ISTRUZIONI PER L'USO

IL TALLONE D'ACHILLE è pensato per scrivere libri, direttamente su questo blog. Qui comincia l'Eredità di Michele, l'ultimo scritto. Il precedente è stato interrotto, si vede che doveva maturare. Qui trovate IL primo LIBRO, col suo indice ed i post che lo compongono.
I "libri" raccolgono commenti, critiche e suggerimenti di chiunque voglia partecipare con spirito costruttivo. Continuano un percorso iniziato con le Note scritte su Facebook , i cui contenuti sono ora maturati ed elaborati in una visione d'insieme, arricchiti da molti anni di esperienze diverse e confronti con persone diverse.

I Post seguono quindi un percorso logico che è bene conoscere, se si vuole ripercorrere il "discorso" complessivo. Naturalmente è possibile leggere singoli argomenti ai quali si è interessati. Argomenti spot - che spesso possono nascere dall'esigenza di commentare una notizia - saranno trattati in pagine dedicate.

Buona partecipazione!


giovedì 30 marzo 2017

Capitolo VIII - Le Istituzioni dello Stato. Chi dovrebbero rappresentare. Chi rappresentano

Link a Capitolo VII                    scarica versione PDF  



A questo punto abbiamo il dovere di capire meglio cosa sarà mai questo Stato che, da una parte, può  intralciare gli interessi della finanza mentre, dall’altra, finisce per opprime qualche cittadino e ne spaventa altri. Perché succede? Primo concetto fondamentale, da ripetere come un mantra tutte le mattine, appena svegli:

I POLITICI NON “SONO” LO STATO. I POLITICI “SERVONO”  - SPESSO INDEGNAMENTE - LO STATO. A VOLTE, LO “OCCUPANO”, SERVENDO ALTRI INTERESSI.
Lo Stato siamo Noi.      LO STATO SIAMO NOI.       LO STATO SIAMO NOI.

Rileggere. Ripetere. Più e più volte.

Perché è fondamentale capirlo ?  Perché qualcuno ci vuol far temere lo Stato, mentre lo Stato può essere usato per difendere Noi, i nostri interessi, i nostri diritti. Quelli che sanno che odiamo i politici, ci vogliono fare odiare lo Stato. Hanno un profondo interesse a farci odiare lo Stato, e si sforzano di farlo, confondendo le Istituzioni dello Stato con i politici che lo occupano. Chi lo vuole? Quelli che usano i politici per demolire lo Stato, perché intralcia o comunque potrebbe intralciare i loro piani. Per questo motivo, lavorano intensamente e investono miliardi, per confonderci le idee. Per questo motivo i talk show invece di parlare di politica (delle cose da fare, del perché, del come) parlano dei politici solo per dimostrare che sono corrotti e incompetenti. E ci riescono. Eccome se ci riescono.

Schiariamocele, le idee : non possiamo odiare noi stessi!

Sforziamoci dunque di capire cosa vuol dire che lo Stato siamo noi.

Mentre lo facciamo, però, passiamoci pure una mano sulla coscienza: lo Stato è fatto per Noi che, invece, scegliamo, più o meno consapevolmente, di starne fuori. Di girare alla larga. Di farci gli affari  nostri. Di accontentarci di criticare i politici ma restando ben saldi e ben determinati  a curarci i nostri interessi  privati. Comodamente seduti in TV a godere di quelli che i politici li sanno criticare proprio bene ma senza mai parlare di Politica (delle cose da fare, del perché e del per come). Noi, al servizio dello Stato? Ma sei matto?  Che lo Stato non ci piace, anzi, ci disgusta, Governo ladro! Rifletti, e ripassati la mano sulla coscienza: tu, proprio tu, che sei migliore di loro, che ti senti veramente migliore di loro, ma poi non sei disposto a metterti al posto loro. Tu che, naturalmente, lo sapresti fare con Spirito di Servizio che a te viene naturale, e del potere non te ne importa nulla perché hai già un buon rapporto col tuo prossimo, con la vita e con te stesso e del potere non sapresti che fartene. Lo capisci o no che del tuo Spirito di Servizio abbiamo tutti bisogno? Che se non sei disponibile tu ad occuparti di certe cose poi non puoi lamentarti se in quei posti ci ritroviamo solo gente che non è capace di sani rapporti col prossimo, non ha un buon rapporto con la vita e neppure con se stesso e, per questi motivi, si ritrova affascinato dal Potere, preda del Potere, ad accumulare soldi e potere in un circolo che lo sappiamo che è vizioso perché non possono essere soldi e potere a colmare quel vuoto che è dentro di loro? 

Senza la nostra disponibilità; senza la nostra generosità; senza il nostro Spirito di Servizio, lo Stato cessa di servire Noi ed inizia a servire il Potere, i potenti, i ricchi e i prepotenti di tutto il mondo, che oggi è globale.

Certo: non tutti sono adatti a fare i politici e per fortuna non è affatto necessario. Quello che invece è necessario e che i cittadini, tutti, fra quelli che scelgono di non fare i politici, comunque si interessino, si informino, seguano, stiano col fiato sul collo, si sforzino di capire le cose che contano : i problemi, le soluzioni, le cose da fare, come e perché. Questo sì che lo dovremmo fare, ma proprio tutti. E allora vedrai che le cose si mettono, Meccanicamente, Potentemente, per il verso giusto. Perfino quando sono sbagliate, che sbagliando si impara.

Vediamo come è fatto, lo Stato.

Partiamo dal Popolo Italiano, che siamo sicuramente noi, così ci capiamo meglio (sarebbe più corretto, probabilmente, parlare di Nazione, ma se lo faccio qui ed ora, qualcuno non capisce mentre, a qualcun altro, si drizzano i peli sulla schiena). Popolo Italiano, dunque, ricordati che abbiamo una lingua in comune, per questo ci possiamo capire, al di là dei dialetti locali. Abbiamo una storia in comune, anche se per molti secoli si è frammentata, scomposta, ricomposta con geometrie variabili e invasioni varie. Abbiamo una cultura in comune, fatta di tradizioni, di sapienze, di credenze, perfino di superstizioni, e fatta anche di opere d’arte, di poesie, romanzi, libri del sapere, di pitture e sculture e monumenti.  A dire il vero, ce la siamo un po’ persa la cultura Italiana (assieme al sistema industriale) ma possiamo sempre rispolverarla, che c’è d’andarne davvero orgogliosi. Nell’immaginario collettivo di tutto il mondo c’è scritto che la cultura nazionale più capace di influenzare il mondo intero, è la cultura Italiana!
Biondo o bruno, grasso o magro, alto o basso, un Italiano all’estero lo riconosci lontano un miglio. Abbiamo il dna in comune, anche se il nostro (per fortuna) è molto ricco e variegato.

Lingua, storia, cultura, dna, non sono certo concetti che si possono tagliare con l’accetta. Qui stiamo semplificando, ma ci aiutano a seguire la traccia.

