Piano
del libro
Con
gli amici e conoscenti che vorranno partecipare, useremo questo
schema:
1)
Procederemo
ad una analisi di contesto che pone due verità a confronto:
-
la rappresentazione fatta da politici, tv e giornali;
-
dati, numeri, fatti di dominio pubblico.
2)
Analizzeremo
poi, in tre passi, confrontando esperienze diverse:
-
Il sistema finanziario (rapporti fra banche centrali e Stati -
commistione fra credito e finanza);
-
Il sistema politico (la democrazia rappresentativa negli stati -
l'evoluzione nei Trattati dell'Unione Europea);
-
La fine della democrazia (la manipolazione delle informazioni e le
cessioni di sovranità hanno reso il controllo delle scelte sociali e
politiche subalterno agli interessi dei mercati finanziari, e per
alcuni versi lo hanno consegnato direttamente alle sue istituzioni).
A
questo punto avremo sufficienti informazioni per valutare le
soluzioni possibili che possano tirarci fuori dai guai. Proposte
concrete.
3)
Come
se ne esce, rimettendo le responsabilità della politica al loro
posto, sopra ordinate alle scelte economiche:
- Riforma
dell'informazione (descrivendo i modi diversi per garantire
pluralità, indipendenza, responsabilità).
-
Ricambio della classe dirigente e Riforma della politica (recesso dai
trattati illegittimi e insostenibili; nuovi accordi internazionali;
tutela della democrazia, della partecipazione e della sovranità
popolare per debellare la corruzione e prevenire i golpe striscianti,
completando la definizione degli strumenti di democrazia diretta).
-
Ripristino delle leve di governo dell'economia (moneta e leva
fiscale), messe saldamente nelle mani dei diretti rappresentanti del
popolo. Funzionali alla Riforma del sistema produttivo attuato
tramite una rivoluzione delle tipologie contrattuali e la Riforma del
prelievo fiscale, con attenzione alla capacità contributiva, alla
progressività, al rispetto del mondo della produzione reale e del
lavoro.
-
Riforma della finanza privata (separazione credito/finanza,
definizione chiara delle responsabilità, limiti, pubblicizzazione
delle principali banche).
-
Gestione del debito (tutela del patrimonio pubblico, limitazione del
debito estero, razionalizzazione della spesa, utilizzo residuale
della leva monetaria).
4)
Stabiliremo
come è possibile vivere meglio.
-
Creando lavoro. Ci sono tante di quelle cose da fare per vivere
meglio nella nostra società! La cosa più stupida che si possa fare,
oltre ad essere la più ingiusta, è quella di lasciare le persone
senza lavoro.
-
Creando cultura della democrazia che è fatta di responsabilità,
individuale, aziendale e collettiva.
-
Cultura della solidarietà, della partecipazione e della
sostenibilità. Termine guida, quello della sostenibilità, che
dovrebbe sorreggere ogni visione di una società non chiusa
egoisticamente nel proprio presente.
Conclusione
La
mia convinzione, profonda e indistruttibile, è che la società
italiana accetta le condizioni pietose nella quali ci ha condotto la
classe politica esclusivamente perché è stata confusa, ad arte.
Tradita da chi ha mentito sapendo di mentire, da chi ha fatto finta
di non capire, da chi ha preferito chiudere gli occhi per non vedere.
Quando capiremo, sapremo reagire.
Ha
un tallone d'Achille, il potere che ci opprime: ha ancora bisogno del
nostro consenso.
Ormai
formale, senz'altro. Strappato dietro ricatto, estorto con la
manipolazione delle informazioni. Ma ne ha bisogno. L'opera di
informazione, l'opera di recupero della capacità di sviluppare
ragionamenti collettivi lavora in quest'ottica: resistere alla
disinformazione. Abbattere il muro di omertà che è necessario al
potere per continuare ad opprimerci.
