ISTRUZIONI PER L'USO

IL TALLONE D'ACHILLE è pensato per scrivere libri, direttamente su questo blog. Qui comincia l'Eredità di Michele, l'ultimo scritto. Il precedente è stato interrotto, si vede che doveva maturare. Qui trovate IL primo LIBRO, col suo indice ed i post che lo compongono.
I "libri" raccolgono commenti, critiche e suggerimenti di chiunque voglia partecipare con spirito costruttivo. Continuano un percorso iniziato con le Note scritte su Facebook , i cui contenuti sono ora maturati ed elaborati in una visione d'insieme, arricchiti da molti anni di esperienze diverse e confronti con persone diverse.

I Post seguono quindi un percorso logico che è bene conoscere, se si vuole ripercorrere il "discorso" complessivo. Naturalmente è possibile leggere singoli argomenti ai quali si è interessati. Argomenti spot - che spesso possono nascere dall'esigenza di commentare una notizia - saranno trattati in pagine dedicate.

Buona partecipazione!


mercoledì 29 marzo 2017

Capitolo II - La Povertà c’è, e si diffonde. La ricchezza c’è, e si concentra (misure, evidenze)


link al Capitolo I                          Scarica versione PDF  



Ci guardiamo indietro : verso la povertà della società italiana, appena uscita dalla guerra; oppure, molto più indietro, verso l’uomo delle caverne, e ci sentiamo rassicurati : stiamo bene, oggi, da veri signori.

Il che ci aiuta, profondamente, concretamente, potentemente, ad ignorare (sissignori: ignorare) due circostanze tristemente reali: LA RICCHEZZA SI CONCENTRA; LA POVERTA’ AUMENTA. In Italia e nel mondo. Quella assoluta e quella relativa.

(piccola parentesi, sul significato delle parole: "ignorare", "ignorante". Uno pensa che "ignorante" sia uno che non sa, che non è informato, giusto? Errore. Ignorante è uno che sa, sa bene, eccome se sa! Ma ignora quello che sa, fa lo gnorri, finge di non sapere. Fa una bella differenza, capire le parole)

Il primo modo per ignorarlo è far finta che non sia vero. Ci piace enormemente sentirci rassicurati da quei dati statistici (finanziati dalle istituzioni dei ricchi), che ci vogliono far credere che la povertà stia diminuendo. Che la società stia progredendo verso la diffusione del benessere.


Citiamo la FAO, in questo articolo del maggio 2015 : “La fame nel mondo scende sotto gli 800 milioni di persone. La completa eradicazione è il prossimo obiettivo”. Contenti della “discesa” e del “prossimo  obiettivo”, cancelliamo dalla nostra mente e dalla nostra coscienza gli 800 milioni di esseri umani che, mentre qualche “esperto” studia come raggiungere l’obiettivo, sono oggettivamente ed inequivocabilmente  condannati a morire, subito o lentamente, a causa della fame - perché di fame si muore, subito o in seguito, in conseguenza delle debilitazioni irreversibili che procura -  il tutto mentre noi buttiamo nelle discariche (per interessi economici di qualche produttore, ma con la nostra complicità personale) il 30 % del cibo che viene prodotto. Qualcuno ci guadagna, ma siamo noi a buttarlo: quel cibo che, usato diversamente, farebbe sparire - oggi, non domani - il problema urgente della fame di 800 milioni di persone.

Questa illustrata qui sotto, è la principale causa della povertà e della fame nel mondo. Tutti diamo il nostro contributo, piccolo o grande che sia.





Cito la Banca Mondiale, in questo articolo del giugno 2016:  “ La Banca Mondiale vede progressi contro la povertà estrema.  Ma segnala Rischi.” Ora, io sono un inguaribile ottimista, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Però, in certe circostanze, ignorare la metà vuota del bicchiere (che sarebbe quella piena di persone estremamente povere) appare scorretto ed ingiusto. 

Allora mi metto a studiare.  E, soprattutto, mi guardo intorno; ascolto e osservo.

Vedo una intera generazione che è stata illusa. E’ stata illusa da me e dalla mia generazione che, rinnegando gli ideali di gioventù,  si è invece goduta il boom del consumismo e si è trastullata nel Paese dei Balocchi, disinteressandosi di politica, sperando che i “tecnici e gli esperti”,  ai quali abbiamo consegnato le chiavi della casa comune, ai quali abbiamo delegato la responsabilità della politica, ci avrebbero condotto verso un futuro migliore. Tecnici ed esperti (complice la nostra disattenzione), hanno invece condannato i giovani di oggi ad un presente incerto e ad un futuro che - senza interventi radicali nella direzione politica - è destinato a diventare, meccanicamente, amaro e/o tragico.  Chiedo ad amici e conoscenti : li vedete anche voi  quattro giovani su dieci SENZA LAVORO, molti di cui laureati, seri, competenti ? Quanti altri hanno, invece, un lavoro precario, malpagato e, soprattutto, a rischio di peggiorare? Troppo pochi, fra i giovani, trovano spazio in un sistema che “premia”,  e premia ampiamente, ma esclusivamente, i “migliori”, solo i migliori. Poi, su questo concetto : cosa significa essere “migliori” nella società contemporanea, ci scriviamo un capitolo a sé.  

