetrate, e delle menzogne che ci hanno raccontato, solo per mascherare il loro desiderio insano di arricchirsi creando danni alla società intera.
Quando analizzeremo nel profondo il sistema finanziario, nel secondo capitolo, capiremo meglio quanto grave e dannoso sia il connubio incestuoso fra banche d'affari (che si occupano di finanza, intermediando titoli e derivati) e banche commerciali (che si dovrebbero occupare di depositi e prestiti. E quanto grave e dannoso aver concesso autonomia e indipendenza alle banche centrali.
Per capire quanto le bolle speculative (l'asset inflation) sia dannosa per la collettività, osserviamo il grafico dell'indice di borsa più famoso al mondo: lo S&P 500, a partire dal 1870.
L'indice di borsa dello S&P 500 è l'indice più rappresentativo dell'andamento storico delle borse mondiali, e possiamo assumerlo come valida guida per "leggere" la realtà non solo americana.
Osserviamo la salita dei valori negli anni venti del novecento. E la discesa nella fine del decennio. Quella microscopica increspatura... ha prodotto il crollo del '29, la Grande Depressione e, di li a poco, la Seconda Guerra Mondiale.
Ora, confrontiamo quella cacchetta di mosca con le follie registrate dai prezzi dopo gli anni ottanta.. e possiamo immaginare cosa ne potrebbe venire fuori.
Perché allo scoppio delle bolle speculative seguono gravi problemi per l'economia e la società intera? Non voglio addentrarmi in ragionamenti economici, che sicuramente esistono e devono preoccupare. Voglio dare una risposta basata sull'osservazione di altri fattori. Il valore gonfiato degli asset NON corrisponde a ricchezza reale, perché manca il collegamento con i beni reali. Ma possedere quei beni finanziari da, a chi li possiede, un enorme potere d'acquisto. Quindi, potere politico. Soprattutto ai giorni nostri, in cui quel valore supera abbondantemente e di parecchie dimensioni la capacità di spesa dei governi e degli Stati. Oggi, un gruppo non esteso di persone controlla le grandi banche d'investimento internazionali, che controllano i mercati finanziari e le istituzioni sopranazionali e le banche centrali ed i politici che si occupano di economia e finanza. In tutto il mondo occidentale.
Fra il '29 ed oggi c'è un'altra grande differenza: nel 29 lo sgonfiarsi della bolla speculativa è stato semplice ed unidirezionale. I prezzi sono scesi, fino a tornare a livelli umani. Cosa spiega invece le vertiginose risalite dopo i crolli paurosi dei giorni nostri? Il condizionamento della politica e dell'informazione e delle banche centrali. Il sistema cerca disperatamente di difendere quei valori che non possono stare né in cielo e né in terra. Li sostengono artificiosamente, grazie ad immissioni continue di liquidità da parte delle banche centrali che NON va nell'economia reale, ma va a sostenere i prezzi dei titoli. Lo scopo del famoso "quantitative easing" (acquisti di titoli in programmi denominati Q1, Q2 etc, praticato dalle banche centrali di tutto il mondo) è esclusivamente e sfacciatamente quello (anche se i media ed i politici continuano a raccontarci che serve a generare occupazione.. a sostenere l'economia).
Osservare per credere : l'economia soffre e ristagna, i prezzi dei titoli salgono. I nostri tecnici NON sbagliano. Sanno perfettamente cosa stanno facendo : stanno tutelando gli interessi del grande capitale finanziario internazionale, rimandando - e quindi rendendo sempre più pericoloso - il giorno del giudizio. Perché verrà, possiamo giurarci. Solo questione di tempo e di modo: ci vuole poco a "vedere" che il re è nudo. E quando qualcuno lo strillerà, anche nel sistema mediatico ufficiale, lo "vedranno" tutti.
Stanno studiando, disperatamente, come fare a trasformare quella ricchezza di carta in beni reali. Prendono tempo, ma nel frattempo qualcosa avviene. Qualcosa di brutto. La recessione che viene provocata ad arte dalle scelte di politica economica che fanno mancare soldi all'economia reale (aumenti delle tasse e tagli alla spesa pubblica) non sono errori di valutazione. Svolgono una funzione essenziale (dal loro punto di vista). La crisi economica obbliga gli operatori dell'economia reale a svendere le proprie riserve. Seconde case, aziende, terreni, gioielli. Non è forse tutto in vendita? Non è un caso. Succede sistematicamente in tutte le fasi di recessione. E, mentre noi vendiamo, sottocosto, qualcuno compra. E fa ottimi affari. Nulla accade per caso. Neppure le limitazioni della democrazia che le sistematiche riforme istituzionali stanno realizzando: servono ad imporre scelte che non rispondono al nostro interesse, di fronte alle quali sta montando una pericolosa voglia di ribellione. Ci torneremo, approfondendo e documentando.
Per ora, concludiamo il ragionamento riassumendo i punti di arrivo ai quali siamo giunti:
Tassi d'interesse reali positivi e possibilità di fare profitti finanziari distolgono la moneta dalla sua funzione essenziale e spingono gli operatori ad accumularla, con l'obiettivo di fare soldi con i soldi. Tutto ciò rende sconvenienti gli investimenti nell'economia reale e rende difficoltosi gli scambi dei beni reali e servizi prodotti.
Quindi, per evitare i problemi, è necessario fare in modo che fra le due funzioni contrastanti della moneta si faccia una scelta. Se vogliamo che la moneta svolga la sua funzione essenziale di favorire gli scambi, rendendoli sempre fluidi, dobbiamo intervenire ad evitare tutto ciò che la distoglie dalla funzione.
1) il tasso d'interesse, al netto dell'inflazione, deve essere pari a zero. Tasso reale eguale a zero e tasso nominale eguale al livello dell'inflazione al consumo.
2) il perseguimento del profitto finanziario deve essere fortemente limitato: vietando le forme di gestione collettiva del risparmio; vietando la consulenza agli investitori privati; vietando gli strumenti derivati; separando le banche finanziarie dalle banche commerciali.