Abbiamo infine un territorio in comune: l’Italia. E siamo fortunati, per due motivi. Perché è bella. Elegante perfino nella sua forma, che solo a guardare la cartina geografica capisci immediatamente da dove viene fuori lo stile italiano, il gusto italiano. Mica è grassa come la Germania, piatta come la Francia, quadrata come la Spagna, a pera come l’Inghilterra, allargata e invadente come l’America. Un figurino, l’Italia; un figurone. Bello è il nostro territorio, il nostro paesaggio che, non a caso, inizia ad essere riprodotto nei quadri dei pittori di tutto il mondo proprio a partire da noi, in Umbria, nel cuore verde d’Italia. Le nostre montagne, i fiumi, i mari, le isole, le campagne, le colline, i boschi, i colori, i profumi : l’incanto!  Sì, vero, ultimamente è un bel po’ maltrattato, ma possiamo tornare ad amarlo e rispettarlo, il nostro territorio, se ci riprendiamo la politica e la Libertà. Belle le nostre città. Ci vengono da tutto il mondo e le guardano con occhi spalancati e pieni di meraviglia. Una diversa dall’altra. Raccontano la nostra storia, di millenni. Il patrimonio di beni culturali più alto al mondo, che qualche sciagurato vuole svendere allo straniero per un piatto di lenticchie.  E siamo, infine, anche fortunati, noi Popolo Italiano, noi Nazione Italiana, perché un territorio lo abbiamo. Altri popoli, altre nazioni, lo hanno perso, il loro territorio. 
Dai, parliamone del concetto di Nazione, se no continua  a farci inutilmente paura. La Nazione è quell’insieme di persone che hanno in comune la lingua, la storia, la cultura, un po’ di dna.  C’è forse bisogno di avere paura, di queste cose qui?

Quando una Nazione si fonde col suo Territorio e si organizza con le Leggi, crea le sue Istituzioni, allora diventa Stato, diventa Popolo.

Nazione è un concetto antropologico. L’insieme di storia, cultura, lingua e dna (l’insieme di tutte queste cose, non un sola di questa cose). Ci dice, questo concetto: chi fa parte della nazione, e chi no. Chi è Italiano e chi no.
Popolo e Stato, invece, sono concetti giuridici. La legge ci dice chi fa parte del Popolo e dello Stato, e chi no. Chi è “cittadino” Italiano e chi no.

E’ brutto dire tu si, tu no? Tu dentro, tu fuori ? Certo, può essere molto brutto. Allora che si fa, si demoliscono Stato e Nazione? Ma che dici, non si butta il bambino con l’acqua sporca. La Nazione siamo noi, lo Stato siamo noi. Non ci possiamo buttare via. E non c’è n’è bisogno, guarda : se la Nazione è figlia della cultura, espandi la tua cultura, e sarai accogliente; se lo Stato è figlio delle leggi, espandi le leggi, migliora le leggi, e le tue Istituzioni saranno accoglienti. Vogliamo essere più accoglienti? Certo, lo dobbiamo a Michele, che non l’abbiamo saputo accogliere!

Ora che abbiamo capito che una Nazione, quando si organizza scrivendo Leggi e creando Istituzioni, diventa Popolo, diventa Stato, andiamo a mettere il naso nelle Istituzioni che compongono lo Stato, per vedere come sono fatte e per cercare di capire per quale dannato motivo le Istituzioni si rivoltano, spesso e volentieri, contro il suo Popolo.  Piove, Governo ladro!
Aridaje : sono i politici che sbagliano, non le Istituzioni. Succede, e succede spesso, che i politici invece di “servire” le Istituzioni ed il Popolo, invece di curare i nostri interessi, abusano della nostra fiducia ed usano il potere, che “noi” gli abbiamo conferito per altri scopi ma gli riesce solo perché noi ci siamo scordati di controllarli, di stragli col fiato sul collo.

Quali altri scopi? Si fanno i cavoli loro, dice l’immaginario collettivo. Si rubano le nostre ricchezze. Errore! Errore grave e diffuso. Siamo tutti ignoranti, allora?, NO, siamo ingenui: così ce la raccontano, e così ce la siamo bevuta, la favoletta: i politici rubano perché sono corrotti. Attenzione ai segni, alle parole, che ci modificano la realtà. Le parole sono incantesimi. Cosa vuol dire essere corrotti”? Cosa vuol dire : “si fanno i cavoli loro”? Parliamo forse di una brutta qualità dell’animo dei politici? Di tutti i politici? Magari uno nasce buono ma, una volta entrato in politica si sporca e si corrompe? Il potere corrompe, è verissimo … ma … cosa è la corruzione?


Eccoci finalmente al punto. La corruzione, per esistere, prevede DUE soggetti : un corruttore ed un corrotto. I politici (soggetto passivo) vengono corrotti dai corruttori (soggetto attivo). Se corrotti sono i politici, vediamo chi sono i corruttori. Quelli ricchi e potenti che hanno denaro sufficiente a corrompere, e potere sufficiente a mettere le persone giuste al posto giusto. Perché spendono denaro per corrompere e impiegano energie per mettere le persone giuste al posto giusto? Per fare più denaro e avere più potere. Noi immaginiamo i politici corrotti come bambini che mettono il dito nel vaso della marmellata e se lo leccano. Che, mentre maneggiano i nostro soldi se ne infilano qualcuno in saccoccia. In questo senso, immaginiamo che “si fanno i cavoli loro”. In realtà, fanno i cavoli di qualcun altro: dei corruttori. E’ molto ma molto diverso. Perché, mentre i politici si leccano le dita, i corruttori si sono portati via tutto il barattolo. Rileggi e rifletti.


Mica sono scemi. Mica spendono soldi e tempo ed energie per fare ingrassare i politici. Usano i politici per potersi ingrassare loro, e di brutto, sulle spalle nostre.

Ma come si fa a corrompere ? Con le bustarelle. Nooo. Roba vecchia. Non serve più.