Dobbiamo
arrivare a capire, insieme, se ci rende più fragili o più forti,
l'Europa. Che differenza c'è fra l'Europa che abbiamo tutti nella
mente e nel cuore, e le Istituzioni sbagliate dell'Unione Europea.
Valutare se siamo soli, nella lotta contro lo strapotere dei mercati,
oppure se abbiamo nei popoli europei un potenziale, prezioso alleato.
Se è materialmente possibile agire dentro l'attuale quadro
istituzionale dell'Euro e dell'Unione Europea, oppure le cessioni di
sovranità concesse di fatto più ai mercati finanziari che non alla
politica europea, rendono vano il tentativo. Sono temi che non
possiamo eludere. Con il massimo sforzo di onestà intellettuale di
cui siamo capaci.
C'è
però una consapevolezza su tutte che dovrebbe costringere
imprenditori e lavoratori, giovani e anziani, italiani e stranieri,
ricchi e poveri, a non abbandonare un cammino che appare impossibile:
accantonare momentaneamente apparenti divisioni per combattere un
nemico comune che è più debole di quanto non appaia.
Ancora
oggi il potere finanziario internazionale - rappresentato da meno
dell'uno per cento della popolazione - si è pesantemente sovrapposto
al mondo della produzione reale ed agli interessi democratici del 99
per cento dei cittadini. Ed è spietato. Le nostre divisioni e la
nostra ignoranza sono la sua unica forza.
Il
rifiuto dei cittadini per bene ad impegnarsi politicamente,
rappresenta l'immenso spazio che - in mancanza - viene occupato dagli
arroganti e dai prepotenti.
Possiamo
scoprire la menzogna. Possiamo toccare con mano che vivere
infinitamente meglio è non solo possibile, ma assolutamente più
semplice e liberatorio.
Ma
dobbiamo anche accettare l'idea che nessuno di noi ha il diritto di
rimanere a guardare.
Perché solo la partecipazione larga, diffusa, costante, impegnata,
delle persone oneste, competenti, serie che compongono la nostra
società può consentire un recupero degli spazi di democrazia che il
potere ci sta rapidamente comprimendo.
Abbiamo
dinanzi a noi tempi incerti e difficili. Il prossimo Parlamento avrà
vita breve.
Non
saranno le elezioni del 2013 a restituirci la libertà, ma dobbiamo
essere certi che lavorare per la consapevolezza dei popoli è l'unica
strada che porta alla meta. Ci sostenga questa certezza lungo il
cammino, che si preannuncia lungo e faticoso.
Non
abbiamo il diritto di arrivare altrettanto impreparati
all'appuntamento successivo.
forse sembrerò “malato” ma questa mattina mi sono svegliato con una domanda alla quale non riesco a dare una risposta.
RispondiEliminaRicorre spesso l’affermazione che l’economia finanziaria muove una quantità di denaro superiore a quello che muove l’economia reale in tutto il mondo, sapevo che era 8 volte, lei dice 60 volte, ma qualunque sia è comunque una cifra enorme.
Non credo che ci siano Stati o banche centrali disposte a stampare denaro senza limite solo per coprire tale massa di denaro, per cui da dove viene tutto questo denaro?
Sempre che di denaro si tratti, o è solo un enorme debito distribuito tra tutte le banche e società finanziarie?
In effetti sono due le domande.
Grazie, Marco
La tua domanda è molto importante. Tu (come la stragrande maggioranza della gente tele-ipnotizzata, me compreso fino a qualche anno fa) pensi che anche il peggior rapinatore trovi un limite: nella quantità di denaro rapinabile.
EliminaMa la realtà è molto diversa. E, ancora una volta, è perfettamente legale, senza neanche bisogno di scomodare speculatori e truffatori:
1) Solo il 3% del denaro circolante viene creato dalle banche centrali. Il restante 97% viene creato, del tutto legalmente, dalle banche commerciali.
2) Sul 3% creato dalle banche centrali, solo una piccola percentuale è rappresentata da BANCONOTE o MONETE. Conclusione: banconote e monete rappresentano molto meno dell'1% di tutto il denaro circolante. Tutto il resto sono, letteralmente, elettroni che circolano in sistemi computerizzati.
