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IL TALLONE D'ACHILLE
Cap. I
Verità a confronto
1. I mercati ci giudicano
Da
una parte la rappresentazione che i politici, le TV e i giornali ci propongono della realtà socio economica; dall'altra: dati, numeri, fatti di dominio
pubblico, ragionamenti... e il nostro buon senso. Insostituibile.
Usiamo tre argomenti per il confronto, tre "miti" da sfatare:
- l'oggettività dei mercati finanziari, che è alla base del nostro presunto (e sollecitato) interesse ad "ascoltarli";
- lo spauracchio dell'inflazione e l'imperativo categorico di doverla tenere a bada;
- la necessità di "competere", per diventare migliori :)
Ci viene detto: Siamo noi che dobbiamo dimostrare ai mercati di essere affidabili, perché sono i migliori ed imparziali giudici dei nostri comportamenti !
Ci domandiamo: Non saranno forse i mercati che devono ancora dimostrare di meritare la nostra fiducia ?
Ci domandiamo: Non saranno forse i mercati che devono ancora dimostrare di meritare la nostra fiducia ?
Accendiamo la televisione per un telegiornale ed immancabilmente ci raggiunge la notizia sull'andamento dei mercati finanziari. Salgono, scendono, ci controllano e ci giudicano. Le notizie sul fronte della politica e dell'economia vengono infatti presentate sempre più spesso in diretta relazione alla salita o discesa delle borse o dello "spread".
E
pensare che un tempo c'erano solo i giornali specializzati: se eri un
ricco signore che investiva in borsa compravi "quel"
giornale, oppure vivevi tranquillo, ignorando i mercati. Le borse in televisione ci finivano raramente, quando accadeva qualcosa di veramente importante.
Così, al giorno d'oggi, osservando la diffusione invadente di quei commenti su tutti i Tg e la carta stampata, pensavo ingenuamente: ma quanta gente gioca in borsa?
Così, al giorno d'oggi, osservando la diffusione invadente di quei commenti su tutti i Tg e la carta stampata, pensavo ingenuamente: ma quanta gente gioca in borsa?
Sicuramente tanti cittadini sono stati affascinati dai miraggi del
facile arricchimento, soprattutto dopo l'esuberanza irrazionale delle
borse degli anni '80 e '90. Ve li ricordate gli anni ruggenti delle borse? Interessante osservare il grafico secolare dell'indice della borsa americana Dow Jones Industrial Average, dalla sua nascita nella fine del 1800 fino ai primi anni del nuovo millennio. Osservare l'andamento, decennio per decennio, come riportato in questo interessante studio di Arezzo Trade. Valutare visivamente la salita dei prezzi decennio per decennio, altalenante, discontinua. Arrivate agli anni '80 e poi ai '90 e dite voi la differenza.
Oppure osservare quei due decenni tutti insieme in questo grafico dello S & P 500 (stessa fonte), con il valore che passa da circa 100 a inizio del 1980 per finire quasi a 1600 nel 2000, cioè sale di sedici volte!
Fig. 1
S & P 500 NEL VENTENNIO RUGGENTE DEL NEOLIBERISMO |
Per un confronto, bisogna considerare che nel ventennio precedente (1960-1980) era passato da 65 a 105, cioè era salito di 1,6 volte. In venti anni. Dieci volte meno velocemente.
Fig. 2
S & P 500 NEL VENTENNIO RUGGENTE DELLE LOTTE SINDACALI |
Quelle sono borse americane, vero, ma rappresentano un po', in maniera che in prima battuta può essere senz'altro accettata, l'andamento dei mercati finanziari di tutto il mondo.
L'andamento dell'indice di borsa ci dice, per prima cosa e in parole povere accessibili a tutti, quanto velocemente le aziende fanno profitti, che si traducono in dividendi distribuiti a chi possiede azioni, oppure si incorporano nel prezzo se vengono reinvestiti. Per essere più precisi, rappresentano l'aspettativa, la speranza (o anche l'illusione) di aumento dei profitti futuri che si forma nella testa della gente che investe.
Ora, i testi di economia, soprattutto quelli dei premi nobel che hanno lanciato e sostenuto le idee alla base del neoliberismo, garantiscono che i profitti aziendali crescono perché cresce la produttività e grazie alla innovazione tecnologica: usando le stesse cose e la stessa quantità di lavoro si fanno prodotti migliori che si vendono a prezzi più alti, soprattutto se - nella competizione globale - si è capaci di scegliere i famosi prodotti ad "alto valore aggiunto".
Nelle didascalie, che ho aggiunto personalmente sotto ai grafici, propongono un punto di osservazione sicuramente molto meno "tecnico"; più "squisitamente" politico (come si diceva una volta). Osservate, lentamente, e lasciatevi andare ai ricordi. Chiudete gli occhi e domandate a voi stessi, fra quelli che c'erano, se il diverso andamento di quei grafici e il diverso andamento della lotta di classe in quei diversi ventenni vi aiuta a spiegare qualcosa del rapporto fra andamento delle borse e diversa distribuzione fra salari e profitti. Laddove, se sale la fetta di torta destinata ai salari, diminuisce matematicamente quella che spetta ai profitti.