Mettiti nei miei panni. Se devo corrompere un politico eletto dal popolo, un rappresentante del popolo che, magari, è arrivato lassù perché il popolo ha capito che proprio quel politico ha una voglia genuina di fare la rivoluzione e togliere ai ricchi per dare ai poveri, devo, in qualche modo, comprarlo. Te ne rendi conto che non ho altra scelta? Con denaro li compro, ma anche con lusinghe; con favori di vario genere; molto più discreti di una bustarella che poi quello magari si fa prendere dai rimorsi. Ad ogni modo, lo capite che c’è un rischio, no? Tutti hanno un prezzo, è vero, ma poi ci scappa quello che, magari, invece di lasciarsi corrompere, mi denuncia pure. Meglio non correre rischi. Meglio andare alla radice del problema. Se il politico non lo faccio più scegliere al popolo e lo scelgo direttamente io, lo vedete come tutto diventa più facile! Ora devo convincere il popolo che deve rinunciare a scegliere i suoi rappresentanti e che, nel suo interesse, è meglio che li scelgo direttamente io. Se glielo dico così, mi impiccano  a testa in giù. Devo raccontargliela bene. Con pazienza, impiegando un po’ di anni. Io posso aspettare, che tanto più tempo passa e più sono ricco, e intanto vado in crociera, che maturano gli interessi del mio capitale. Comincio così, piano, piano, a parlare di competizione, di diventare più efficienti, di combattere la corruzione, della necessità di fare qualcosa, magri delle belle riforme strutturali e, intanto, faccio modificare la legge elettorale. Come? In senso maggioritario, per prima cosa. Lo capite anche voi ignoranti che se devo comprare un parlamento intero mi costa una fortuna. Con una bella legge elettorale maggioritaria, mentre tutto il paese si gode “i benefici della governabilità”, io spendo due lire e me ne compro solo qualcuno. Le opposizioni ci sono, la democrazia è rispettata (formalmente) così voi state tranquilli e anche io, che le opposizioni non contano più nulla. Poi devo togliere di mezzo, sempre nella legge elettorale,  quella fastidiosissima cosa che sono le preferenze. Per voi, lo faccio per voi, che avete altro a cui pensare, non è forse un fastidio doversi ricordare tutti quei nomi sui quali mettere la croce e tutti quei bigliettini  e letterine pietose che i politici vi infilano nella buca delle lettere e nel taschino della giacca? Ci penso io: voi ignoranti, che non sapete scrivere, la croce la mettete su un simbolo, al resto ci penso io. I rappresentanti li scelgo io. Nel frattempo  mi sto occupando un pochino dei partiti, per essere sicuro che li scelgo proprio io, quei rappresentanti , con un unico criterio talmente trasparente che ve ne siete accorti anche voi perché è oggettivamente riscontrabile nell’esperienza di tutti i giorni: meglio se firmano senza capire. Tanto le leggi le scrivono i miei avvocati, mica le devono scrivere loro!  Basta con i  capi popolo invasati e presuntuosi, che sanno tutto loro. Ché quelli mi creano un problema serio: parlano di politica, direttamente con le persone, a quattr’occhi. Intanto, voi, da bravi, andate a comprarvi un po’ di quelle belle cose che le mie televisioni vi infilano nella mente e nel cuore, al posto della politica, che i soldi ve li do io, naturalmente a prestito, ma questo è un dettaglio. Nel frattempo  le mie televisioni vi raccontano che i politici sono tutti corrotti, e si rubano la vostra marmellata, che i partiti sono tutti uguali. E non la vedete forse la Casta che si attribuisce privilegi sconci con voto unanime mentre voi, popolo lavoratore, fate sacrifici? Andate al mare, non a votare, che tanto è inutile. Andate al centro commerciale, fuori dalle sedi dei partiti a parlare di politica. Quella, tanto, ve la faccio vedere io, nelle mie televisioni. Non è più comodo, moderno, rilassante? Un bel talk show: lo spettacolo della chiacchiera. Le parole sono incantesimi e l’incantesimo è riuscito : ho trasformato la politica in chiacchiere inutili, e voi, giustamente, vi siete stufati di starli a sentire. In quei talk show i miei politici (che sono tecnici) fanno sempre bella figura, hanno le risposte pronte alle domande pronte, confezionate dai miei giornalisti. Si vede, si, si vede, ma non importa, tanto ve l’ho detto, i politici chiacchierano, chiacchierano e non fanno mai niente di buono. Tanto ve lo spiego io, con le mie televisioni, quali sono i veri problemi del popolo:  i terroristi, gli immigrati e i delinquenti. Altro che politica. Lasciate fare a me, che vi difendo io. E qualche amico fedele come un cagnolino, nei partiti ce lo metto, qua e là, tanto per stare al sicuro. Che, mi raccomando, non deve saper né leggere né scrivere. E qualche campagna elettorale gliela pago pure. Se poi mi riesce a mettere quelli giusti nei partiti giusti, nei partiti “popolari”, allora ho fatto bingo! Perché se te lo dicono i partiti dei padroni, che la cosa da fare è GARANTIRE LA STABILITA’ DELLA MONETA E UN ELEVATO LIVELLO DI COMPETITIVITA’ tu, popolo ignorante, non lo capisci. Se te lo dicono i tuoi capipopolo, che ho istruito io, a puntino, che ho coltivato fin da bambini e fatto crescere con cura, quando te lo dicono loro, tu te la bevi. Liscia come un bicchiere d’acqua. E ricominciamo: sono tutti uguali! Lasciate fare a me. Ogni due o tre anni ne faccio una nuova, di legge elettorale, sempre più in nome della governabilità, che lo vedete tutti che non si riesce più a fare un cavolo con tutte queste inutili opposizioni in Parlamento . Lo vedi, ora che non hai più l’incombenza di scegliere i tuoi rappresentanti, come ti senti sollevato? Tanto a votare no ci vai più! E fra una legge elettorale e l’altra, faccio anche in modo che il Parlamento serva sempre di meno, e tutto si sposti nel Governo. La vogliamo o non la vogliamo la governabilità? Allora, facciamolo governare questo Governo, no! E basta con tutto questo chiacchiericcio inutile in Parlamento. Anzi, sapete che vi dico? Togliamocelo dalle palle. Iniziamo dal Senato. E dalle Province. Cominciamo a toglierci dalle palle tutti questi luoghi inutili della democrazia. Chiacchiere inutili. Governabilità, Riforme Strutturali. Lo so io di cosa avete bisogno voi, popolo ignorante. Eurobond, te li do io gli Eurobond, tanto, tu, ignorante, che ci capisci! 

E’ esattamente così che un Governo liberato della rottura di scatole delle opposizioni, ha usato tutto il potere conferitogli finalmente dalla “governabilità”,  per “cedere” le leve di
governo della politica economica. A chi? All’Europa, pensate voi. Errore. Ai mercati finanziari, privati e sopra nazionali (ma questo è il prossimo capitolo).


E’ molto sbagliato pensare che i politici “si fanno gli interessi loro”. I politici, sempre, fanno gli interessi di coloro che rappresentano, di quelli che li hanno scelti.Questo vuol dire “Democrazia Rappresentativa”.

Se non ci rappresentano, è anche colpa nostra. Ma questo ce lo scordiamo.

L’articolo 1 della nostra Costituzione dice chiaro e tondo che “la sovranità appartiene al Popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione”. In pratica: attraverso i rappresentanti che servono nelle Istituzioni. Se ce li mettiamo noi, serviranno i nostri interessi. Se ce li mettono i ricchi e i potenti, serviranno i ricchi e i potenti. Elementare, Watson. 

Ci hanno fregato. Ma è anche colpa nostra. Diciamocelo con chiarezza.  La sovranità, se ti scordi di esercitarla, perché la politica è una cosa sporca, i politici sono tutti corrotti e sono tutti uguali e allora sai che faccio, io mi faccio gli affari miei, che sono furbo; la sovranità se la prende qualcun altro, che non vede l’ora.  I furbi, ma quelli veri, quelli ricchi e potenti,  la raccolgono da terra, la sovranità che noi abbiamo buttata, e la esercitano loro. E loro sì che si sanno fare gli affari loro. Portandola lontano, un pezzettino per volta, ma tanto lontano che se un giorno dovessimo svegliarci e volessimo riprendercela ed esercitarla noi, non sapremmo più da dove ricominciare, che il filo s’è ingarbugliato.

E’ una fregatura la Democrazia Rappresentativa? Allora buttiamola, e passiamo alla Democrazia Diretta, ci suggerisce qualcuno: buttiamo fuori dalle scatole i rappresentanti e decidiamo tutto noi, popolo sovrano, così non ci fregano più. Come? Votando. Cosa votiamo? Boh, quello che ci propongono. Come votiamo? Boh, quello che ci suggeriscono. Chi ce lo suggerisce? Boh, quelli che ci rappresentano. Come sappiamo chi ci rappresenta? Così, a naso, dai, si sa. Si capisce subito chi è onesto! O … no?