Per ottenere questo risultato, è chiaro: il sistema finanziario non può e non deve essere privato. Tutte le decisioni principali relative all'uso della moneta devono assolutamente e urgentemente essere ricondotte sotto completo controllo pubblico. E' una funzione troppo importante per la collettività per poterla lasciare nelle mani di chi, essendo guidato esclusivamente dall'interesse particolare, si trova in una ingestibile e pericolosissima posizione di conflitto d'interesse.
Un mondo del genere non è utopico, ma semplicemente quello che esisteva fino a qualche decennio fa (prima delle ultime follie speculative).
E a quelli che pensano che non si possa tornare indietro, diciamo: andiamo avanti. Impariamo dall'esperienza, dagli errori, e poniamo rimedi. Qualcuno li sta immaginando a modo suo.
La ricchezza invece è data dai beni materiali e dai servizi che servono a noi cittadini per soddisfare i nostri bisogni. Siccome non abbiamo più a nostra disposizione risorse naturali (cibo, indumenti, riparo) immediatamente fruibili e sufficienti per tutti, dobbiamo produrre beni e servizi necessari a soddisfare i nostri bisogni con il lavoro e la sua organizzazione nell'impresa.
Osserviamo meglio come funziona la produzione della vera ricchezza. Il lavoro è specializzato ed ognuno di noi fa una cosa diversa. Quindi dobbiamo necessariamente scambiarci le cose che sappiamo fare con le numerosissime altre di cui abbiamo bisogno. Quando uno andava a caccia, un'altro raccoglieva noci e bacche, un terzo cuciva pelli per fare vestiti, un quarto tirava su una capanna, un quinto fabbricava lance e frecce ed un sesto ciotole e cesti per cucinare e conservare le poche provviste, era relativamente semplice scambiarsi le cose essenziali. Bastava la parola, l'organizzazione familiare e tribale. Al massimo, quando le cose si sono iniziate a complicare con l'agricoltura ed il commercio, si registravano transazioni, debiti e crediti, su tavolette d'argilla. Il baratto multilaterale ha svolto egregiamente la sua funzione per millenni.
Nella società contemporanea la specializzazione del lavoro ha raggiunto livelli esasperati. Non stiamo qui a valutare se sia cosa buona e giusta, per ora. Intanto prendiamo atto che, ad esempio, per fare una automobile ci vogliono oltre tremila componenti che spesso sono fabbricati da persone diverse, in fabbriche diverse e, grazie alla globalizzazione, in città diverse, in paesi diversi, in continenti diversi. Ora, quell'operaio che fabbrica dalla mattina alla sera uno dei tremila pezzi che serviranno a fare un'automobile, in cambio del suo lavoro avrà una lunga serie di bisogni che potrà soddisfare solo acquistando beni e servizi, usando la moneta ricevuta in cambio del proprio lavoro.
Pur senza addentrarci ulteriormente nel mondo dei servizi (più o meno utili) e nella complessità delle relazioni socio economiche che circondano e affiancano la produzione materiale dei beni, immaginiamo le miriadi di lavori e competenze che si possono fare, e tiriamo le somme.
Se teniamo presente questa complessa specializzazione nel produrre beni e servizi, capiamo meglio perché favorire gli scambi non è una cosa semplicemente importante: è assolutamente vitale.
Se gli scambi di beni e servizi fra imprese e cittadini del mondo non sono fluidi, la nostra società si inceppa. Falliscono imprese, si licenziano dipendenti e i meno protetti (come al solito) rischiano di morire di fame e pagare per tutti.
Cosa consente lo scambio nell'economia contemporanea? La moneta.
Cosa consente la fluidità necessaria al vorticoso scambio di beni che quotidianamente avviene fra miliardi di persone, aziende e intermediari, nel mondo? Il sistema finanziario mondiale, che permette la circolazione e lo scambio di una massa consistente di monete diverse.
E' molto importante capire questo aspetto : il sistema finanziario mondiale non è unico; è composto da tanti tasselli diversi che, però, sono tutti collegati fra loro da canali di scambio disciplinati da regole scritte e pratiche riconosciute.
E qui arriviamo ad un paradosso.
Il sistema finanziario e il sistema degli scambi globali, che oggi sono per certi versi "detestati" e additati come principale causa dei mali delle società contemporanee, in realtà svolgono una funzione di interesse generale irrinunciabile a livello mondiale.
Il guaio, serissimo, che spiega il paradosso, è che queste funzioni così importanti e vitali per il benessere del mondo intero... le abbiamo messe nelle mani sbagliate.
Tutti i servizi strategici ed essenziali devono essere gestiti dalle Istituzioni Pubbliche, se li vogliamo veder funzionare (e poi dobbiamo occhiutamente controllare le Istituzioni).
E' un'idea semplice semplice, che tutti sono in grado di capire (e capiscono), ma viene calpestata sistematicamente, negata, stravolta da una propaganda volta a confonderci le idee. Andrebbe scolpita nella roccia ed esposta ad ogni angolo di strada: quando un servizio strategico ed essenziale viene fatto gestire dai privati, il bene pubblico viene, prima o poi, certamente sacrificato. Il privato persegue il proprio interesse: che, appunto, è il profitto privato. Per natura, per definizione, per cultura, oramai per condizionamento imposto dalla competizione: il privato, se vuole perseguire un profitto (ed è l'unica molla che lo spinge ad assumere la gestione), trovandosi in un contesto competitivo, deve tagliare i costi (o ricorrere a pratiche poco lecite). Siccome un servizio strategico ed essenziale deve essere garantito a tutti, anche a quelli che non possono pagare, è inevitabile che, prima o poi, il privato è spinto ad abbassare la qualità del servizio, per potersi garantire l'economicità della gestione. A scapito, naturalmente, del servizio erogato (della soddisfazione dei cittadini).
L'equivoco è tutto qui : si confonde la gestione efficiente (senza sprechi) con la gestione economica (che deve produrre un profitto).
