ISTRUZIONI PER L'USO

IL TALLONE D'ACHILLE è pensato per scrivere libri, direttamente su questo blog. Qui comincia l'Eredità di Michele, l'ultimo scritto. Il precedente è stato interrotto, si vede che doveva maturare. Qui trovate IL primo LIBRO, col suo indice ed i post che lo compongono.
I "libri" raccolgono commenti, critiche e suggerimenti di chiunque voglia partecipare con spirito costruttivo. Continuano un percorso iniziato con le Note scritte su Facebook , i cui contenuti sono ora maturati ed elaborati in una visione d'insieme, arricchiti da molti anni di esperienze diverse e confronti con persone diverse.

I Post seguono quindi un percorso logico che è bene conoscere, se si vuole ripercorrere il "discorso" complessivo. Naturalmente è possibile leggere singoli argomenti ai quali si è interessati. Argomenti spot - che spesso possono nascere dall'esigenza di commentare una notizia - saranno trattati in pagine dedicate.

Buona partecipazione!


mercoledì 29 marzo 2017

Capitolo V - Crescere / Distribuire


link a Capitolo IV                       



Una delle idee più subdole che siano mai state infilate nel nostro immaginario collettivo è quella della “crescita”.  "Dobbiamo crescere, stiamo crescendo troppo poco, dobbiamo quindi diventare più competitivi per tornare a crescere"; "senza crescita non ci può essere lavoro"; "senza crescita non c’è benessere, solo povertà e disperazione".


Chi di Noi non sarebbe disposto  a fare sacrifici per vedere più benessere, lavoro per i nostri figli, per vedere sparire povertà e disperazione?



Il concetto di "crescita" è avvincente!


Eppure, sono nato sessantadue anni fa, ero piccolo e indifeso, e sono cresciuto.  Non pensavo dipendesse dal PIL. E continuo a crescere, anche oggi. Magari non tanto in altezza quanto in larghezza, va bene. In esperienza, in consapevolezza, nella conoscenza delle persone, nell’amore per la Natura e tutto ciò che rappresenta. Anzi, direi che più scende il PIL e più cresce la mia consapevolezza! Questo perché in tempi di crisi viene voglia di studiare e, nel bisogno di capire, mi sono incontrato con tanti altri me stesso, anche loro alla ricerca di una migliore comprensione.



Starno pensiero: noi possiamo crescere anche se non cresce il PIL. Magari è valido anche al contrario: il PIL cresce e noi no!



Torniamo all'economia, per vedere, ma per benino, cosa cresce e cosa non cresce. 


(Apro una piccolissima parentesi per rassicurarvi, prima che buttiate il libro alle ortiche: state tranquilli, non vi propongo la “decrescita felice”, perché la conosco solo per sentito dire. Magari è una teoria pregiudicata dalla scelta assai “infelice” del segno, del nome o, forse, fortemente svalutata dai cospicui investimenti fatti da denigratori vari che giocano sull’equivoco. Non lo so. Chiusa parentesi).

Chi sa cosa è il PIL ?


E' un numero, guardiamolo, intanto :






































Si può calcolare anche misurando la produzione, o il reddito, ma il risultato è lo stesso (identico numero).
Attenzione: quando professori  e tecnici sfornati da prestigiose università (private) ci dicono : “Dobbiamo crescere, stiamo crescendo troppo poco, dobbiamo quindi diventare più competitivi per tornare a crescere"; "senza crescita non ci può essere lavoro"; "senza crescita non c’è benessere ma povertà e disperazione”; sembra che si rivolgono a noi (Noi dobbiamo crescere) ma, in realtà, intendono il PIL, non Noi : (è il PIL che deve crescere). 

Noi siamo sicuramente contenti di “crescere”. Ma, mi domando: Siamo altrettanto contenti se cresce il PIL e non, anche, Noi?

Riscriviamo la frase usando diversamente i segni, ed alcune questioni ci appariranno, forse, diverse :

Deve crescere il PIL, il PIL sta crescendo troppo poco, Noi dobbiamo quindi diventare più competitivi per tornare a far crescere il PIL. Senza crescita del PIL non ci può essere lavoro per Noi. Senza crescita del PIL non c’è benessere  ma povertà e disperazione (per Noi).