La Democrazia Diretta è una cosa seria, serissima, ma talmente seria che non la puoi fare per gioco e metterla al posto di una democrazia rappresentativa che, nel frattempo, si è dissolta nelle nubi dei Trattati sopra nazionali. E’ un punto di arrivo, la democrazia diretta. Pretendere invece di iniziare a praticarla sistematicamente, sostituendo la democrazia rappresentativa per decidere tutto, oggi, nel massimo della confusione, a botte di voti istantanei e referendum, è di una irresponsabilità e una ingenuità sconcertante.

Attenzione. Capiamoci bene : si può usare e si deve usare, anche oggi, per questioni importanti, nella maniera corretta, la democrazia diretta, fatta di referendum , di leggi di iniziativa popolare, sostenuti da tantissime persone nella società civile che si preoccupano di promuoverli e di spiegarli, dettagliatamente, ai cittadini. Spiegando ampiamente il significato della posta in gioco, valutando i pro e i contro in un dibattito pubblico, approfondito, lungo a sufficienza. Ci si possono ottenere risultati importanti e, soprattutto, risultati allineati con gli interessi del popolo sovrano.  Più il popolo sovrano partecipa, più le scelte sono allineate ai suoi interessi. Meno partecipa, più gli interessi si allontanano. Matematica. Meccanica.

Quello che assolutamente non va fatto, oggi che siamo tutti così confusi e disabituati ad interessarci di politica, è pretendere di fare della democrazia diretta il sistema politico, mettendolo al posto di tutto il resto.



E voglio essere estremamente chiaro, a riguardo. Il popolo sa perfettamente quale è il suo interesse. Lo dicevamo prima: vivere in pace, liberamente, dignitosamente, responsabilmente. Ma quando l’organizzazione sociale ed economica è non solo oggettivamente complessa, ma la sua percezione è distorta dalla manipolazione delle informazioni, il rischio, inevitabile, è la manipolazione del consenso. Perfino una persona colta ed istruita, se è vittima di disinformazione, fa scelte sbagliate. Se vediamo bianco quello che è nero, facciamo scelte sbagliate. E le scelte sbagliate, manipolate, portano alla guerra, non alla pace; alla schiavitù, non alla libertà.

Dobbiamo ricostruire la capacità critica collettiva che decenni e decenni di manipolazione mediatica hanno letteralmente demolito. Un buon punto di partenza, sarebbe quello di spegnere quella cavolo di televisione, che ci racconta solo balle ed ha lo scopo di confonderci, scientificamente. Almeno  fino a quando non tornerà ad essere nostra.  Parlarsi a quattrocchi, per strada, nelle piazze, nelle associazioni, nelle sedi dei partiti che non ci sono più ma vanno ricostruiti. Ne vanno fatti di nuovi, di partiti, non demonizzati, ripartendo da noi. E’ infinitamente più costruttivo. Leggere libri, navigare su internet, è più costruttivo. Si certo, la fregatura e la bufala è sempre in agguato. Ma hai il tempo di riflettere. E se non sei solo, la riflessione si espande, è un rimbalzare di energia. E se siamo tanti, l’energia è esponenziale, immensa. Questo Libro, ti chiede di farlo. Ti indica una soluzione, che può funzionare se tu non solo la capisci, ma la scegli, e ti impegni a realizzarla, insieme ad altri.

E’ la Responsabilità, quella che manca, oggi. La nostra responsabilità. La nostra capacità di capire, collettivamente. Il nostro coraggio di dare risposte adeguate.

E’ il nostro coraggio, che manca.

Perché, diciamocelo, la Responsabilità richiede coraggio. E’ con coraggio che Michele ci ha detto che ce la dobbiamo proprio riprendere la Responsabilità, che se ti accontenti di sopravvivere sei già morto dentro.

Libertà e responsabilità sono due facce della stessa medaglia. Io e te non siamo liberi di curare i nostri interessi se non conosciamo la strada per raggiungere le nostre mete. E mi sa tanto che abbiamo, ancora, idee abbastanza confuse perfino sulla meta da raggiungere.

La bella notizia, per chi fosse interessato, è che se vogliamo riprenderci la Libertà, la Dignità, la Responsabilità delle nostre scelte, è sicuramente possibile. Quello che non va assolutamente ignorato, è che si tratta di un cammino lungo, senza scorciatoie. Facciamo il primo passo, senza pura, e sarà già più breve. Sì, certo: ci sono i cattivi che ce lo vogliono impedire! Ma sono codardi. Esseri meschini, sono vigliacchi: si fanno forti e prepotenti con i deboli, perché vedono i deboli rassegnati, piegati dalla paura e dall’ignoranza. Sono loro ad avere paura: sono terrorizzati dall’idea che i deboli possano alzare la testa, per riprendersi la Libertà, la Dignità, la Responsabilità, l’Indipendenza. Se poi le soluzioni che si trovano finiscono pr rispondere veramente ai bisogni profondi dell'essere umano, allora quelle persone che oggi ci opprimono si sentiranno meglio pure loro. Ci ringrazieranno.

Abbiamo la Legge dalla nostra parte, quella fondamentale: La Costituzione della Repubblica Italiana. Strapazzata un bel po’, ultimamente, mortificata dai Trattati, ma è sempre la nostra Costituzione. Su di essa è costruito il nostro Stato, il nostro Popolo.

Noi, Popolo Sovrano, e nessun altro, abbiamo il diritto di farla rispettare. Dobbiamo solo ricordarci che abbiamo anche il dovere di esercitare la nostra sovranità.

 Guardiamo allora più da vicino le Istituzioni di uno Stato a Democrazia Rappresentativa, per capire come possono esser ricondotte al nostro servizio, mettendo i rappresentanti giusti a servire i nostri interessi. Non ho nessuna pretesa di scrivere un bignamino di diritto costituzionale. L’intento è quello solito di questo libro: inquadrare un po’ meglio alcuni concetti, che nell’uso quotidiano sono stati di molto distorti.

La Democrazia Rappresentativa si basa sulla ripartizione e il bilanciamento dei  Poteri dello Stato e sulla scelta dei rappresentanti da inserire nelle varie Istituzioni.

Nella Costituzione della Repubblica Italiana, sopra a tutto, in cima alla piramide del potere, c’è il Popolo Italiano, sovrano assoluto. Ce lo siamo proprio scordato. Noi siamo il re, il sovrano. Quello che ha il diritto di fare quello che vuole. Quello che, al bisogno, è l’unico ad avere legittimità a cambiare tutte le regole del gioco.