Nel nostro caso, il sistema finanziario, che è privato ed internazionale, si è ritagliato lo spazio necessario ad assicurarsi un enorme quota di profitti, mandando però letteralmente a rotoli la funzione che gli è stata assegnata (per meglio dire: che ci ha scippato, complici politici corrotti o incoscienti). Che il denaro in circolazione nel mondo sia abbondante, ma concentrato nelle mani di pochi e, soprattutto, indirizzato nei canali sbagliati (troppo sui mercati finanziari e troppo poco nell'economia reale, fatta di imprese e famiglie, produzione e scambi), è oramai una evidenza incontestabile.
Oddio, per meglio dire: è una cosa "evidente" per chiunque abbia un po' di buon senso e sufficiente onestà intellettuale. E' sistematicamente negata, invece, dai nostri politici (e dai loro mandanti), che continuano a raccontarci che i soldi sono "finiti"... che bisogna ripagare i debiti e bisogna ricapitalizzare il sistema bancario (privato ed internazionale), continuando a garantire l'indipendenza delle banche centrali, anche se hanno oggettivamente smesso di svolgere la loro funzione.
La moneta, in questo sistema finanziario privato, non riesce a far fluire gli scambi come dovrebbe nel sistema delle imprese e delle famiglie.
Semplicemente perché è stata "mercificata", e viene usata impropriamente per altri fini. Di conseguenza, l'economia si inceppa : troppe persone rimangono emarginate (disoccupate); in alcuni settori si producono beni che non si riesce a vendere; in altri settori non si produce quanto sarebbe necessario.
Con la finanziarizzazione dell'economia si è esacerbata la funzione di "riserva di valore" che, piano piano, è stata trasformata in "generazione di plusvalore", attraverso il duplice meccanismo del tasso d'interesse reale positivo (ed esagerato) e del profitto "finanziario".
Torniamo al risparmio e analizziamo la funzione di assicurazione contro le incertezze del futuro. In realtà, quello di cui avremmo bisogno per stare tranquilli, non è una somma di denaro (che non si mangia, non ci veste e non ci ripara). Quando qualcosa minaccia immediatamente la nostra sicurezza futura, infatti, come esseri umani ci rivolgiamo all'essenziale: facciamo scorte di cibo e di beni di prima necessità. Il che, peraltro, è abbastanza scomodo, e ce lo possiamo permettere per periodi di tempo limitati. Risparmiare denaro è molto più semplice e praticabile, in tempi normali. Il pericolo, naturalmente, è che quel denaro perda il suo valore nel tempo. Quindi dobbiamo fare in modo, per assicurare un buon svolgimento della funzione di riserva di valore, che il potere d'acquisto non sia consumato dall'inflazione. Siccome almeno un livello minimo di inflazione è quasi inevitabile, quando si lavora e si produce a sufficienza, (un'inflazione pari a zero si verifica solo in periodi di crisi prolungata), bisogna ricorrere a qualche forma di compensazione della "perdita di valore" del capitale. La più semplice è il tasso di interesse.
Punto cruciale: il tasso d'interesse è giusto ed utile, o è uno strumento del diavolo?
Come tutte le cose, è questione di equilibrio.
Se non ci fosse l'inflazione, il tasso d'interesse non servirebbe a nulla. Anzi, diventerebbe sicuramente "strumento del diavolo" : un invito a fare i soldi con i soldi. Favorirebbe l'accumulazione e la concentrazione di ricchezza, mentre toglierebbe la voglia di impegnarsi nell'economia reale. Possedendo una cifra di denaro risparmiato nel tempo, se ci venisse concessa la possibilità di "vivere di rendita" (consumando gli interessi e lasciando intatto il capitale, grazie ad un tasso di interesse reale positivo), perché mai dovremmo scegliere di rischiare il capitale in un'impresa di produzione?
La rendita finanziaria scoraggia la produzione reale. E' nemica della vera ricchezza. Impedisce il progresso. Fa prevalere i più bassi istinti ed egoismi.
Per mettere insieme le due cose, in fondo, è sufficiente usare un po' di buon senso, e perseguire due obiettivi:
1) mantenere il più possibile inalterato nel tempo il potere d'acquisto della moneta, quindi mantenere bassa l'inflazione, di qualsiasi tipo : al consumo, alla produzione, dei patrimoni finanziari;
2) legare il più possibile il tasso d'interesse all'inflazione. A quale tipo di inflazione? Sicuramente quella al consumo. Quella alla produzione ci preoccupa solo se produce effetti sui prezzi al consumo. Quanto all'inflazione degli investimenti finanziari... neanche a parlarne: si innescherebbe un circolo perverso. La realtà è che l'inflazione degli investimenti finanziari, che coincide con le bolle speculative, è l'unica che fa sempre e comunque male alla collettività, e quindi dovrebbe essere sempre combattuta con tutte le forze disponibili.
In conclusione: potremmo dire che se non ci fosse l'inflazione il tasso "giusto" dovrebbe essere ZERO. Chi possiede un capitale monetario ha diritto a vederne conservato il valore, ma NON ha diritto a ottenere un guadagno.
E' questa la discriminante che permette di conciliare il diritto degli individui a risparmiare, senza che la brama di accumulazione finisca per distorcere l'uso principale della moneta.
Cosa succede invece nel mondo reale, dominato dal sistema finanziario privato ed internazionale? Abbiamo concesso a questo sistema il diritto di decidere, per tutti noi, quale deve essere il tasso d'interesse applicato ai diversi possibili usi del denaro. Il sistema ha scelto (a suo esclusivo vantaggio) tassi di interesse superiori allo zero. Anzi: superiori all'inflazione. Anzi: spropositatamente e pericolosamente alti.
Abbiamo visto, nei post precedenti, come sia riuscito ad imporre agli stati un tasso d'interesse reale (al netto dell'inflazione) positivo ed esagerato. Figuriamoci nei confronti dei privati. Basta guardare il vergognoso tasso legale d'usura, che può "legalmente" raggiungere il 23%, in certi casi, a fronte di un'inflazione che vivacchia attorno all'1-2 per cento.