E, visto che ora la stessa frase ci risulta un po’ diversa, ci viene anche voglia di verificare se sia giusta, se sia vera.

Intanto, abbiamo capito che Noi ed il PIL sono due cose diverse. Vediamo se sono almeno conciliabili ed armoniche (seguono lo stesso andamento) o sono dissociabili: uno sale e l’altro scende, uno cresce e l’altro decresce. Per esempio, il PIL sale mentre Noi diventiamo più poveri (economicamente parlando). E’ mai possibile? Si, oh sì: chiedetelo ai quattro milioni 598 mila poveri assoluti, ai dodici milioni ed oltre sulla soglia di quella povertà assoluta. Agli altri milioni (non sappiamo quanti sono) che siccome hanno qualche centesimo in più della soglia statistica, non sono considerati poveri. Chiediamolo a loro se stanno “crescendo”.





VALORE DEL PIL TRIMESTRALE DAL 2000 AL 2016

Tutta l’area al di sotto della linea rossa e al di sopra di 385000 rappresenta la crescita del PIL negli ultimi quindici anni.



In pratica : in un trimestre dell’anno 2000 il Prodotto Interno Lordo (PIL) era pari ad una media di 385 miliardi di euro. In Italia, allora, si producevano 1540 miliardi all’anno (385 x 4 trimestri).  Oggi, dopo aver visto quel PIL salire per otto anni fino al 2008 (1700 miliardi in un anno), poi scendere per altri otto anni, fino più o meno ad oggi, siamo tornati al punto di partenza. Ma, attenzione: durante tutto il periodo il dato di ogni trimestre è rimasto al di sopra dei 385 iniziali. In tutti questi anni abbiamo prodotto più di quanto producevamo nel 2000, abbiamo accumulato PIL, negli anni. Quando ci dicono che il PIL rallenta, non vuol dire che diventa più piccolo, ma solo che cresce meno velocemente.  Quando dico che il PIL nel 2009 è sceso (è letteralmente diminuito), intendo dire che il PIL del 2009 è inferiore a quello del 2008, perché il confronto lo faccio solo con l’anno precedente, ma è sempre più alto di quello del 2000! Insomma, mediamente, dal 2000 al 2015 abbiamo prodotto in Italia decisamente di più dei 1540 miliardi di euro all’anno che producevamo nel 2000. Il PIL , in questo periodo, è cresciuto.

Vediamo ora la povertà come evolve, sempre seguendo l’Istat  in questa ricostruzione (è  parziale, dal 1997 al 2013 ma non ho trovato di meglio): 



Negli anni misurati, gli individui in povertà assoluta più che raddoppiano: passano da 1 milione e 911 mila del 2005 (dati antecedenti non ci sono), ai 4 milioni e 420 mila del 2013 (dati successivi non ci sono). 

Per gli individui in povertà relativa abbiamo dati precedenti: stazionano da 6 milioni e 436 mila del 1997 a 6 milioni e 420 mila del 2005; poi iniziano a salire rapidamente fino ai  7 milioni e 822 mila del 2013 (fine dei dati). Non so come conciliarli con quelli di fine 2015 già citati nel secondo capitolo (cioè, non so se i 4 milioni e  598 mila del 2015 siano comparabili con i 4 milioni e 420 mila del 2013; ragionevolmente si ma, trattandosi di lavori diversi,  non so se usano classificazioni e criteri omogenei).  Altri lo faranno meglio di me.  

Io mi accontento di constatare che sì, si fa una gran fatica ad avere informazioni dettagliate, complete e facilmente “leggibili” sulla povertà (meglio non vederla, ricordiamo?). Ma, anche accontentandoci del poco a disposizione, è inequivocabilmente chiaro il senso del discorso, e il “segno” di come vadano le cose: nella direzione sbagliata! La povertà è cresciuta, e di tanto: più che raddoppiata: da 1 milione e 900 mila a 4 milioni e 600 mila!

Il PIL sale, la Povertà aumenta.  Documenti alla mano. E se i documenti risultano confusi, interroghiamo la nostra coscienza (la nostra sapienza interiore, la nostra consapevolezza): ci guardiamo intorno e rispondiamo interiormente alla domanda: vedevo più povertà (materiale) intorno a me nel 2000? Oppure oggi, dopo sedici anni di PIL più alto?