Il Parlamento scrive le Leggi. Quali leggi ? Quelle che gli pare? Nossignori. Iniziamo col dire che ha il dovere di tradurre in pratica i principi scolpiti nella Costituzione. Ed ha il divieto di scrivere leggi che risultino contrarie ai principi ed al dettato di qualsiasi articolo della Costituzione.  A che serve parlare, in Parlamento, se poi devi scrivere? Serve, e molto; perché la legge, una volta che è scritta, poi vale per tutti. Per quelli a cui piace ma anche per quelli a cui non piace. E allora ti devi sforzare, prima di scrivere, almeno di capire quali sono gli interessi di tutti, devi almeno conoscerli, se vuoi rispettarli. Ma non si potrebbe scrivere una legge che piace a tutti? Quella è già scritta. Stampata nel cuore, nei tessuti, nelle cellule, nelle molecole, negli atomi, nei protoni, negli elettroni, nei bosoni ed anche lì dentro, dove non riusciamo a vedere e allora lo immaginiamo come una pallina piccola, piccola, ma solo perché siamo ignoranti, e ciechi. C’è l’energia, c’è l’amore. Ce lo dicono gli scienziati che materia e energia sono due facce della stessa medaglia, si confondono nell’infinitamente piccolo nella stessa maniera in cui si confondono nell’infinitamente grande. Sono la stessa cosa. Ma ci hanno insegnato a dividere, a classificare, a separare. E ce lo hanno insegnato con tanta convinzione che proprio non riusciamo a vederlo. E così ci vergogniamo un po’ a scrivere dell’amore nelle leggi, e ci arrabattiamo  a scriverne di complicate. Di quelle che devono trovare un accordo fra interessi contrapposti. Di quelle che devono conciliare interessi diversi, separati. Una classe sociale da una parte ed una dall’altra, a lottare.  Ognuna con i propri rappresentanti. Che, se li abbiamo almeno scelti bene, questi rappresentanti, parlando, parlando, alla fine possono almeno trovare un buon accordo. Un buon compromesso. Una legge che vale per tutti e soddisfa il massimo numero di persone possibile, lasciando insoddisfatti il minor numero di persone possibile.  Decide comunque la maggioranza, in democrazia. Ma se tutti gli interessi sono rappresentati e si deve trovare un accordo, è probabile che il numero degli insoddisfatti sia piccolo e l’insoddisfazione solo parziale.


Dati alla mano : da quando funziona il maggioritario, la maggioranza del popolo è insoddisfatta, e le minoranze si arricchiscono.

Dicevamo: il Parlamento dovrebbe scrivere leggi che attuano la Costituzione. I parlamentari eletti da noi non hanno attuato la Costituzione e, recentemente, quelli che non riusciamo più nemmeno ad eleggere, la vogliono proprio smantellare. Se glielo abbiamo lasciato fare, ce lo siamo già detto ma va ripetuto, che giova: è anche colpa nostra . Mettiamogli il fiato sul collo. Sempre, anche quando torneremo ad eleggerli noi. E pretendiamo che facciano il loro dovere: li paghiamo noi.

Il Governo deve attuare le leggi, non farle! deve eseguire la volontà del Parlamento. Così è scritto nella Costituzione. Per questo si chiama organo esecutivo. Come si attuano le leggi che sono astratte e generali? Declinando le leggi in “atti amministrativi”, che sono concreti. Spostano soldi, per capirci.
Purtroppo il Governo, in nome della governabilità, si è messo a fare le leggi, che più andiamo avanti e più si allontanano dai principi costituzionali (e meno si capiscono). Attenzione, il Governo ha il diritto ad usare la forza, la violenza. Nello Stato di diritto, la violenza è vietata ai cittadini ma non è bandita: è riservata alle “forze di pubblica sicurezza”: polizia, carabinieri, esercito, servizi speciali, Eurogendfor (chi è? che c’entra? Appunto, ne parleremo). Ora: se noi cittadini sovrani ci scegliamo i rappresentanti e li mettiamo nel Parlamento, e poi gli stiamo col fiato sul collo, il Parlamento non si fa più fregare dal Governo ed è lui che sta col fiato sul collo del Governo, a verificare che il Governo si limiti a fare il suo dovere : applicare le leggi che applicano la Costituzione. In quel caso, l’uso della forza diventa decisamente più umano. Magari non piace comunque, l’uso della forza. Ma è la democrazia, bellezza, quella diffusamente ritenuta come il miglior sistema possibile. Cerchiamo, almeno, di farla funzionare al suo meglio. Dipende comunque da noi.

Il Governo, oltre che a eseguire le leggi, "rappresenta" la maggioranza eletta nel Parlamento
. Il Governo non viene "eletto" dal Parlamento. Ma ne ottiene la fiducia. Il capo del Governo, il Primo Ministro, è nominato dal Capo dello Stato, che sceglie una persona di suo gradimento e gli dà l’incarico di scegliersi i ministri, fare un programma e presentarsi al Parlamento per raccoglierne la fiducia. Il Parlamento esprime la fiducia con votazione a maggioranza, e può sempre revocarla (sempre a maggioranza).

Ricapitoliamo : il Parlamento è pensato per rappresentare tutti, ma questa cosa è vera solo se la legge elettorale è proporzionale. Perché con una legge elettorale maggioritaria, finisce che anche il Parlamento rappresenta solo una maggioranza e non più tutti; le cose, allora, non possono funzionare in maniera corretta: finisce il bilanciamento dei poteri, muore la democrazia e si passa alla dittatura (cos’altro c’è, fuori della democrazia?). Perché il Parlamento deve rappresentare tutti? Perché fa le leggi, e le leggi devono valere per tutti.

Questa cosa è importante, e ce la siamo proprio dimenticata: se già la legge che si applica a tutti è scritta da un Parlamento che ha smesso di rappresentare tutti, e rappresenta solo alcuni interessi e non altri, è chiaro che quelle leggi avranno, letteralmente, ignorato alcuni interessi.

Il Parlamento Deve Rappresentare tutti : la legge elettorale Deve essere proporzionale (sempre che ci piaccia la democrazia). 

Il Governo esegue le leggi fatte per tutti ma, lo abbiamo detto, rappresenta solo la maggioranza. Che quindi il Governo, nella esecuzione delle leggi, provi a fare un po’ più l’interesse della maggioranza, fregando qualche cosina ai diritti delle minoranze, è fisiologico. Siamo umani. Soprattutto perché lì si maneggia il denaro, che ha un potere magico. A maggior ragione, sapendolo, è importante che il Parlamento, che dovrebbe rappresentare tutti, abbia gli strumenti e la voglia di stargli col fiato sul collo. Il che, sappiamo, dipende, a sua volta, dalla nostra disponibilità e capacità di controllare i rappresentanti. (ok, abbiamo capito, perché lo ripeti? Perché non lo stiamo facendo: vuol dire che non l’abbiamo capito a dovere).

Tutti quelli che si occupano, in teoria ma anche in pratica, di organizzare sistemi complicati (uno Stato ma anche una azienda, come una associazione nazionale o un partito), hanno chiaro un concetto fondamentale, che ora descriviamo. E’ fondamentale e quindi, anche se sembra un po’ noioso, concentrati  e sforzati di capirlo, ma proprio bene.

 La delega funziona se, e solo se, il delegato ha tutti i poteri e gli strumenti per svolgere il compito, e il delegante ha mezzi e voglia di controllare il delegato
.


Al delegato, quello che riceve l’incarico di tutelare i nostri interessi, dobbiamo consegnare strumenti che funzionano, che gli consentano di svolgere bene il suo compito.
Ma anche il delegante, quello che affida l’incarico a qualcun altro, deve avere strumenti che funzionano, che gli consentano di controllare efficacemente il delegato ( e qui siamo proprio disarmati. Gli strumenti di controllo popolare sono spuntati. Non efficaci). 