Intanto andiamo alle statistiche, e cerchiamo conferme alle nostre impressioni, su ISTAT, novembre 2016 : I giovani disoccupati fra 15 e 24 anni sono il 39,4%. Peccato che l’ISTAT non ci dica quale sia la situazione per le persone (come chiamarle?) fra 25 e 34 anni. Una categoria da 18 a 34 sarebbe utile, o no? A occhio e croce, siamo sopra o sotto il 50% ? Invece di rispondere a questa domanda – essenziale, drammatica – l’Istat mi confonde (per voi  sono chiare le distinzioni?) con dati e numeri su Disoccupati, Inoccupati, NEET (non occupati e non in istruzione e formazione) e, ancora, con tante altre sub-categorie che servono a spezzettare l’immagine complessiva. Così che alla fine vedo chiaramente i due individui che hanno un lavoro ma non l’hanno cercato, è a tempo indeterminato ma può sparire da un moneto all’altro se l’azienda de localizza o chiude un ramo d’impresa,  è nelle periferie delle aree metropolitane del centro nord (non sono sicuro di aver interpretato bene) ma … perdo la visione complessiva.

Quanti  MILIONI di giovani dipendono da altri per la loro sopravvivenza? Questa informazione, chiara e semplice, non ci viene data.

Esiste una piena dignità, senza libertà, senza indipendenza ?


Tranquilli : tecnici ed esperti hanno la soluzione, suggerita e suggellata dalle infinite trasmissioni televisive che - parlando di musica o danza, cibo o ristorazione, personaggi famosi o personaggi qualunque, etc. … -insinuano nella coscienza dei giovani  - ma anche in tutto l’immaginario collettivo - un unico, inquietante messaggio: è cosa buona e giusta che chi vinca (non importa come) vada avanti (nella trasmissione come nella vita); è inevitabile e “giusto” che chi perda venga, semplicemente, normalmente, ineluttabilmente, non empaticamente, cinicamente … buttato fuori. E sparisca. Dalla trasmissione, come dalla vita. Da quella vita che - ci raccontano  - conta : quella sotto i riflettori. Colpa sua, se non è stato all’altezza! Nostro dovere e fonte di salvezza : diventare competitivi, puntare al successo personale, e dimenticare gli altri, per legittima difesa : se ti sforzi di vederli, quelli rimasti indietro, se perdi tempo a dargli una mano, rischi di rimanere indietro, e fuori, anche tu. (Una riflessione attenta meriterebbero queste trasmissioni anche sulle “regole del gioco” e sui “giudici”. Ma siamo qui per altro).

I curiosi, possono ricercare sul sito dell’ISTAT le percentuali storiche della disoccupazione (totale e/o giovanile) di qualche decennio fa. Magari iniziando da prima del processo Europeo. Da quegli anni che i tecnici ed i professori ci descrivono come orribili. Così, tanto per farsi un’idea e darsi una misura del “progresso” che le Riforme Strutturali avviate da decenni ci stanno regalando. Più o meno, era intorno al 4%, la disoccupazione, mi pare di ricordare.

Vedo la classe media di questo paese che, mediamente, perde progressivamente potere d’acquisto ed ha paura del futuro. Vi risulta ?

Vedo le persone in stato di “povertà relativa” ma qui devo fare uno sforzo, per cogliere il dettaglio che ti sposta da una etichetta ad un’altra. Numero crescente di famiglie e persone che stanno già avvicinandosi alla soglia (ufficiale) della povertà “assoluta”. O temono di sprofondarci dentro; perché rischiano, molto concretamente, di perdere il lavoro da un momento all’altro, oppure la casa per la quale non sono più in grado di pagare le rate del mutuo.

Ma questi  ultimi - i poveri assoluti -  non li vedo. Le troppe, veramente troppe, famiglie e persone, che ci sono già dentro, ufficialmente, alla “povertà assoluta”.   La nostra società, terribilmente ipocrita, si sforza di emarginarle e nasconderle: nei ghetti, nelle periferie, nei campi profughi, come e dove può. La nostra coscienza collettiva, terribilmente ipocrita, lo sopporta meglio:  Leggere di numeri, e sperare che diminuiscano; è piuttosto facile da ingoiare. Guardare negli occhi gli esseri umani in condizione di povertà assoluta, e riuscire a pensare che, in fondo, se lo meritano, perché inadatti a competere, riesce a pochi. Pietà, anche per quei pochi. 