Per chi non c'era.. avrà pur sentito parlare del '68. Anni nei quali quelli che leggono i libri (che allora erano studenti) si guadagnavano il 18 politico, ponendo le fondamenta di un ulteriore degrado culturale della società italiana e lo scadere dei criteri di selezione della classe dirigente.
Per chi non sa chi siano "quelli che leggono i libri" ripropongo 1,5 minuti di video di "Giù la Testa", sicuramente uno dei più bei film di Sergio Leone.
Negli stessi anni, però, quelli che si guadagnano il pane con il sudore della fronte si guadagnavano anche la difesa del potere d'acquisto dei loro salari reali con scioperi, manifestazioni, organizzazioni e discussioni nelle sedi di partiti, parrocchie, circoli e associazioni. Nel ventennio successivo quelli che leggono libri erano diventati classe dirigente del paese. E si sono bevuti il neoliberismo. E lo hanno venduto agli operai.
Dicendo che quei grafici sintetizzano in maniera molto evidente lo stato della lotta di classe ed i diversi rapporti di forza del confronto fra salari e profitti nei due ventenni, sicuramente non ci vinco un nobel, ma potrei aver suggerito al nostro buon senso collettivo un aspetto più connesso alla realtà di tante spiegazioni "tecniche".
Oggi, poi, ho letto questa cosa sulla fine della riforma agraria in Brasile che mi ha un po' avvilito. L'ho commentata così su facebook:
"chissà perché sono sempre i partiti dei lavoratori a dare le fregature più grosse al popolo
la facilità con la quale si lasciano incantare e corrompere dalle lusinghe del potere è sconcertante."
E, per finire, oggi ho proposto al Consiglio Comunale, aperto alla cittadinanza ed alle forze sociali, di sperimentare un circuito di Moneta Complementare per rilanciare l'economia locale. Soprattutto, per superare i problemi causati dai tagli che lo Stato ha fatto e continuerà a fare nei prossimi anni ai trasferimenti di fondi ai Comuni. Fino ad azzerarli, come già deciso e previsto. Tagli che metteranno ancor più le istituzioni contro i cittadini, negli enti locali, costretti come saranno alla dolorosa scelta fra: tagliare i servizi; privatizzarli; chiedere nuove tasse. Suggerisco una potenziale via d'uscita... e mi sento dire dai rappresentanti degli operai che, in un momento come questo, non vogliono sentir parlare d'economia...
Da una parte mi avvilisco. Dall'altra mi convinco sempre più che l'unica strada per costruire qualcosa di serio, che non finisca a tarallucci e vino, è quella che stiamo seguendo, per quanto lenta e faticosa: lavorare per diffondere la consapevolezza sui reali problemi. Continuando a scrivere, ad incontrare persone, a confrontarci, a difenderci dalle false rappresentazioni della realtà che ci vengono proposte per costruire passo dopo passo la nostra coscienza collettiva.
Tempi e modi per presentare le proposte concrete al momento giusto, alle persone giuste, e preparare il terreno. Tenere a mente.
Tempi e modi per presentare le proposte concrete al momento giusto, alle persone giuste, e preparare il terreno. Tenere a mente.
Torniamo così al nostro discorso.
In realtà quei grafici ci dicono anche che l'aumento dei profitti non basta a giustificare i prezzi delle borse che "volano", soprattutto negli anni 90. Sono quelli gli anni in cui si parla di "esuberanza irrazionale"; di bolle speculative. Peccato che, dopo averne parlato, i signori della finanza, comodamente seduti nelle poltrone delle banche centrali e delle investment bank, non abbiano trovato nulla di meglio da fare che continuare ad alimentarle con generose immissioni di liquidità. Forse perché ne traevano vantaggi personali ? Questo discorso lo approfondiremo nel Cap. II.
Riprendiamo invece, per ora, il discorso interrotto sul messaggio che ci viene dato sistematicamente dal sistema mediatico, relativo alle notizie ossessive sugli andamenti dello "spread" e delle quotazioni delle borse.
Lo facciamo per osservare il collegamento sempre
più diretto che viene proposto, sottolineato, commentato e ripetuto
all'infinito fra le scelte della politica e la reazione/giudizio dei
mercati finanziari. Viene così da pensare che il target di queste
informazioni non sia tanto il cittadino investitore quanto,
piuttosto, il cittadino elettore. Differenza importante!
Piano
piano, subdolamente, ci è entrata ormai nei meccanismi del pensiero
acritico l'idea che il giudizio principale sulle scelte della
politica, il primo da dover ascoltare, quello più importante per la
nostra collettività, sia proprio quello espresso dai mercati. Se ce
lo dicono televisioni e giornali, tutti i santi giorni dell'anno, che
dobbiamo rispettare le esigenze dei mercati, dobbiamo fare le cose
perché "ce lo chiedono i mercati", dobbiamo "conquistare
la fiducia dei mercati"; se ce lo ricordano così spesso e così suadenti Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, lacchè di vari livelli... alla fine ci convinciamo: sarà
senz'altro così.