La famosa frase iniziale, pur corretta con segni più chiari, risulta assai equivoca.  Ci trae in inganno. Magari, ci fa accettare sacrifici nella speranza di vedere miglioramenti in ciò che ci sta a cuore (creare lavoro, ridurre la povertà) ma, nella realtà, quello non succede, mentre succede altro.

… Senza crescita del PIL non c’è benessere  ma povertà e disperazione (per Noi). 

In realtà : con la crescita del PIL (in questi anni) c’è stata ancora più povertà e disperazione (per Noi).

Potremmo pensare che sono anni particolari; potremmo pensare che il PIL è cresciuto troppo poco; Oh sì, molti scienziati ci diranno esattamente questo: troppo poco PIL, dovete fare ancora più sacrifici (fateci caso, nella frase un segno è cambiato: non c’è più il Noi, ma è apparso il Voi. Eh già, i professori non fanno sacrifici, ma - quando arrivano a diffondere il verbo nelle televisioni e sui giornali - accumulano ricchezze, potere, successo.  Vi sembra una denigrazione gratuita?  Allora controllate - ma fatelo di persona - la pensione di Amato, il padre della prima Riforma Strutturale sulle pensioni; quella della Fornero, se già la percepisce, o il suo reddito; il patrimonio di Monti … etc., etc. Fate voi, documentatevi come ritenete opportuno. Toccare con mano, di persona, rimane più impresso.

Sicuramente, per onestà intellettuale, va anche detta una cosa: la crescita economica (la crescita del PIL), storicamente parlando, analizzando cioè periodi molto lunghi, può essere statisticamente associata alla “crescita ed alla diffusione del benessere”.  Montagne di documenti e studi al riguardo.

Ora, a prescindere dal fatto che dovremmo metterci meglio d’accordo su cosa intendiamo per “benessere” e cosa intendiamo per “diffusione del benessere” (spero che il capitolo precedente abbia prodotto riflessioni a riguardo), a Noi tutti dovrebbe interessare enormemente, in ogni caso, capire come e perché :

1) ci sono periodi anche prolungati durante i quali il PIL cresce ma la Povertà aumenta

2) quando il PIL non cresce, i sacrifici vengono sistematicamente scaricati solo sulle fasce più deboli.


Per comprendere questi aspetti, dobbiamo necessariamente chiederci un po’ meglio cosa sia, in buona sostanza,  questo benedetto  PIL che, istintivamente (perché così ci hanno detto), associamo alla “ricchezza nazionale”.


 PIL = Prodotto Interno Lordo

Definizione di prodotto Interno Lordo … uff! Percorso ad ostacoli, complicato, molto tecnico, noiosissimo. Parliamo della ricchezza prodotta in un anno nel paese, ma vi avevo già avvisato che sul concetto di “ricchezza” ci si può dividere e soprattutto, confondere.

Comunque, ci vengono proposte dalla scienza ben tre possibilità per rappresentare e misurare questo unico concetto. Tre possibilità che portano a numeri identici (il PIL è un numero, nient’altro che un numero, registrato nella Contabilità Nazionale) : 

1)  il valore ai prezzi di mercato che la produzione di un anno aggiunge a tutti i prodotti e servizi disponibili allo scambio. Volgarmente parlando: prendo una manciata di terra che vale poco, la trasformo in un pregevole oggetto di terracotta, misuro il valore della terra all’inizio e vedo a quanto posso vendere l’oggetto alla fine; quella differenza, quel “valore aggiunto”, va a fare il PIL e ci dice, numericamente, quanta ricchezza ho prodotto.

2) oppure la somma della spesa in consumi fatta in un anno dalle famiglie, più gli investimenti delle aziende, più la spesa pubblica, più il saldo del commercio estero. Che volgarmente vuol dire : tutti i soldi “spesi” (il fatturato).

3) oppure: la somma dei redditi delle famiglie e dei profitti delle imprese. Più o meno, tutti i soldi “guadagnati”.