Per quanto ne so, chi studia e descrive meglio di tutti questo aspetto sono gli inglesi di "Positive Money", che hanno un sito con video animati brevi ed incisivi. Vedi, ad esempio, http://www.positivemoney.org/how-banks-create-money/banking-101-video-course/ (nella barra in basso si possono anche attivare i sottotitoli in Italiano).
Ho aggiunto sulla Home page il link all'indagine della BIS (Banca dei regolamenti Internazionale) sui derivati OTC, pari in effetti a 10 volte il PIL mondiale: 650 trilioni di nozionale dei derivati OTC contro 69 trilioni di PIL.
RispondiEliminaI derivati OTC (Over the Counter) sono quelli NON quotati su mercati regolamentati. Sono contratti bilaterali conclusi fra una istituzione finanziaria ed un cliente (altra istituzione finanziaria o società privata, ente, ente pubblico).
Oltre a questi, ci sono tutti i derivati quotati sui mercati regolamentati (le borse ufficiali) tipo contratti futures, option su titoli azionari ed obbligazionari, su merci e su cambi.
Non ho sottomano una link ai volumi, lo metto appena disponibile; i valori sono comunque maggiori di quelli OTC. Ed anche se a prima vista - in quanto regolamentati - possono sembrare più innocui, possono risultare invece, a mio parere, estremamente pericolosi.
Uno strumento derivato non è assimilabile al denaro o al credito come lo sono i titoli. E' per definizione una operazione fuori cassa che non viene registrata nelle voci patrimoniali se non per i suoi effetti di valutazione ed i suoi flussi economici che sono sempre molto inferiori al valore nominale.
Nello stesso tempo sono collegati ai titoli o agli asset dai quali "derivano". Sono influenzati TEORICAMENTE dal valore del titolo sottostante. In realtà, essendo i volumi scambiati sui derivati spesso maggiori dei volumi scambiati sui sottostanti, accade che la relazione si possa facilmente invertire: la valutazione dei derivati riesce a influenzare la valutazione del titolo.
E quello che può facilmente avvenire, per esempio, sui BTP. Vendere grossi volumi di titoli BTP sui mercati può richiedere molto tempo. Vendere miliardi di valore corrispondente tramite futures ed option (derivati regolamentati) sui BTP è estremamente più facile. E può essere fatto senza possedere neanche un BTP. Il risultato di queste attività, gestite al momento opportuno e da soggetti particolari, può influenzare significativamente la quotazione del titolo BTP... e dello spread... e le scelte politiche e la vita di un paese.
Nel capitolo dedicato alla finanza approfondiremo sicuramente questi temi, cercando di documentare tutto il più dettagliatamente possibile.
ho accolto con piacere la nascita del suo blog e la seguo con estremo interesse. un interesse proporzionale a quanto sono sempre stato distante da questo tipo di problematiche (ho studiato filosofia all'università e poi mi sono costruito una professione come chef...). però poi ho scoperto che uno può anche non occuparsi di economia ma comunque l'economia si occupa di te, e ho cominciato a dirigere la luce della mia attenzione su questo mondo e questa scienza. trovandola anche inaspettatamente interessante.
RispondiEliminaperò è tutto molto difficile, non come può esserlo la matematica, perchè nessuno ha interesse a rendere artificialmente difficile la amtematica. invece con l'economia e la finanza è così. ecco perchè ho annoverato il suo blog nell'elenco di quelli da seguire per imparare sempre di più in questo campo.
le scrivo quindi per farle i complimenti per la scelta, anche quella di vita (io ne ho fatto una simile, andando a vivere da roma in campagna e provando a fare lo scrittore, con enormi difficoltà economiche) e per dirle che la leggerò con costanza e attenzione, cercando di limitare il più possibile le domande che inevitabilmente mi troverò a farle.