Solo se le cose sono impostate bene, il delegato è veramente strumento del delegante, che resta oggettivamente responsabile del potere. Nelle aziende, dove la delega parte dall’alto e scende verso il basso, questo concetto è chiarissimo a chi sta in alto. Lui ha bisogno di delegare perché, materialmente, non può fare tutto di persona. Se deleghi la persona sbagliata e se non la controlli, quella ti fa perdere il posto. Garantito.  Quindi ti sforzi di sceglierla bene e poi di stargli col fiato sul collo. Ma il principio vale in tutte le circostanze. Nel nostro caso, nello Stato, deve valere a maggior ragione, vista la posta in gioco. Ma siamo confusi, e non ci viene proprio da dire che noi, il Popolo, siamo l’alto che delega verso il basso. Eppure è così. La sovranità è nostra. La sovranità è il diritto di fare quello che ci pare. Perché mai pensate che ce la vogliano togliere. Perché mai questi inviti ripetuti, incessanti, sempre meno suadenti e sempre più minacciosi a “cedere la nostra sovranità”? Nella Costituzione della Repubblica Italiana, sopra a tutto, in cima alla piramide del potere, c’è il Popolo Italiano, sovrano assoluto. Sotto, delegato, il Parlamento. Sotto, delegato dal Parlamento, il Governo. Sotto, delegato dal Governo, il Ministro. Sotto, delegato dal ministro, il dirigente della Pubblica Amministrazione. Sotto, delegato dal dirigente, il funzionario. E giù, fino all’usciere che poi ti sbatte la porta in faccia, perché è ora di chiusura, proprio a te, che sei il Popolo Sovrano.

E’ ora di rialzare la testa, e rimettere per dritto quello che è finito sotto sopra.

Perché un usciere può permettersi di sbatterci la porta in faccia, a noi che siamo il Sovrano? Riepiloghiamo i tre motivi, che sono già stati scritti.



1) Il Parlamento, che dovrebbe rappresentare tutti, rappresenta pochi. Quindi le leggi, che si applicano a tutti, già quelle sono pensate per pochi.

2) il Governo, che dovrebbe eseguire, dovrebbe fare, si è messo a scrivere le leggi mentre si è lasciato portare via le leve di governo della Politica economica; quindi non è più in grado di “fare”, nemmeno se volesse.

3) Il Popolo, che era sovrano, si è dimenticato di esercitare la sua sovranità, ed ora si accorge che gli strumenti a sua disposizione sono molto spuntati.

Se Noi popolo sovrano abbiamo “delegato”  i nostri rappresentanti nelle Istituzioni dello Stato ma quelli non hanno strumenti per fare e noi non abbiamo strumenti per controllarle, la delega NON PUO’ FUNZIONARE. Infatti, quelli hanno smesso da tempo di rispondere ai nostri interessi;  iniziano per farsi gli affari loro; finiscono inevitabilmente per rappresentare altri interessi (quelli dei furbi, i ricchi, i potenti, quelli sì che si organizzano, mica come noi). Matematica. Meccanica.

Vediamo gli altri Organi.

Il Capo dello Stato è un organo di garanzia, a difesa della Costituzione.
 Questo è il principio giuridico che fa dire a qualcuno che se un Capo dello Stato incita alla cessione di sovranità, in fondo, cos’altro è se non un traditore della Patria?  Nomina il capo del governo, manda messaggi alle camere, rappresenta la Nazione. È eletto dal Parlamento in seduta comune. Può capitare, in teoria, che se ci siamo scordati di stare lì, col fiato sul collo, ai nostri rappresentanti, che il Parlamento possa poi scegliere persone inadeguate.

La Magistratura fa rispettare le leggi, quando queste vengono violate. Per definizione, sta un po’ di traverso al Governo che, a volte, preferirebbe “interpretare” a modo suo le leggi e tradurle in atti amministrativi magari un po’ parziali. Per essere sicuri che Governo e Parlamento non se la tolgano elegantemente dai maroni, la magistratura, la Costituzione dice che la magistratura deve essere indipendente dal potere politico e si auto governa.  Lotta furibonda. Di fatto, la magistratura ha il diritto dovere di “interpretare le leggi” e, oggettivamente, qualche volta si allarga, e forse ha anche interpretato un pochino a modo suo quel diritto di autogoverno che finisce che si confonde con certe sette che ci dovrebbero entrare poco con lo Stato e così facendo finisce per dare peso a quelle tesi che gliel’hanno giurato, che alla prima occasione la ingabbiano una volta per tutte e non se ne parla più. E’ e resta un pilastro della democrazia, l’indipendenza della magistratura. Cosa possa fare il Popolo Sovrano per evitare soprusi è meno lineare. Magari auto governo va bene, ma un po’ più di trasparenza non guasterebbe, altrimenti noi popolo sovrano delegante come facciamo a controllare? Forse anche i magistrati ci devono rappresentare. Forse dovremmo sceglierli noi. Poi, dopo che li abbiamo scelti, si auto governano. Ad ogni modo, già se tutte le altre istituzioni stanno al posto loro, perché noi facciamo il nostro dovere di deleganti responsabili  e controllori puntigliosi, anche gli errori nella giustizia vengono sanati. Comunque sminuiti. Per intenderci: in una legge semplice e chiara ti resta poco da interpretare. Oggi sono talmente astruse le leggi che, se vuoi, ci trovi dentro tutto quello che ti pare.

La Corte Costituzionale fa rispettare la Costituzione. Però può solo cancellare le leggi esistenti, se le ritiene in contrasto con la Costituzione, e solo se viene interpellata. Chi la può interpellare? Non il Popolo (che però può usare un referendum per cancellare una qualsiasi legge) ma la magistratura e anche le Regioni. Dirime i conflitti di competenza fra organi Istituzionali, quando questi dovessero litigare fra loro. E’ eletta in parte dal Parlamento, in parte dalla magistratura, in parte è nominata dal Presidente della Repubblica (che, se fa due turni, ne nomina di più, tipo Napolitano). E’ un baluardo importante a difesa dei principi scritti nel patto sociale.

Le Regioni (e gli enti locali). Oddio, qui mi viene male. Questione ingarbugliata assai. Nata sotto il cattivo auspicio di una previsione fatta già nella Costituzione del 48, ma divenuta operativa solo negli anni settanta, quando le cose già stavano prendendo una brutta piega e le leggi si scrivevano con grandi principi teorici e poverissime applicazioni pratiche. Meriterebbe un libro intero, la questione e non ci possiamo impelagare qui, senza perdere il filo del discorso.

Fissiamo solo alcuni punti fermi  (almeno per me). 

Se è vero che la sovranità è nostra e la possiamo esercitare attraverso le Istituzioni, è anche intuitivo che più la delega del potere decisionale viene effettuata a favore di Istituzioni vicine al popolo sovrano, più l’esercizio della sovranità può essere effettivo. Più sono lontane, più la possibilità materiale del controllo evapora. Se c’è una buca per strada, sotto casa nostra, al Sindaco lo incontriamo per strada e glielo ricordiamo di persona. Vallo un po’ a di’ al commissario europeo di turno, che manco ci capisce, che c’è una buca nella nostra strada!

Se decidiamo che per chiudere una buca in una strada comunale il popolo sovrano debba rivolgersi al sindaco,  ma poi le stesse leggi o, peggio, altre leggi stabiliscono che il sindaco deve chiedere il permesso alla provincia che lo chiede alla regione che lo chiede allo stato che lo chiede all’Europa, è naturale che la buca rimane, noi ci attacchiamo, e il sindaco ha la scusa per non risponderci: è sempre colpa di qualcun altro.