Che senso ha?
Se si accetta l'idea che la moneta possa diventare oggetto di scambio, merce, con tanto di "prezzo" (il tasso d'interesse) al quale si può decidere di prenderla o cederla... come possiamo più sperare che riesca a svolgere la sua funzione originale? Funzione, quella di favorire scambi fluenti di beni reali e servizi che è di vitale importanza per la nostra società, basata com'è su una accentuata specializzazione del lavoro.
Accettare il tasso d'interesse reale positivo, vuol dire accettare la mercificazione della moneta.
Una volta fatto, non possiamo stupirci o lamentarci del fatto che la moneta venga "acquistata e venduta" per scopi completamente diversi da quelli per cui è nata. Oppure prestata agli Stati a condizioni vergognose ed ingiustificate.
Ma, a fianco al "tasso d'interesse" reale positivo, c'è un altro aspetto legato all'uso della moneta che la distoglie dal suo uso socialmente utile: il "profitto finanziario".
Siamo oramai abituati a dare totalmente per scontato, ritenere giusto ed ineluttabile, il fatto che il denaro possa (ed anzi debba...) essere investito sui mercati finanziari per ottenere un profitto. Ragioniamoci su.
Cosa è e come si genera il profitto finanziario?
Abbiamo detto che la moneta, distolta dalla sua funzione principale, è stata trasformata in merce. Quindi viene prestata, in cambio di un tasso d'interesse, oppure... viene comprata e venduta per generare un profitto, dato dalla differenza fra prezzo di acquisto e prezzo di vendita.
Quando compriamo un titolo (azione o obbligazione) stiamo negoziando qualcosa che rappresenta "capitale". Se lo compriamo ad un prezzo basso e lo rivendiamo ad un prezzo alto (dopo una frazione di secondo o dopo dieci anni) generiamo un profitto finanziario.
Il mercato finanziario è il mercato dei capitali. "Ascoltiamoci" mentre parliamo. Mercato dei capitali. Usiamo denaro, che è lo strumento che si usa per favorire gli scambi delle cose reali, per scambiarci.. denaro. Pensiero incestuoso. Circolo vizioso. Comprare e vendere capitali. Che senso ha?
Ce lo siamo scordato, forse, che il denaro non ha valore? Sono numeri su computer. E' la risorsa più a buon mercato e più abbondante che potremmo avere a disposizione, se solo aprissimo gli occhi sulla follia di aver "ceduto" al sistema finanziario privato ed internazionale la "sovranità monetaria" : il potere di generare (dal nulla) e distribuire la moneta, stabilendone il prezzo per il suo utilizzo.
Il risparmio è una azione importantissima. Per migliorare la nostra capacità di produrre beni reali dobbiamo fare investimenti in infrastrutture e macchinari. Ma per fare questi investimenti NON serve accumulare denaro. Bensì è necessario che siano disponibili i materiali e la forza lavoro e la capacità organizzativa necessari a realizzarli. Questo dobbiamo accumulare: capacità teorica e materiale di fare impresa. Il denaro, invece, si inventa, creandolo dal nulla, esattamente come fa la BCE quando decide di "donarlo" al sistema finanziario privato ed internazionale sottocosto (a tassi di interesse reali negativi), dopo averlo "prodotto" (senza costi) scrivendolo sul computer.
Non ha senso risparmiare denaro, come collettività. Facciamo attenzione a questo passaggio, per evitare di impantanarci in un paradosso. Un individuo risparmia accumulando moneta, per comodità. Mette da parte potere d'acquisto rimandato nel tempo. Ed è cosa buona e giusta (stabilito che NON ha alcun diritto ad ottenere dei "frutti" da questo risparmio, ma solo il diritto a vederne tutelato il mantenimento nel tempo del potere d'acquisto).
Una collettività, invece, lo Stato, non deve risparmiare denaro. Non avrebbe alcun senso. Uno Stato il denaro lo deve creare dal nulla, quando serve, in quantità tale da consentire il fluire continuo e sicuro degli scambi, salvaguardando la stabilità dei prezzi (tutti).
La perversione del profitto finanziario si manifesta in pieno alla luce delle considerazioni che abbiamo fatto sul livello dei prezzi: per chi investe sul mercato dei capitali alla ricerca di un profitto, non interessa assolutamente il "mantenimento" del livello dei prezzi. Anzi: desidera vedere più "inflazione" possibile sui prezzi dei beni che sta negoziando. L'asset inflation è l'obiettivo desiderato (e perseguito) da chi manovra sui mercati finanziari.
Peccato, poi, che lo scoppio inevitabile delle bolle speculative lo paga la società intera. Con povertà, disoccupazione, a volte con guerre.
Quando si stravolge l'uso naturale delle cose, distogliendole dalla funzione per la quale sono nate, non ci possiamo aspettare risultati entusiasmanti: solo risultati disastrosi. E' solo questione di tempo, ma i nodi vengono sempre al pettine.
Torniamo alla domanda iniziale: come conciliamo il diritto dell'individuo a risparmiare (e per comodità a risparmiare denaro) con l'esigenza della collettività a veder il denaro circolare in maniera sufficiente a garantire che beni e servizi possano essere costantemente scambiati, per soddisfare i bisogni di tutti? Lo possiamo fare solo assicurando due cose: che non esista nessun "incentivo" a sottrarre la moneta alla sua funzione : e quindi tassi di interesse reali pari a zero e limitando la possibilità di perseguire profitti finanziari.
Quale è il valore sociale del profitto finanziario? Dove "valore sociale" è il beneficio (o il danno) che la collettività trae dal comportamento individuale. Dando per scontato che su un aspetto siamo tutti d'accordo, parlando di civiltà: l'individuo ha diritto a fare il cavolo che gli pare fino a quando il suo comportamento non lede diritti e interessi di altri. In particolare quelli collettivi.