Non ho mai capito bene alla fine cosa si sta misurando, esattamente. Se la produzione o gli scambi. Se il valore dell’oggetto che ho prodotto, anche se me lo tengo in casa e non lo vendo a nessuno (per una azienda, la roba che rimane nei magazzini, magari per sempre, perché nessuno ha soldi per comprarla, o perché non piace a nessuno, è ricchezza o è spreco? boh). Oppure solo ciò che viene scambiato, insomma il fatturato, indipendentemente dal momento in cui viene prodotto. Punti di vista. Più ci metto il naso, e più mi appare chiaro un concetto. In maniera più intuitiva che analitica, ma rafforzato da segni sempre più concentrici e univoci: il PIL, gira che ti rigira, misura essenzialmente il fatturato ed i profitti delle aziende (che, in Italia, stanno diventando straniere …). E lo chiamiamo Ricchezza Nazionale !

Se volete una risposta esauriente, scientifica, potete trovarla sul sito dell’Istat, incaricato di fare i calcoli per tutti noi. Oppure sul sito dell’ente di statistica europeo, Eurostat.


Qui ed ora, però, non è importante essere precisi e scientifici per riuscire comunque a capire immediatamente, e abbastanza scientificamente, una cosa importante: 


ci sono tanti punti di vista, tante componenti, tante forze in gioco, tanti soggetti diversi, e tutti concorrono (corrono insieme) per far crescere l’obiettivo unico, il numero : il PIL.

Quello che, invece, diventa evidente solo riflettendoci accuratamente su, è che tutti corrono, ma il beneficio (la ricchezza fatta di soldi) si può distribuire in qualsiasi modo possibile, senza che il risultato cambi. Ricordate, alla scuola media ? 

Pil = RF (redditi famiglie) + PI (profitti imprese)
Se PIL = 1000, qualsiasi combinazione di RF + PI che faccia 1000 è buona
RF = 600 ; PI = 400 : RF + PI = 1000
ma, anche : RF = 300; PI = 700: RF + PI = sempre  1000
ma, anche : RF = 100; PI = 900: RF + PI = sempre e comunque 1000

Compito  a casa (molto importante): cercare le componenti del PIL scegliendo la definizione che più vi aggrada; assegnare casualmente diversi valori ad ogni componente in maniera tale che il risultato sia sempre = a 1500 miliardi (il nostro PIL attuale); collegare i simboli delle componenti ai volti ed ai nomi delle persone che si arricchiscono, mentre altre diventano più povere. 


Poi, con calma, e senza perdere la pazienza, verificate quanto di quel PIL è prodotto da aziende che, essendo di proprietà straniera, se lo portano via quando gli pare !


Questo è indiscutibile :

Il PIL cresce. Qualcuno si arricchisce. Qualcuno diventa più povero. Qualcuno si toglie la vita.

La statistica inganna, sempre. Produce illusioni: "sale la ricchezza nazionale", ci dice il TG, e automaticamente ci aspettiamo la nostra parte, subito o fra un po'. Bada bene: non perché siamo sciocchi, ma perchè così ci hanno promesso. Purtroppo, non funziona così: qualcuno si arricchisce (troppo) e qualcuno si toglie la vita, Questa è la realtà. 