Cosa
poi siano questi fantomatici "Mercati Finanziari" che ci
osservano come un grande fratello, lo vedremo in profondità in
seguito.
Per ora accontentiamoci della constatazione: ci osservano e ci
giudicano.
Sintetizziamo e teniamo a mente la Prima "rappresentazione" mediatica:
I
Mercati Finanziari esprimono il giudizio più importante - per noi
tutti - sulle novità sociali e politiche.
Dopo
la notizia sulla reazione delle borse arrivano in TV, sulla stessa vicenda, le reazioni
dei politici e delle parti sociali. Queste ultime sempre più
raramente, sempre più sbiadite, ad indicare anche visivamente e
logicamente che sono meno importanti: non contano e non cambiano la realtà. Vengono dopo, questo è il messaggio. Quanto alle
reazioni dei cittadini, poi, al massimo trovano un controllatissimo
spazio espressivo nei talk show. Perché la politica è
ridotta a questo: spettacolo; spettacolo della chiacchiera.
Cosa
può mai importare a noi se i sindacati non gradiscono la riforma del
lavoro, quando poi in assenza di quella riforma lo spread si impenna
e ci porta sull'orlo del baratro? Magari ci stupisce la circostanza
che perfino la Confindustria affermi che quella non sia la priorità,
soprattutto se attuata in quel modo, ma ci mettiamo l'anima in pace.
Lo spread scende, la riforma è buona. Lo spread sale, la riforma non
va.
Senza
lo spread - senza la sua guida sicura e infallibile - la Signora
Fornero non sarebbe mai e poi mai riuscita a far passare una riforma
del lavoro invisa tanto ai lavoratori quanto ai datori di lavoro.
Successivamente vedremo se come giudice è efficiente, questo spread,
se è capace di scegliere bene.
Intanto archiviamo il suo immenso potere di convincimento ed
affermiamo:
lo
spread ed i mercati finanziari in genere sono il miglior alleato del
Governo, quando vuole far passare una decisione impopolare.
Per onestà intellettuale, dobbiamo cercare comunque una base di razionalità anche nella rappresentazione che ci
viene proposta. Non possiamo cavarcela con dell'ironia. Però, siccome il discorso si fa complesso, prendiamoci una pausa e spezziamo il post, rimandando il prosieguo ai prossimi giorni. Anche in considerazione dell'effetto perverso che ci ha prodotto quel malefico strumento che è la televisione: l'abitudine a ragionare per slogan, per spot. La difficoltà oggettiva a leggere, ascoltare, ragionare su discorsi troppo lunghi.
SONO D'ACCORDO
RispondiEliminagrazie Paolo
Eliminasperiamo di incontrare anche persone che non lo sono, così cresciamo e ci arricchiamo pure noi :)
La seconda che hai detto.....
RispondiEliminaANNUNCIAZIONE ANNUNCIAZIONE.....IO SONO GOLDMAN SACHS E NON MI POSSO SBAGLIARE......LA CRISI NON ESISTE!!!!!!!!!!!!!
Ne danno il lieto annuncio Il Sole 24 ore e la Rai.
Popolo esulta
Goldman Sachs: utili IV trim a 2,89 mld, ricavi a 9,24 mld (RCO)
Risultati migliori delle attese (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Milano, 16 gen - Goldman Sachs ha riportato per il quarto trimestre del 2012 un utile netto pari a 2,89 miliardi di dollari, o 5,60 dollari ad azione contro 1,84 un anno fa, a fronte di un giro d'affari salito del 53% a 9,24 miliardi. I profitti per l'intero anno sono invece piu' che raddoppiati a quota 7,3 miliardi. I risultati sono migliori delle attese degli analisti. Nel trimestre il giro d'affari delle attivita' di investment banking e' cresciuto del 64% mentre il totale degli asset sotto gestione e' salito a quota 939 miliardi alla data del 31 dicembre. Il capitale Tier 1 e' invece salito alla fine del trimestre a quota 16,7%, ben oltre i requisiti di Basilea
Le spese operative invece nel trimestre si sono attestate a quota 4,92 miliardi, mentre il numero dei dipendenti era di 32,400 unita' a fine anno ma nel 2013 sono previste nuove assunzioni.
Corrado Poggi per Il Sole 24 Ore
c.poggi@ilsole24ore.com
No comment.
(Cit. Sergio Di Cori Modigliani)
Il ruolo delle grandi investment bank nel controllo dei mercati finanziari è centrale per capire tante cose che sembrano scollegate. Soprattutto riguardo le istituzioni sopra nazionali che si occupano di economia e finanza.
EliminaE si spiegano quei profitti.
Aggiungiamo i miliardi distribuiti ai dipendenti, la cui retribuzione media è pari ad oltre 500.000 dollari