Siccome il perseguimento del profitto finanziario spinge inevitabilmente a comportamenti contrari all'interesse pubblico, rendendo "desiderabili" salite dei prezzi di cui beneficiano pochi e da cui traggono dolore e sofferenze popolazioni intere, sembra evidente che il diritto al profitto finanziario debba essere negato.
Questa non è una valutazione morale. Solo buon senso economico.
Ricordiamo il significato di "Economia", attingendo all'origine etimologica del termine. Oikos e Nomos. Casa, beni di famiglia. Norme di utilizzo dei beni di famiglia. Richiama la saggezza, la parsimonia, la conservazione, l'uso efficiente e razionale e giusto (a disposizione di tutti i membri della famiglia).
La finanza è la negazione di tutto questo. E' la negazione dell'economia. Il "diritto" ormai riconosciuto a tutti di perseguire l'arricchimento individuale facendo "profitti finanziari", come il diritto riconosciuto al sistema finanziario di applicare tassi d'interesse reali positivi a Stati, aziende e famiglie, sono la negazione dell'economia: danneggiano i "beni di famiglia".
Se capiamo questi aspetti, ci risulta anche più chiaro il motivo per cui abbiamo spesso la sensazione che di economia "ci capiamo poco"; non ne sappiamo nulla; materia riservata a "tecnici", "esperti", "professionisti": economisti.
Semplice: nessuno di quei "professionisti" gradisce che le persone normali si rendano conto delle follie da loro perpetrate, e delle menzogne che ci hanno raccontato, solo per mascherare il loro desiderio insano di arricchirsi creando danni alla società intera.
Quando analizzeremo nel profondo il sistema finanziario, nel secondo capitolo, capiremo meglio quanto grave e dannoso sia il connubio incestuoso fra banche d'affari (che si occupano di finanza, intermediando titoli e derivati) e banche commerciali (che si dovrebbero occupare di depositi e prestiti. E quanto grave e dannoso aver concesso autonomia e indipendenza alle banche centrali.
Per capire quanto le bolle speculative (l'asset inflation) sia dannosa per la collettività, osserviamo il grafico dell'indice di borsa più famoso al mondo: lo S&P 500, a partire dal 1870.
L'indice di borsa dello S&P 500 è l'indice più rappresentativo dell'andamento storico delle borse mondiali, e possiamo assumerlo come valida guida per "leggere" la realtà non solo americana.
Osserviamo la salita dei valori negli anni venti del novecento. E la discesa nella fine del decennio. Quella microscopica increspatura... ha prodotto il crollo del '29, la Grande Depressione e, di li a poco, la Seconda Guerra Mondiale.
Ora, confrontiamo quella cacchetta di mosca con le follie registrate dai prezzi dopo gli anni ottanta.. e possiamo immaginare cosa ne potrebbe venire fuori.
Perché allo scoppio delle bolle speculative seguono gravi problemi per l'economia e la società intera? Non voglio addentrarmi in ragionamenti economici, che sicuramente esistono e devono preoccupare. Voglio dare una risposta basata sull'osservazione di altri fattori. Il valore gonfiato degli asset NON corrisponde a ricchezza reale, perché manca il collegamento con i beni reali. Ma possedere quei beni finanziari da, a chi li possiede, un enorme potere d'acquisto. Quindi, potere politico. Soprattutto ai giorni nostri, in cui quel valore supera abbondantemente e di parecchie dimensioni la capacità di spesa dei governi e degli Stati. Oggi, un gruppo non esteso di persone controlla le grandi banche d'investimento internazionali, che controllano i mercati finanziari e le istituzioni sopranazionali e le banche centrali ed i politici che si occupano di economia e finanza. In tutto il mondo occidentale.
Fra il '29 ed oggi c'è un'altra grande differenza: nel 29 lo sgonfiarsi della bolla speculativa è stato semplice ed unidirezionale. I prezzi sono scesi, fino a tornare a livelli umani. Cosa spiega invece le vertiginose risalite dopo i crolli paurosi dei giorni nostri? Il condizionamento della politica e dell'informazione e delle banche centrali. Il sistema cerca disperatamente di difendere quei valori che non possono stare né in cielo e né in terra. Li sostengono artificiosamente, grazie ad immissioni continue di liquidità da parte delle banche centrali che NON va nell'economia reale, ma va a sostenere i prezzi dei titoli. Lo scopo del famoso "quantitative easing" (acquisti di titoli in programmi denominati Q1, Q2 etc, praticato dalle banche centrali di tutto il mondo) è esclusivamente e sfacciatamente quello (anche se i media ed i politici continuano a raccontarci che serve a generare occupazione.. a sostenere l'economia).
Osservare per credere : l'economia soffre e ristagna, i prezzi dei titoli salgono. I nostri tecnici NON sbagliano. Sanno perfettamente cosa stanno facendo : stanno tutelando gli interessi del grande capitale finanziario internazionale, rimandando - e quindi rendendo sempre più pericoloso - il giorno del giudizio. Perché verrà, possiamo giurarci. Solo questione di tempo e di modo: ci vuole poco a "vedere" che il re è nudo. E quando qualcuno lo strillerà, anche nel sistema mediatico ufficiale, lo "vedranno" tutti.
Stanno studiando, disperatamente, come fare a trasformare quella ricchezza di carta in beni reali. Prendono tempo, ma nel frattempo qualcosa avviene. Qualcosa di brutto. La recessione che viene provocata ad arte dalle scelte di politica economica che fanno mancare soldi all'economia reale (aumenti delle tasse e tagli alla spesa pubblica) non sono errori di valutazione. Svolgono una funzione essenziale (dal loro punto di vista). La crisi economica obbliga gli operatori dell'economia reale a svendere le proprie riserve. Seconde case, aziende, terreni, gioielli. Non è forse tutto in vendita? Non è un caso. Succede sistematicamente in tutte le fasi di recessione. E, mentre noi vendiamo, sottocosto, qualcuno compra. E fa ottimi affari. Nulla accade per caso. Neppure le limitazioni della democrazia che le sistematiche riforme istituzionali stanno realizzando: servono ad imporre scelte che non rispondono al nostro interesse, di fronte alle quali sta montando una pericolosa voglia di ribellione. Ci torneremo, approfondendo e documentando.