Pensieri sparsi sulla ricchezza nazionale. Produrre una pistola, fa crescere il PIL. Comprare proiettili fa crescere il PIL. Sparare ad una persona No, ma portarla in ambulanza all’ospedale o al cimitero si; produrre una cassa da morto e fargli il funerale fa crescere il PIL. Produrre concimi e pesticidi e diserbanti uccide la vita nel suolo, ma fa crescere il PIL. Mangiare un frutto selvatico No, non fa crescere il PIL. Prendere una mela, trasformarla in succo, aggiungerci coloranti, dolcificanti, conservanti, antiossidanti, aromi naturali e/o chimici, fa crescere il PIL. Produrre quegli additivi fa crescere il PIL. Ottenere certificazioni sulla salubrità degli additivi fa crescere il PIL. Curare il diabete ed il cancro che quei componenti chimici potrebbero scatenare - forse, pare, si dice, mentre la scienza ufficiale e privata non si pronuncia o nega (ufficialmente e a pagamento, facendo crescere il PIL) -, fa crescere il PIL. Produrre medicine per curare diabete e cancro fa crescere il PIL. Comprare cibo al supermercato fa crescere il PIL, anche se il 30% di quel cibo lo buttiamo. Sissignori, anche se il 30% lo compriamo e lo buttiamo, la nostra “buona azione” viene riconosciuta e registrata nella contabilità nazionale per intero: anche quel 30% fa salire il PIL. Portare nelle discariche il cibo scartato - mentre ci sono 800 milioni di persone che patiscono la fame - fa crescere il PIL. Il percolato delle discariche penetra nelle falde acquifere, e intossica l’acqua. Filtrarla e disinfettarla con il cloro fa crescere il PIL. Anche indirettamente, il suo sacrificio per la patria viene premiato: ci spinge a comprare acqua minerale. E questo sì che fa salire il PIL. E’ privata, quell’acqua, è presa a volte dalle stesse falde acquifere, è sottoposta alle stesse procedure di controllo dell’acqua del sindaco. Anzi, diciamo che forse potrebbe ottenere valutazioni compiacenti, perché le certificazioni vengono fornite da un ente privato a un soggetto privato e pagate, facendo crescere il PIL; paga chi le richiede ed ha un interesse privato ad ottenerle favorevoli;  viene pagato chi le rilascia ed ha un interesse privato a rilasciarle, sapendo che è in concorrenza con tanti altri certificatori, tutti privati.  Mentre noi diamo per scontato che corrotto è solo il pubblico. In questo caso, al massimo, il  pubblico, potrebbe essere corrotto (o venire corrotto, sai tante volte, i punti di vista come cambiano le cose) quando certifica ( “accredita”, a pagamento e facendo crescere il PIL) che i privati certificatori sono bravi guaglioni. L’acqua privata la paghiamo 20 centesimi al litro; più di cento volte di più di quanto paghiamo l’acqua pubblica : 1-2 euro a metro cubo (1000 litri), cioè 1 o due millesimi di euro al litro. Non è migliore, l'acqua privata. E' più a rischio, la compriamo a prezzi esagerati e la beviamo sentendoci più sicuri (perché la pubblicità è potente, infinitamente potente) facendo crescere il PIL. La pubblicità fa crescere il PIL. Uh quanto lo fa crescere, il PIL la pubblicità. I circa 100 miliardi all’anno che persone disperate ed ingenue spendono nel gioco ufficiale d’azzardo sperando di trovare una soluzione ai propri problemi economici, fa crescere di molto il PIL. Parliamo di slotmachine, gratta e vinci, lotterie. Tutte pubblicizzate dal Governo - che ci mette sopra le tasse, quando le riscuote - attraverso le televisioni nazionali con una forma di ipocrisia che grida vendetta. Anche quella pubblicità fa crescere il PIL. Curare le decine di migliaia di malati di ludopatia, fa crescere il PIL. La produzione di slot machine fa crescere il PIL, l’organizzazione del gioco che investe la distribuzione nei bar fa crescere il PIL. I gestori, privati, quelli che hanno ricevuto la concessione dal governo e organizzano il tutto, secondo qualcuno in odore di illegalità, fanno crescere il PIL guadagnando più dello Stato che gli ha consesso le licenze.  L’export fa crescere il PIL. Mbè?  Questo va bene. Come no : qualcuno si spacca la schiena per estrarre un bel pezzo di marmo da una cava di Carrara. Un camion lo va a prendere e lo trasporta fino da Michelangelo. Quello tira fuori il meglio di sé e ti scolpisce “la Pietà”. Poi, trova un compratore cinese e gliela vende. Il cinese effettua un bel bonifico e, in cambio della Pietà, Michelangelo e l’Italia si ritrovano con dei numeri su un computer: il saldo del conto di Michelangelo su una banca. Numeri su un computer, in Italia, che la contabilità nazionale registra orgogliosamente nella crescita del PIL. Il cinese, in cambio di quei numeri, si è portato la Pietà fuori dall’Italia a Pechino. La vuoi vedere? Alza il culo, e parti. La guerra, poi, la storia ci insegna, il PIL lo fa esplodere. Prima, durante e dopo. Mentre prepara bombe, aerei  e carri armati sale il PIL; mentre uccide persone e distrugge case e chiese sale il PIL, ma sale tanto che lo confondi con l’inflazione; quando si ricostruiscono case e chiese, e le persone morte le puoi solo seppellire, e non ti va di ricordarle, il PIL sale che è una bellezza.