Ricordiamo? La delega di potere diventa una buona cosa se, e solo se, quelli che delegano (noi popolo sovrano) hanno voglia e strumenti per controllare i delegati, e se, e solo se, i delegati hanno tutti gli strumenti e le competenze per svolgere il compito.

Le applicazioni pratiche che hanno istituito le Regioni e tutte le successive leggi che hanno riguardato il riordino degli enti locali, non hanno mai avuto il coraggio di rispettare questi principi semplici ed elementari.  Mi dici che sono io, Sindaco, responsabile della buca? Ok. (Naturalmente, l’ente deve essere scelto a seconda della materia: la buca la do sicuramente al sindaco, l’esercito magari anche no).
 Comunque, ok, dicevamo. Però mi dai, a me sindaco, nero su bianco, tutto il potere di procurarmi le risorse e i mezzi necessari per rattoppare ‘sta maledetta buca, e non devo chiedere permessi e pareri a nessuno. Giuro, domani è chiusaPoi mi controlli, se proprio vuoi farlo. Ma, se mi permetti, sarebbe meglio se a controllarmi, anziché la provincia la regione lo stato l’europa, sia direttamente il diretto interessato, il popolo sovrano. O no?

Invece, ci hanno rincoglionito per anni con dibattiti incomprensibili sul federalismo, sulla devolution, sul decentramento, e non hanno mai fatto l’unica cosa seria che andava fatta: spostare effettivamente tutto il potere decisionale (fatto di strumenti giuridici e di mezzi materiali, fra cui, irrinunciabile, il diritto dell’ente decisore di procurarsi le risorse finanziarie), ad un solo ente locale. Uno ed uno solo. 
Se per attappare una buca il sindaco ci mette gli operai ma le pale e i picconi sono della provincia, la macchina della regione e il bitume dello stato e l'autorizzazione te la da Bruxelles dopo aver sentito il FMI, la buca resta lì. Matematico.

Io sono malizioso: è vero che si possono pensare in buona fede regole sbagliate. Ma è più probabile che regole sbagliate (che non possono funzionare) vengano imposte per dimostrare che le cose non funzionano. Sempre per quella cosa che abbiamo capito che certe cose non si possono dire chiare e tonde che poi finisci impiccato a testa in giù. Meglio far credere che non ci siano alternative. Oggi gli enti locali ci fanno così impressione e disgusto che preferiamo delegare tutto ad un governo centrale, aqnzi europeo, anzi mondiale.

La presa per i fondelli delle “funzioni di indirizzo e coordinamento” e delle “funzioni di controllo” che sono state riservate ed attribuite ad enti di livello superiore, è stata sistematicamente abusata per ingenerare confusione e conflitti di competenze.Risultato, in qualsiasi argomento e qualsiasi occasione in cui abbiamo la sventura di avere a che fare con la Pubblica Amministrazione, il primo insormontabile problema del Popolo Sovrano è: ma chi cavolo è responsabile di ‘sta cosa? Non ci è dato sapere. Ti perdi tra i dieci uffici che hanno da dire la loro, e non riesci a capire chi deve fare che cosa. E quando alla fine, estenuato, dopo aver girato dieci uffici e parlato con venti persone diverse, ognuna con la sua versione, riesci finalmente a capire chi è titolato a darti la risposta, quello, molto desolato, perfino comprensivo, compartecipe del tuo dolore, ti comunica che non può aiutarti perché i soldi sono finiti. Sai, il Patto di Stabilità.

Attenzione, attenzione.  Perché noi perdiamo la pazienza, ma ci strumentalizzano anche quella: Non funziona la Pubblica Amministrazione? Tagliamo, razionalizziamo, licenziamo … e cediamo sovranità. Ci penso io, a far funzionare le cose. Questo ci dicono.

Ci sono soluzioni migliori.

I partiti e la partecipazione. Non sono Organi Istituzionali, i partiti politici. Non li trovi fra gli organi dello Stato, nei manuali di diritto costituzionale. Sono Di più : sono gli strumenti  della partecipazione. Sono i nostri strumenti per la nostra partecipazione. Qui, la colpa nostra è grave. E non ci sono né se, né ma, non ci sono scusanti. Funzionano? No. Ma tu, proprio tu che stai pensando che tanto non funzionano, stai partecipando? Stai esercitando la tua sovranità?

Anche nei partiti e nei movimenti che componevano il CLN, il Comitato di Liberazione Nazionale, ci potevano essere degli infiltrati. Forse, perfino nell’Assemblea Costituente, c’è scappato qualche rappresentante non proprio del popolo italiano, ma di altri interessi.  Qualche segno, qualche incongruenza, a ben guardare, si può certo rilevare. Non qui, Non ora. Perché in un contesto di partecipazione effettiva e diffusa, si sviluppano anticorpi. Il lavoro che ne è uscito, sicuramente perfettibile, rappresenta comunque una conquista enorme, per la democrazia. Uno dei suoi momenti più alti. Per apprezzarlo a dovere, ce ne renderemo meglio conto quando analizzeremo, nel prossimo capitolo,  le cinquecento pagine della costituzione che disciplina le Istituzioni dell’Unione Europea. Quelle, sono state scritte esclusivamente da rappresentanti che, con noi, non avevano nulla a che fare.


Leggiamocela, la Costituzione della Repubblica Italiana.

Questo è il testo nella sua versione originale, quella del 1948

Questo è il testo attuale

Nonostante gli interventi successivi (dei quali faremmo volentieri a meno), rimane un testo leggibile e comprensibile da tutti i cittadini. E’ sufficiente una buona licenza elementare.

C’è una coerenza di fondo nella nostra Costituzione fra i principi affermati, le disposizioni di dettaglio, il disegno organizzativo. Ci possiamo specchiare, e riconoscerci. Ritrovarci la nostra cultura, la nostra storia. Le nostre aspirazioni.

Regola di bazzica : più una legge è giusta, più risulta breve, chiara ed incisiva
Stringi, stringi, quale legge di quale “civiltà” può superare la semplice verità scolpita nel dna di tutte le genti, senza distinzione di religione, razza o altro, più di un chiarissimo :

                             “ama il prossimo tuo come te stesso” 

Se questo che ho detto non ti sembra una stupidaggine, capisci anche perché sarebbe un’idea utile quella di fare piazza pulita dell’intero corpo legislativo, (civile, penale, amministrativo) che oramai serve solo a far arricchire consulenti ed avvocati perchè un qualunque cittadino non può, letteralmente, capirci più nulla. Ripartire dalla Costituzione del ‘ 48. Valutare qualche ritocco. Applicarla con leggi, tutte nuove, più semplici e chiare possibili.

Non basta fare nuovi testi unici, che poi il giorno dopo riprendi a modificarli e finisce che dopo mezza legislatura non ci si capisce più niente. Semplicità, chiarezza, sintesi sono attributi di una buona norma, di una buona legge. Non te lo devo spiegare. La legge non ammette ignoranza e invece scrivono leggi che io, con una certa cultura, con una laurea in giurisprudenza, non posso riuscire a capire!


Ora, se vogliamo capire un po’ meglio il concetto di Stato, e certe contraddizioni, dobbiamo affrontare un argomento importante, altrimenti finiamo per prendere abbagli.