Per ora, concludiamo il ragionamento riassumendo i punti di arrivo ai quali siamo giunti:
Tassi d'interesse reali positivi e possibilità di fare profitti finanziari distolgono la moneta dalla sua funzione essenziale e spingono gli operatori ad accumularla, con l'obiettivo di fare soldi con i soldi. Tutto ciò rende sconvenienti gli investimenti nell'economia reale e rende difficoltosi gli scambi dei beni reali e servizi prodotti.
Quindi, per evitare i problemi, è necessario fare in modo che fra le due funzioni contrastanti della moneta si faccia una scelta. Se vogliamo che la moneta svolga la sua funzione essenziale di favorire gli scambi, rendendoli sempre fluidi, dobbiamo intervenire ad evitare tutto ciò che la distoglie dalla funzione.
1) il tasso d'interesse, al netto dell'inflazione, deve essere pari a zero. Tasso reale eguale a zero e tasso nominale eguale al livello dell'inflazione al consumo.
2) il perseguimento del profitto finanziario deve essere fortemente limitato: vietando le forme di gestione collettiva del risparmio; vietando la consulenza agli investitori privati; vietando gli strumenti derivati; separando le banche finanziarie dalle banche commerciali.
Per ottenere questo risultato, è chiaro: il sistema finanziario non può e non deve essere privato. Tutte le decisioni principali relative all'uso della moneta devono assolutamente e urgentemente essere ricondotte sotto completo controllo pubblico. E' una funzione troppo importante per la collettività per poterla lasciare nelle mani di chi, essendo guidato esclusivamente dall'interesse particolare, si trova in una ingestibile e pericolosissima posizione di conflitto d'interesse.
Un mondo del genere non è utopico, ma semplicemente quello che esisteva fino a qualche decennio fa (prima delle ultime follie speculative).
E a quelli che pensano che non si possa tornare indietro, diciamo: andiamo avanti. Impariamo dall'esperienza, dagli errori, e poniamo rimedi. Qualcuno li sta immaginando a modo suo.
Gent.mo sig. Guido, molti argomenti che ha trattato, li conosco già, e devo dire che se la cava molto bene nello spiegare... anche "troppo";)
RispondiEliminaPer cui le esprimo con tutta sincerità il mio e quello di tanti altri, in un caloroso GRAZIE.
Sentirsi ringraziare, fa bene allo spirito e si fa sentire meno soli.
A parte questo, Le esprimo in due parole quello che penso.
Potrà essere sbagliato e/o non applicabile fino in fondo, ma del resto se io devo scegliere il "male minore" tra essere sfruttato e schiavizzato ed essere libero, non posso fare a meno di contestare completamente e fino in fondo tutto e ripeto tutto il sistema monetario esistente, o per lo meno i rapporti con l'estero.
Il fulcro del mio pensiero si può riassumere in questa frase... LA CULTURA E' INTERNAZIONALE, MA L'ECONOMIA E NAZIONALE.
Evito di ripetere quanto Lei a scritto sulla moneta, signoraggio e riserva frazionaria, con tutto quello che ne comporta, quello che voglio esprimere riallacciandomi alla mia precedente frase, è che la moneta di uno stato NON DEVE ESSERE OGGETTO DI RAPPORTI CON L'ESTERNO.
Se come penso ha compreso il mio pensiero, e come di solito mi esprimo in alcuni blog, che trattano la materia monetaria... non trovo corretto sottostare in un sistema monetario falsato ben oltre le fondamenta.
E' come dire di giocare con altri che stanno barando, e di stupirsi del perché si perda costantemente.
Sarà che la mia cultura, purtroppo limitata, mi a portato a cercare di comprendere la materia monetaria e che ci circonda, andando a vedere quanto era stato fatto nel passato e come ne erano usciti.
Cercherò di essere schietto e franco, ma il mio pensiero economico/monetario mi porta ad inquadrare la materia in modo completamente diverso dal solito andazzo, ovvero ritengo che la moneta deve essere emessa dallo Stato Italiano e che le banche, tutte devono essere di proprietà dello stato e non diversamente.... abbiamo visto che disastri/ricatti hanno e stanno facendo. Credo che abbia compreso che guardo con molta simpatia, (ma solamente sul lato monetario sia ben chiaro) al sistema adottato da Hitler e da quel geniaccio ebreo di Sachs.. credo che si scriva così.
Non solo sotto l'aspetto di emissione della moneta .... allora MEFO, ma per il modo di raffrontarsi nei rapporti commerciali con gli altri stati, ovvero con il baratto. Si lo so che non potevano fare diversamente, per via del Trattato di Versailles, ma questo non toglie che non si possa fare.
Come faccio sempre osservare, si potrebbe togliere in un colpo solo tutte le armi alla speculazione internazionale.
Oppure si può restare in questo mondo finanziario, cui vedi scandalo libor e quello del cambio da ultimo emerso, come fanno comprendere che il sistema non sia più assolutamente riformabile..
Se vuole commentare il mio testo e/o farmi delle osservazioni a riguardo, sono "tutt'orecchi ed occhi".
Grazie
Orazio
Gent.mo Sig. Orazio
Eliminanon ho una risposta pronta su come debba essere il sistema di relazioni monetarie a livello internazionale.
Prima ancora che sul sistema di relazioni monetarie, credo sia importante ragionare sul modo in cui avviene la produzione a livello globale. Abbiamo detto che la moneta serve a scambiarci beni reali e servizi che abbiamo prodotto con il lavoro e l'impresa. Fino a quando avremo una economia globalizzata in cui i pezzettini che compongono le nostre cose sono prodotte in tanti posti diversi, e poi debbono essere assemblate in un unico posto, abbiamo bisogno di un sistema finanziario internazionale, che renda fluidi quegli scambi.