Tutto questo, in cambio di una smart TV, Un Suv ruggente, un tablet, una vacanza all’estero. E, fra poco, se non stiamo attenti, in cambio di una “macchina automatizzata e connessa” che, per circolare, avrà bisogno di uno stato di polizia (vedi libro bianco della commissione europea sul futuro programmato per noi).

Hanno il potere, queste cosette, miracoloso, affascinante, sconvolgente, di farci chiudere tutti e due gli occhi, di tacitare il nostro cuore, di farci dimenticare lo spirito divino che è in tutti noi.

Passeggiata? Eh no. Non ce la meritiamo. Adesso ci leggiamo la lettera di Michele. La riporto integralmente. A spasso, ci andiamo dopo, per rispetto.



La lettera di Michele :




"Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi."

di Michele

Ho vissuto (male) per trent’anni, qualcuno dirà che è troppo poco. Quel qualcuno non è in grado di stabilire quali sono i limiti di sopportazione, perché sono soggettivi, non oggettivi.

Ho cercato di essere una brava persona, ho commessi molti errori, ho fatto molti tentativi, ho cercato di darmi un senso e uno scopo usando le mie risorse, di fare del malessere un’arte.

Ma le domande non finiscono mai, e io di sentirne sono stufo. E sono stufo anche di pormene. Sono stufo di fare sforzi senza ottenere risultati, stufo di critiche, stufo di colloqui di lavoro come grafico inutili, stufo di sprecare sentimenti e desideri per l’altro genere (che evidentemente non ha bisogno di me), stufo di invidiare, stufo di chiedermi cosa si prova a vincere, di dover giustificare la mia esistenza senza averla determinata, stufo di dover rispondere alle aspettative di tutti senza aver mai visto soddisfatte le mie, stufo di fare buon viso a pessima sorte, di fingere interesse, di illudermi, di essere preso in giro, di essere messo da parte e di sentirmi dire che la sensibilità è una grande qualità.

Tutte balle. Se la sensibilità fosse davvero una grande qualità, sarebbe oggetto di ricerca. Non lo è mai stata e mai lo sarà, perché questa è la realtà sbagliata, è una dimensione dove conta la praticità che non premia i talenti, le alternative, sbeffeggia le ambizioni, insulta i sogni e qualunque cosa non si possa inquadrare nella cosiddetta normalità. Non la posso riconoscere come mia.

Da questa realtà non si può pretendere niente. Non si può pretendere un lavoro, non si può pretendere di essere amati, non si possono pretendere riconoscimenti, non si può pretendere di pretendere la sicurezza, non si può pretendere un ambiente stabile.


A quest’ultimo proposito, le cose per voi si metteranno talmente male che tra un po’ non potrete pretendere nemmeno cibo, elettricità o acqua corrente, ma ovviamente non è più un mio problema. Il futuro sarà un disastro a cui non voglio assistere, e nemmeno partecipare. Buona fortuna a chi se la sente di affrontarlo.

Non è assolutamente questo il mondo che mi doveva essere consegnato, e nessuno mi può costringere a continuare a farne parte. È un incubo di problemi, privo di identità, privo di garanzie, privo di punti di riferimento, e privo ormai anche di prospettive.

Non ci sono le condizioni per impormi, e io non ho i poteri o i mezzi per crearle. Non sono rappresentato da niente di ciò che vedo e non gli attribuisco nessun senso: io non c’entro nulla con tutto questo. Non posso passare la vita a combattere solo per sopravvivere, per avere lo spazio che sarebbe dovuto, o quello che spetta di diritto, cercando di cavare il meglio dal peggio che si sia mai visto per avere il minimo possibile. Io non me ne faccio niente del minimo, volevo il massimo, ma il massimo non è a mia disposizione.

Di no come risposta non si vive, di no si muore, e non c’è mai stato posto qui per ciò che volevo, quindi in realtà, non sono mai esistito. Io non ho tradito, io mi sento tradito, da un’epoca che si permette di accantonarmi, invece di accogliermi come sarebbe suo dovere fare.