Abbiamo sempre parlato di Popolo, come se fosse un soggetto unitario, per semplificare il discorso. Ma, a furia di semplificare, poi rischiamo di raccontarci una favola che non esiste. Chi c’è dentro al popolo? Tutti uguali? In che senso. C’è di tutto: alti e bassi; donne, uomini e bambini; ricchi e poveri; padroni e operai; maleducati, educati solo alle buone maniere, educati all’amore. E ognuno ha interessi e obiettivi individuali e/o di categoria (volendo, interessi di classe oppure, sempre volendo, interessi di corporazione). Diversi; assai diversi, perché una certa storia ed una certa cultura si è sforzata di accentuare le cose che ci dividono e distinguono, piuttosto che le cose che ci uniscono.

E’ chiaro che uno basso è contento se i ponti li fanno bassi: lui ci passa sotto e tutti si risparmia. Quello alto la pensa diversamente, perché ci sbatte la testa. Se sei donna la casa è la cosa più importante; per un uomo il lavoro è la cosa più importante (o la partita, dipende); se sei bambino vuoi solo giocare. Se sei ricco, l’inflazione ti fa paura perché i tuoi soldi varranno di meno, con l’inflazione, e così finisci per accettare l’idea che la stabilità della moneta val bene un po’ di disoccupazione, in giro. Se sei povero, del valore della moneta non te ne può fregare di meno, tanto non ce l’hai; invece non avere un lavoro è una tragedia, per te, e non ti dai pace di tutti quei ricchi che fanno finta di niente. Se sei un padrone, le leggi che impongono ai lavoratori di essere più competitivi (cioè: accettare un salario minore e rassegnarsi al licenziamento facile) ti piacciono, tanto;  ma solo fino al momento in cui capisci che poi i tuoi prodotti non li vendi più a nessuno, e allora li puoi solo svendere ai cinesi (ai ricchi cinesi). Se sei un operaio vuoi uno stipendio più alto e un lavoro sicuro, elementare Watson; ma a volte confondi il diritto al lavoro con il diritto allo stipendio mentre altre volte sei disposto a lavorare sodo, per meritartelo, ma ti sei scordato che i diritti non te li regala nessuno e devi difenderli con le lotte, quando ce li hai; conquistarli con la lotta, quando non ce li hai.

Se sei stato male educato, fai pipì per strada e tutto ciò ti fa solo incazzare, e lo strilli forte che sei incazzato e andassero tutti affanculo. Ma non succede niente.
Se insisti ti sbattono pure in galera. Se sei stato educato alle buone maniere vuoi ordine e disciplina, intorno  a te. I poveri sporchi e maleducati, ma anche quelli educati, ti fanno un po’ schifo, e sei disposto a concedere loro un po’ di elemosina, pur di non vederli insozzare le strade delle tue città, pur di tenerli lontano dalla tua coscienza. Siccome non sei stato educato al’amore, ma solo alle buone maniere, avverti un fastidioso senso di vuoto, dentro di te, e provi a colmarlo con cose e ricchezze, successo e status symbol, distrazioni e alcool e droghe. E più lo fai, più la cosa ti prende, sia che si tratti di accumulare ricchezze, sia che si tratti di “bere un goccetto”, sia che si tratti di accumulare potere, la peggiore di tutte le dipendenze. In un crescendo di insaziabile insoddisfazione. Domanda : perché nelle Istituzioni, nello Stato, non ci finiscono le persone per bene ma, quasi inevitabilmente, quelli insaziabili di ricchezze e potere?

Risposta : perché ci siamo dimenticati che nelle Istituzioni non ci deve stare il Potere, ma il Servizio, che è un concetto assai diverso.

Ci siamo totalmente dimenticati che “Ministro” non è sua eccellenza, ma vuol dire : aiutante, servitore. Questo vuol dire minister, in latino. Non è il nostro padrone, è il nostro servo. Le parole sono incantesimi: ci dobbiamo guardare dentro, alle parole, ricordarci da dove vengono, se no ci fregano, ci incantano.

Se questa cosa la capiscono le persone che del potere non sanno che farsene, perché per natura hanno spirito di servizio, allora cambia il mondo. Di loro abbiamo bisogno. Non si fanno avanti perché, oggettivamente, oggi dentro certe poltrone non c'è servizio, c'è potere. E quello fa schifo, alle persone per bene. Ma se le persone per bene non si fanno avanti, sempre persone schifose siederanno su quelle poltrone, o no?

Facciamo arrivare il tempo dei timidi, che è ora! Tiriamoceli dentro per i capelli.

Oggi, il circolo è vizioso. E' così che lo Stato, che dovrebbe rappresentare tutti noi, che vorremmo vivere in pace, finisce per rappresentare i più prepotenti. Se davvero vogliamo vivere in pace, dobbiamo rispolverare  il nostro spirito di Servizio, e pretenderlo da tutti quelli che mettiamo nei posti di Responsabilità. Questo sì, lo possiamo opporre al bisogno insaziabile di Potere di quelli che lo Stato lo occupano indegnamente. Richiede il nostro coraggio.

Se hai avuto la fortuna di essere stato educato all’amore, delle cose materiali e delle ricchezze non sai che fartene  e del potere meno che meno, anzi ci giri alla larga, che lo sai che corrompe. Magari ci provi pure ad accumularne un po’, semplicemente perché lo fanno tutti, intorno a te. Ma ti accorgi, prima o dopo, che non ha senso, che non è quello che realmente desideri, e accantoni l’idea. E torni a rivolgerti alle cose essenziali: al tuo desiderio di vivere in pace, di poter disporre di aria ed acqua pulita, cibo sano, vestiti confortevoli, un riparo sicuro e del tuo tempo. Sai anche che queste cose, se le condividi, solo se le condividi, non solo ti rendono felice: ti portano nel Paradiso Terrestre.

Perché la società è uno sfacelo? Perché l’educazione collettiva è drammaticamente sbagliata. Nella migliore delle ipotesi, chi ti “parla” di amore predica bene ma organizza il potere. La scuola pubblica, nella migliore delle ipotesi,  vuole omologarti  alle “buone maniere”. Le business school che ti insegnano a diventare un manager, ti danno direttamente gli strumenti per diventare insensibile e cieco, di fronte all’amore.

Siamo governati da manager, che hanno studiato solo l'inglese, ad indurire il cuore e a delegare. Perché il nostro egoismo ci impedisce di mettere il nostro spirito di servizio a disposizione della comunità.

La sensibilità, come ci ricorda Michele, è bandita.


P.s. : vi dovevo forse parlare di classi sociali o di corporazioni, per parlare di popolo, ma ho scelto di non farlo.

E’ tempo di unire, non di dividere. Per capire, ma per capire veramente, nel profondo, ciò di cui abbiamo veramente bisogno, e come fare per ottenerlo. Allora non dobbiamo classificare, distinguere, separare, discriminare. Dobbiamo solo trovare il coraggio di unirci, attorno all’essenziale. Impareremo a capirci meglio e a rispettarci di più.



Link a Capitolo IX

2 commenti:

  1. Magari...sarebbe utile farne un ebook, un audiolibro, che uno se lo ascolta intanto che fa i lavori in casa o gira per strada...

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Educazione, pazienza, capacità di ascolto e impegno ad evitare polemiche sono armi potenti che possono rendere prezioso il contributo di tutti. Usiamole.