Sono perfettamente consapevole che questo sistema non funziona, anzi ci sta letteralmente rovinando l'esistenza.
Ma sono altrettanto consapevole del fatto che bisogna intervenire sulla sostanza della produzione, prima ancora che negli aspetti monetari. Questa globalizzazione basata sulla competizione non ci può rendere felici, né tantomeno più ricchi. Serve ad arricchire le multinazionali, che dei confini nazionali se ne fregano,perché viaggiano molto al di sopra di quei confini.
E' un tema che comunque va molto approfondito, e ci dobbiamo tornare su.
IL baratto è una soluzione possibile, ma assai scomoda. La cosa importante è perseguire l'equilibro negli scambi commerciali : in un arco di tre-cinque anni al massimo, la quantità di beni che un paese importa deve essere pareggiata da quelli che esporta.
Se c'è equilibrio nella realtà, anche nella moneta sarà possibile mantenerlo.
Grazie per la risposta ... parziale.
EliminaComprendo che come tutti, Lei non abbia la risposta a tutto e/o abbia una visione nella sua totalità.
Premesso questo, trovo la parola giusta in "scambi commerciali"... se non sta bene baratto.
Capisco che con la moneta sia molto facile operare, e di questo non posso dire di essere in disaccordo.
Però ribadisco che non può e non deve essere tra nazioni, una prassi comune.
Concordo con quanto Lei afferma in merito all'abolizione della globalizzazione, che stranamente fa pand-dant con quanto affermo io.
Può essere considerato utopistico, quanto io affermo ma, se la storia ci ha insegnato qualche cosa occorre prenderne atto.
Saluti.
vorrei essere più preciso: considero il commercio internazionale una fonte di arricchimento potenziale per tutti. Arricchimento anche culturale, non solo materiale. Quello che trovo invece assolutamente inaccettabile è l'aver basato questo commercio sulla "competizione selvaggia". La competizione di oggi non premia (come ci viene raccontato) i migliori, ma esattamente l'opposto: premia che abbatte i costi sfruttando il lavoro, avvelenando l'ambiente ed eludendo tutti i costi sociali della produzione.
EliminaL'idea stupida, controproducente, connessa alla competizione, è quella di pensare che dobbiamo cercare tutti di fare la stessa cosa, al prezzo più basso possibile, per poter sopravvivere. Invece, dobbiamo concentraci ognuno a fare le cose che ci riescono bene, e poi scambiarle con gli altri. Saremmo tutti più soddisfatti.
Per poter fare questo serve una moneta che svolga la sua funzione principale, e che non possa essere utilizzata per fare soldi coi soldi.
Gent.le Sig. Rossi, il suo commento sul commercio internazionale, avrebbe un senso se....
Elimina1) non fosse un commercio a chi fa più il furbo e/o adotta tecniche di manipolazioni in tutti i sensi!
2) ci fosse una moneta unica collegata con l'oro o con dei valori tangibili e riconosciuti internazionalmente, che non possono essere manipolati!
3) deve essere equo.
Capisco il suo commento, ma se me lo permette, lo trovo utopistico.
Sono da migliaia di anni che vi sono le truffe e queste si sono evolute a dismisura con l'avvento della carta moneta, pertanto questo a mio parere è il punto focale.
La competizione ci sarà e sarà ancora più forte se verranno liberate le forze che attualmente stanno disintegrandosi, in quanto faranno emergere nel mondo la voglia di competere, ai massimi livelli ma, se non arrestiamo questo andazzo beh....
Utilizzando il trattato di Lisbona l'Italia deve uscire dalla comunità europea e quindi dall'Euro, riappropriarsi della banca d'Italia, che deve ritornare ad essere una banca totalmente pubblica in mano al Tesoro , al fine di riconquistare la sovranità monetaria e con essa il diritto di Signoraggio.
RispondiEliminaQuesta è una cosa sicuramente urgente, anche se non è l'unica. Se esistesse un provato consenso su come la sovranità monetaria debba essere usata, sarebbe tutto più facile.
EliminaIl guaio è che la grande maggioranza delle persone non è neppure consapevole della circostanza che questa sovranità è stata ceduta dalle nostre Istituzioni.
Sempre all'altezza Guido, ben detto! :)
RispondiEliminaCaro Guido, meglio di così non potevi illustrare questo sistema diabolico. é dalla tua analisi si evince che il problema prima di essere economico è giuridico.
RispondiEliminauna volta tutelati i diritti di ogni essere vivente, allora l'economista può fare il suo lavoro, rispettando chi da IL VERO VALORE AL DENARO.
GRAZIE a presto
il nome esatto per descrivere il problema, più che economico e giuridico, è : un problema politico
RispondiEliminala politica è ... "una cosa sporca" ... solo se la lasciamo in mano a persone che non meritano, che usano le leggi per difendere i prepotenti, invece dei cittadini
dobbiamo assolutamente riappropriarci della partecipazione diretta alla politica, per assicurarci che le scelte politiche (e giuridiche ed economiche) siano a favore di chi merita di essere difeso e tutelato
si la politica deve risolvere questo problema, è vero! ma la politica è in mano a chi controlla la moneta, quindi il POTERE è in mano solo a pochi, gli altri si sentono inferiori, quindi fanno il gioco dei poteri forti(per me vigliacchi), cè chi più o meno mangia e cè chi è destinato all'estinzione.
Eliminama da quello che ci ha insegnato Auriti, non cè ricchezza senza vita, quindi la moneta deve appartenere ad ogni "persona vivente" .
ogni persona deve sapere che il valore alla moneta glielo da la convenzione che gli abitanti di uno stato si danno, quindi ogni cittadino deve conoscere il suo CREDITO PUBBLICO e non il suo debito.