Lo stato generale delle cose per me è inaccettabile, non intendo più farmene carico e penso che sia giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi, che esiste l’alternativa al soffrire: smettere. Se vivere non può essere un piacere, allora non può nemmeno diventare un obbligo, e io l’ho dimostrato. Mi rendo conto di fare del male e di darvi un enorme dolore, ma la mia rabbia ormai è tale che se non faccio questo, finirà ancora peggio, e di altro odio non c’è davvero bisogno.
Sono entrato in questo mondo da persona libera, e da persona libera ne sono uscito, perché non mi piaceva nemmeno un po’. Basta con le ipocrisie.

Non mi faccio ricattare dal fatto che è l’unico possibile, il modello unico non funziona. Siete voi che fate i conti con me, non io con voi. Io sono un anticonformista, da sempre, e ho il diritto di dire ciò che penso, di fare la mia scelta, a qualsiasi costo. Non esiste niente che non si possa separare, la morte è solo lo strumento. Il libero arbitrio obbedisce all’individuo, non ai comodi degli altri.
Io lo so che questa cosa vi sembra una follia, ma non lo è. È solo delusione. Mi è passata la voglia: non qui e non ora. Non posso imporre la mia essenza, ma la mia assenza si, e il nulla assoluto è sempre meglio di un tutto dove non puoi essere felice facendo il tuo destino.

Perdonatemi, mamma e papà, se potete, ma ora sono di nuovo a casa. Sto bene.

Dentro di me non c’era caos. Dentro di me c’era ordine. Questa generazione si vendica di un furto, il furto della felicità. Chiedo scusa a tutti i miei amici. Non odiatemi. Grazie per i bei momenti insieme, siete tutti migliori di me. Questo non è un insulto alle mie origini, ma un’accusa di alto tradimento.

P.S. Complimenti al ministro Poletti. Lui sì che ci valorizza a noi stronzi.


Ho resistito finché ho potuto.








Non conosco Michele né la su storia. Potrebbe essere il figlio di ognuno di noi.


Michele è figlio di ognuno di Noi. 


Il senso di questa lettera, le sue parole, i suoi segni, uno per uno, vanno raccolti. Custoditi. Elaborati. 

Rappresentano la Sua eredità; è preziosa.

Con questa frase ci dobbiamo fare i conti, davvero, perché è solo la nostra “rassegnazione”; solo  la nostra“abitudine” ad una “normalità intollerabile”, che ha potuto rendere :  



            “giusto che ogni tanto qualcuno ricordi a tutti che siamo liberi” .




Non può essere, non deve essere, non è  : “giusto”.

Ringrazio infinitamente e ammiro i genitori che hanno avuto il coraggio e la forza di renderla pubblica! non so se ci sarei riuscito.


Della crescita del PIL scelgo tranquillamente di fare a meno nel momento stesso in cui scopro che, per averla, devo rubare il futuro ai miei figli. E non ho dubbi sul fatto che la stragrande maggioranza delle persone, poste in maniera trasparente di fronte a questo bivio, scelgono esattamente la stessa strada.


Arrivati a questo punto, scegliamo di parlare di Solidarietà e di Distribuzione, piuttosto che di crescita del PIL.



Non abbiamo il diritto, né giuridico, né morale, di mantenere i nostri privilegi, piccoli o grandi che siano; non abbiamo il diritto di accaparrarci il presente, se non siamo disposti  a condividere il nostro “benessere”,  sia con gli ultimi di oggi, sia con chi verrà, domani, dopo di noi. Questa è una verità assai scomoda, eppure è scolpita oggi nella Costituzione che ignoriamo, è scolpita da sempre e tramandata negli insegnamenti morali di qualsiasi epoca e luogo.  



Come è stato possibile che la nostra intera ”civiltà” li ignori con tanta leggerezza, con tanta colpevole indifferenza?  Che cosa è “civile”?


Come è possibile sentirsi “migliori”, qui dentro?

Cominciamo col parlare meno di PIL e più di Distribuzione.

Guarda: perfino una crescita così “stupida” del PIL è comunque compatibile con modalità assai ben più solidali, inclusive, che distribuiscono in maniera equa il valore prodotto; in maniera sostenibile; in maniera basata su altri e più nobili criteri di giustizia sociale, piuttosto che questa folle corsa ad una competizione che seleziona i più aridi di cuore e li premia con potere e denaro, schiacciando gli ultimi. 