Nel 2015 si stima che le famiglie residenti in condizione di povertà assoluta siano pari a 1 milione e 582 mila e gli individui a 4 milioni e 598 mila (il numero più alto dal 2005 a oggi). “

In Italia, eh, mica nel mondo! 

Allora, facciamo uno sforzo, perché glielo dobbiamo.  Immaginiamo il volto di dieci persone, fra questi poveri che non conosciamo; e le mettiamo in fila. Poi altri dieci, e li mettiamo, nella nostra immaginazione, in fila. Sforzandoci di “vederli” fisicamente, con la loro storia. Diamo loro un nome. Immaginiamo un nome ed una storia per ognuno di loro. E poi altri dieci. E così via. Come facciamo ad arrivare a mille? Allora contiamo, semplicemente, almeno fino a mille. Glielo dobbiamo.

E a centomila, come ci arriviamo? Non li possiamo neppure contare !

Cosa sono, allora, 4  milioni e 598 mila persone? Chi sono, come si chiamano, dove vivono, come vivono? Sopravviveranno tutti?

Anche io, nella mia debolezza di essere umano, alla fine devo ammettere che preferisco contarli e immaginarli, piuttosto che guardarli e toccarli e abbracciarli. Mentre mi sforzo, o mi illudo, scrivendo, di fare qualcosa di concreto anche per loro, penso proprio che dovrei andare ad abbracciarli. Devo farlo.


Statistiche ISTAT  fresche, fresche, al 24 gennaio 2017 : http://www.istat.it/it/files/2017/01/B-DOSSIER.pdf?title=Sicurezza+e+degrado+delle+citt%C3%A0+-+24%2Fgen%2F2017+-+Dossier.pdf  per vedere la stessa cosa da un punto di vista diverso: se invece del “reddito” usiamo l’indicatore di “grave deprivazione materiale”, che stima il numero di famiglie non più in grado di soddisfare un insieme di bisogni ritenuti essenziali (essenziali !) il numero è molto più alto: l’11,5% della intera popolazione; cioè circa 7 milioni e 15 mila. 

Ora passiamo alle persone con “reddito a rischio povertà” : il 19,9 per cento della popolazione : oltre 12 milioni e 139 mila. 

Contiamo?  Ancora ? Oppure ammettiamo che abbiamo il dovere di fare concretamente qualcosa per loro, e di mandare a quel paese tecnici e professori che ci hanno permesso di mettere a tacere le nostre coscienze ?

Il secondo modo per ignorarlo, forse ancora più pericoloso,  è far finta che siamo GIA’ avviati verso la giusta soluzione, dobbiamo solo aggiustare un po’ il tiro, ma remando, fiduciosamente, nella stessa direzione. 

Ci sono i poveri perché non siamo sufficientemente competitivi. (Accettiamo dunque le Riforme Strutturali, e i problemi si risolveranno).

Ci sono i poveri perché abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, ci siamo indebitati.  (Restituiamo il debito, stringiamo la cinta, e i problemi si risolveranno).

Ci sono i poveri perché i politici sono corrotti. (Cambiamo i politici e i problemi si risolveranno).

Ci sono i poveri perché abbiamo l’Europa dei mercati. (facciamo più Europa, e i problemi si risolveranno). 

Ecco, credo, sommessamente, che avremo i poveri fino a quando non inizieremo a fare l’unica cosa efficace

- collettivamente parlando, togliere ai ricchi, per dare ai poveri, spezzando i meccanismi che favoriscono la concentrazione della ricchezza e lo sfruttamento;

- individualmente parlando, smettendo di sprecare e smettendo, soprattutto, di desiderare di accumulare ricchezze materiali. Tanto quelle non ci renderanno mai e poi mai felici!

Come è possibile che otto esseri umani, oggi, nel mondo, otto singoli individui, abbiano potuto accumulare ricchezze pari a quelle che sono distribuite fra 3 miliardi e 500 milioni di persone, nello stesso mondo: siamo nello stesso mondo?

Prova  a pensare : come si può usare una ricchezza così grande da non riuscire ad immaginarla? Cosa ci compri? 

Serve altro, per “vedere”  la concentrazione della ricchezza ? 


Se non vi è sufficiente questo, non c’è altro dato che io possa citare per convincervi.

Posso solo provare, nei prossimi capitoli, a spiegare quei Meccanismi di sui si parlava e che spingono, inesorabilmente, in quella direzione.

Per arrivare a capire che un altro mondo è possibile, e altamente desiderabile.



Link a Capitolo III 

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