Guido, riesci a godere di un bene se è tuo oppure lo prendi in prestito?
sono convinto che se si rendono proprietari di uno stato ogni singolo cittadino, la gente si interesserà della vita politica e sociale e non solo del proprio orticello che prima o poi gli porteranno via.
come ti ho già detto è difficile spiegare Auriti se non si leggono i suoi libri
ok, ci sono i link qui sotto, li ho scaricati :)
Eliminasalve, intende i 3 che le ho consigliato?
Eliminacerto Luigi, li leggerò appena possibile, anche per poter rispondere in maniera sensata, grazie per i link :)
Eliminanon ci vuole nessun sottostante per rendere valida una moneta. il valore d'essa è creato per convenzione nella testa di ognuno di noi, in quanto siamo disposti ad accettare moneta contro merce perchè possiamo fare altrettanto.
RispondiEliminanon occorre rendere pubbliche le banche centrali perchè la boe è pubblica e nazionalizzata eppure i cittadini inglesi non stanno affatto bene.
bisogna innanzitutto cambiare paradigma etico sociale.
non c'è più bisogno di competere.
non bisogna per forza competere, fare la gara a chi è più bravo o a chi vende a prezzi minori ecc.
ci è sempre stato insegnato così e dalla rivoluzione industriale in poi si è esacerbata questa visione.
RispondiEliminafinchè non si impara ad aiutarsi e rispettarsi, ad unirsi e non separarsi, metterci in conflitto, evidenziare le differenze ecc. non si uscirà da questo sistema.
è la mentalità, che trae spunto da il modo di essere CALVINISTA che ha spinto l'uomo a competere e a calpestare tutti e tutto pur di raggiungere un profitto.
lo scambio internazionale arricchisce, e non si può usare il baratto x tali operazioni.
RispondiEliminaandrebbe bene anche una valuta mondiale x evitare transazioni e cambi inutili, basta che non sia privata, senza interesse, e si istituisca una LEGGE CHE DIA LA PROPRIETA' DELLA MONETA A CHI NE CREA IL VALORE, IL POPOLO.
si può tranquillamente, una volta sviluppata sufficiente coscienza sociale, vivere in un sistema ANARCHICO.
le tasse non servono per es. sono solo un modo di controllo sulla massa e x ripagare i debiti.
l'inflazione si genera solo da costo, es. il prezzo delle materie prime, e bisogna vedere perchè, ad esempio ci sono i furbi che lo alzano senza motivo, non perchè ottenere le medesime sia diventato più laborioso e quindi più costoso. tuttavia se succede si adeguano stipendi e salari e i redditi in generale, senza scompensare gli equilibri raggiunti; oppure da domanda, es. per i prodotti nuovi sul mercato che vengono richiesti in massa e in quantità superiore all'offerta iniziale, in questo caso secondo me il tempo riporta in equilibrio i due valori domanda - offerta.
es. stupido, nasce l'iphone nuovo e tutti lo vogliono. se ne offrono 1.000.000 ma lo chiedono in 1.200.000, semplice i 200.000 mancanti attenderanno più tempo x averlo.
L'IPHONE ovviamente lo reputo prodotto spazzatura e non lo comprerei mai. era solo un esempio pratico.
la riserva di valore non verrà a perderlo, quando uno risparmia e non fa circolare la moneta, perchè l'inflazione non ci sarà, se non da costo, e a questo punto giustificherei un minimo tasso di interesse x compensarla.
la moneta può quindi essere auto-emessa, basandosi su una legge di proprietà popolare di questo strumento, e tramite assemblee locali e nazionali si adegueranno le emissioni di ognuno per adeguare i flussi monetari ai flussi di ricchezza reale.
la borsa, i prodotti finanziari, e qualsiasi altro strumento speculativi vanno aboliti e banditi x legge.
quello che deve restare in piedi è un sistema di pagamenti internazionali, che cmq può sopravvivere senza banche.
le banche centrali sono il male minore del problema.
sono le commerciali (in cui racchiudo anche quelle di investimento visto che oggi lo glass-steagal act oggi non è più in vigore) che creano il 98% della massa monetaria indebitandoci
suggerisco di leggere il valore del diritto che tratta il valore indotto della moneta, e il paese dell'utopia, per capire da dove derivi il valore della moneta, a chi va attribuito (come ho detto sopra a chi lo crea, cioè al popolo), e vi suggerisco anche l'acquisto e la un e-book per avere una visione molto più completa rispetto a quella che ho delineato io qui sui sistemi di emissione e sul ritorno all'etica che coincide con il soddisfacimento dei bisogni naturali, con il contemporaneo e necessario abbandono del sistema di induzione al consumo implementato attualmente; prima che mi si taccia di anti-stato o peggio.
insomma auspico prima di essere criticato, la lettura dei testi da cui traggo spunto x le mie riflessioni.
sotto inserisco i link
IL VALORE DEL DIRITTO
https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&ved=0CDMQFjAA&url=http%3A%2F%2Fdigilander.libero.it%2FTerra_Nostra%2FIl_valore_del_diritto.pdf&ei=cwboUbiGFaK74ATcjYFg&usg=AFQjCNGS7cfNoaHQqZU0hs2kvXB0xlzg6Q&sig2=DTeDozwXM7WqxStiDL0IxA&bvm=bv.49478099,d.bGE
IL PAESE DELL'UTOPIA
https://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&ved=0CDEQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.signoraggio.com%2Fauriti%2Filpaesedellutopia_auriti.pdf&ei=vQboUfK4Aarl4QSshIDIBA&usg=AFQjCNHlJOF2lfgLVCQSNEsBS-Pop-MH2w&sig2=bEGaN-x4W0h85Tqjvf1UDA&bvm=bv.49478099,d.bGE
LA MONETA DELL'UTOPIA
http://www.lulu.com/shop/daniele-pace/la-moneta-dellutopia/ebook/product-20664057.html
Gentile Signor Grossi,
RispondiEliminaavremmo voluto contattarla in privato, ma non abbiamo né indirizzo né telefono.
Sarebbe così cortese da indicarci il suo indirizzo mail qui:
grazie per l'attenzione e buon lavoro
salve, grazie
RispondiEliminaguig2012@gmail.com