Possiamo continuare così come ora, e "lasciar fare ai mercati", oppure ricordarci che è nostro dovere scegliere, e farlo con Responsabilità.

E se dovessimo accorgerci  che le scelte che colpevolmente abbiamo pensato di delegare a professori e tecnici, erano di fatto lasciate alle forze di mercato, sottratte alla responsabilità della politica?

Se dovessimo scoprire che la Politica è diversa, assai diversa e importante, da quella che ci beviamo nei talk show. Se dovessimo scoprire che è decisamente più importante di quella che ci “narrano” gli stupidissimi talk show che ci annoiano parlando insistentemente dei politici (persone che affermano di occuparsi di politica) ma non dei temi della Politica (i problemi di tutti noi); che ci raccontano degli scandali, in maniera esasperata, invereconda, e mai dei problemi della comunità; ci spaventano con terrorismo e criminalità; e mai indicano una seria soluzione Politica ai problemi della società, che poi siamo noi. Una, una sola che risulti, contemporaneamente, seria, fattibile, approfondita, comprensibile, condivisibile. Si parla del sesso degli angeli, e ce la chiamano politica. Se poi uno si stufa e decide di non occuparsi di politica come fai a dargli torto?

Allora io dico che la nostra indignazione dovrebbe esplodere. Per come ci hanno ingannato, per come ci siamo lasciati ingannare.

La Politica è, e non può essere altro, che Responsabilità della Scelta. Non esiste possibilità di buona Politica, senza quella Responsabilità.

Attenzione, attenzione : non esiste Economia senza Politica. Perché senza politica, i mercati “allocano”, “efficientemente”, attraverso la mano che è invisibile, la ricchezza prodotta da tutti nelle tasche dei pochi furbi che ci chiedono, cortesemente, di “lasciarli fare”. Possibilmente indisturbati.

Una Politica che ci racconta che non è possibile distribuire, che non è possibile essere solidali, che non è possibile condividere, che non è possibile fare della sensibilità oggetto di studio, è solo ingannatrice e vigliacca. Contraria alla nostra umanità, e va rifiutata.

Ma non è tutto. Perché se scopriamo, subito dopo, che una crescita vera del nostro stare bene, del nostro reale “benessere” del nostro vivere bene, profonda, prolungata, sostenibile, equilibrata, condivisa, è totalmente indipendente da quella stupida crescita del PIL. Se scopriamo che  i beni “materiali” di cui abbiamo realmente bisogno sono infinitamente minori di quelli che produciamo così affannosamente e in maniera così inefficiente, mentre ciò di cui abbiamo veramente bisogno è di rapporti amorevoli con il nostro prossimo, di armonia, di pace, di amore, di accoglienza. Di sensibilità. E tutto ciò è escluso dalla "produzione". Valori enormi, bisogni profondi, che questa folle rincorsa a produrre per buttare ha chiuso ermeticamente fuori della porta. 



Non ci verrebbe forse voglia di riaprire quel portone, e capire meglio cosa c’è dentro?

Chi ci fa credere che la Politica debba avere a che fare solo col denaro, mente sapendo di mentire. Nella Polis, nella Res Publica, ci siamo Noi, con la nostra infinita e fragile umanità.



Il denaro può essere solo l’ultimo dei nostri servi.

Anche in questo caso, La Politica è, e non può essere altro, che Responsabilità della Scelta.



Magari, occupandoci un po’ meglio della Polis, mentre ci sforziamo di riaprire quel portone, potremmo scoprire che il Paradiso Terrestre è dietro l’angolo. Fuori dalla nostra “civitas”. Ma ci arriviamo.




Memento

Come è fatto il PIL (cosa c’è dentro); Come è Distribuito il PIL; sono cose immensamente, enormemente, indiscutibilmente più importanti di quanto Cresce il PIL.

Se il PIL non cresce, ma è fatto di cose buone ed è distribuito con solidarietà, siamo tutti felici!

Se il PIL cresce, ma è fatto di porcherie ed arricchisce solo i ricchi, siamo tutti infelici, o no? Ricchi compresi, credetemi. I ricchi e i potenti sono infelici.

(leggere dieci volte, e ripetere a voce alta).


Link a Capitolo VI 

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