più di tutto, in questa situazione sento che mi manca un riferimento, un insegnante che condivida la mia stessa istanza etica, su cui poter fare affidamento per spazzare via le nubi dell'ignoranza, del dubbio e della mistificazione.
le auguro, tra le altre cose, un buon proseguimento del suo lavoro
emanuele
condividiamo più di una scelta, Emanuele :)
Eliminanella precedente foto sul profilo di google+ indossavo un cappello da chef...
grazie per l'incoraggiamento e non si faccia mai scrupolo di intervenire e di domandare: ho tanto bisogno di schiarirmi le idee anch'io, ed il modo migliore è quello di confrontarci fra persone che sono onestamente alla ricerca. Ognuno ha il suo pezzetto importante di verità e di dubbi.
Egregio Guido,
RispondiEliminaho letto attentamente le 5 introduzioni e, per molti aspetti, devo complimentarmi.
Sono rimasto bene impressionato dall'impostazione generale. Ciò che tuttavia mi ha lasciato leggermente perplesso è il momento dell'ammissione del tuo "fallimento" politico/comunicativo che attribuisci all'eccessivo anticipo sui tempi.
Intendiamoci bene, non crederai che questi temi ed il modo in cui li hai impostati siano materia, per così dire, "per molti". Tutt'altro!
In tal senso mi sento di muoverti una critica, anzi un parere spassionato, riguardo alla complessità della comunicazione. Mi piaci quando affermi di voler spingere il pensiero nella profonda realtà vissuta dalle moltitudini ma devi adeguarvi anche il linguaggio. Ti sei dato il corpo e la veste di politico e intellettuale ma dovresti adeguarvi anche il linguaggio. Mi raccomando!
Detto ciò, mi trovi perfettamente d'accordo su un punto fondamentale, anzi il punto: la necessità di una nuova visione sostenibile della società.
Ma di quale società si tratta? Quella italiana, quella europea o quella mondiale?
Qui non ci devono essere dubbi. Se la ricetta che tu proponi vale per l'Italia dovrà almeno essere coerente con altre che qualcun altro ritiene valide in altri paesi che, come sappiamo, non stanno molto meglio di noi. In altri termini, percepisco una certa oscillazione fra carattere nazionale ed internazionale del tuo programma.
Se ti va, possiamo approfondire il concetto di "sostenibilità economica" nella sua essenza materiale e profonda.
Un caro saluto.
Rossano Fravezzi
E' vero Rossano, c'è una oscillazione fra la dimensione italiana e quella internazionale.
EliminaIl problema lo vedo in questi termini: sarebbe molto importante riuscire a condividere certe scelte con altri e magari tutti i partner europei, e non solo, ma per fare accordi ci vuole la volontà dei partecipanti. Oggi mi sembra un po' difficile. Diciamo prematuro. E se non ci si riesce, come dire.. meglio soli che male accompagnati. Magari sperando (anzi contando) sull'effetto che una posizione ferma (che non resterebbe certo isolata), potrebbe produrre nella voglia degli altri di trovare soluzioni migliori. Bisognerà vedere come evolve la situazione e spingere nella direzione giusta, pronti a mostrare fermezza..
Il linguaggio. So che è un limite e faccio del mio meglio per essere più chiaro e semplice possibile. Mi sforzerò ulteriormente ma non posso fare miracoli e non mi aspetto di farne. Do il mio contributo. Penso però che la consapevolezza si diffonde per tante vie. Troppe informazioni ci sono state sistematicamente negate. L'importante è lanciare il sasso nello stagno, e le onde si diffondono, amplificate da chi prtecipa. Altri, con il dono dellachiarezza, avranno la possibilità di farsi capire meglio. Altri aggiungeranno altre informazioni.
Ce ne sono tante di iniziative simili in questo periodo. C'è interesse e voglia di capire, in giro, che appena un anno fa non esistevano.
Il punto di arrivo di questo lavoro è la definizione di una società sostenibile. Che parta dalla consapevolezza.
Se è fatta a più mani, non può che venire meglio :)